Secondo la ricerca SEforALL e CPI, le istituzioni finanziarie cinesi hanno rappresentato quasi il 40% dell’investimento totale
Tra il 2013 e il 2019, 18 paesi hanno investito quasi 42 miliardi di dollari in centrali a carbone, con la Cina in prima fila.
Questi i risultati principali di una nuova ricerca di Sustainable Energy for All (SEforALL) e Climate Policy Initiative (CPI), secondo la quale i governi continuano a sovvenzionare ulteriore capacità di generazione a carbone nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana nonostante la lotta ai cambiamenti climatici.
CARBONE: 40% DEGLI INVESTIMENTI DALLA CINA
Lo studio mostra che Bangladesh, India e Pakistan hanno ricevuto la maggior parte degli impegni finanziari per nuove centrali a carbone mentre in Africa, Madagascar, Mozambico, Malawi, Niger e Tanzania tutti ospitano lo sviluppo attivo di centrali a carbone.
Le istituzioni finanziarie cinesi hanno rappresentato quasi il 40% del totale di questi 42 miliardi di dollari di investimenti nell’energia a carbone, proseguendo così a finanziare nuove centrali a carbone all’estero, pratica che Corea del Sud e Giappone hanno già abbandonato.
L’atteggiamento di Pechino è in netto contrasto con la politica energetica interna della Cina, che si è impegnata a raggiungere le emissioni zero entro il 2060.
TRANSIZIONE ENERGETICA A RISCHIO IN ASIA E AFRICA
“L’idea di un’eliminazione graduale del carbone non è vera ovunque – ha affermato Olivia Coldrey, Head of Energy Finance and Clean Cooking di SEforALL -. Continuiamo a vedere investimenti significativi nella generazione di energia a carbone in paesi con alti tassi di povertà energetica. Questi paesi hanno bisogno di energia a prezzi accessibili, affidabile e pulita per sostenere il loro sviluppo socio-economico e mitigare i cambiamenti climatici. Il finanziamento di nuovi progetti sul carbone è incoerente con questi obiettivi e frena la transizione energetica“.