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Europa

Clima, industria energia Ue si salverà con digitale e riforma mercato elettrico

Ventidue società hanno scritto a Bruxelles per dire stop alle sovvenzioni per le centrali elettriche più inquinanti. Secondo un report Capgemini da digitalizzazione impianti alimentati a carbone o a gas, tagli a emissioni del 4,7% entro 2025 con grandi vantaggi per clima

 

L’industria europea dell’energia è sempre più cosciente dell’accelerazione che Bruxelles sta imprimendo alla corsa verso la drastica riduzione delle emissioni di Co2. E se da un lato la Corte dei Conti europea ha chiesto più impegno ai paesi comunitari per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, è di questi giorni una lettera aperta delle più importanti società energetiche europee ai ministri dell’Ambiente comunitari. Lettera che chiede di appoggiare la bozza di proposta della Commissione europea di fissare un tetto di emissioni di 550 grammi di Co2 per KWh per le nuove centrali elettriche.

Ventidue imprese energetiche dicono sì al nuovo capacity market europeo

energiaIl piano di Bruxelles riguarda, in sostanza, le sovvenzioni per le forniture elettriche di riserva alla rete che si attivano per scongiurare i black out: il nuovo vincolo al capacity market europeo, pur concedendo agli Stati del tempo per adattarsi, elimina di fatto dalla partita tutte le vecchie centrali a carbone sui cui si basa però gran parte del parco energetico dei Paesi europei dell’Est. La Polonia è stato la prima a mettere in dubbio il nuovo meccanismo, che tuttavia piace agli Stati europei che vedono in lui uno strumento per limare ancora di più le emissioni di anidride carbonica. Le ventidue società energetiche – tra cui Eni, Shell, Siemens, Iberdrola e Statoil – firmatarie della lettera, hanno fatto sapere di appoggiare in pieno la riforma del mercato elettrico. Limiti emissivi compresi. “Le nostre bollette elettriche non dovrebbero sostenere il funzionamento delle centrali elettriche più inquinanti, dato che sono disponibili opzioni più pulite e più flessibili. Ciò sarebbe chiaramente in contrasto con gli obiettivi della politica Ue sul clima e ed energia e contrario al migliore interesse dei consumatori europei”.

Il diktat Ue è limitare le emissioni

Ogni intervento di riduzione delle emissioni è infatti fondamentale per raggiungere l’impegno assunto nel quadro dell’accordo sul clima di Parigi di tagliare le emissioni di almeno il 40% entro il 2030 e dell’80-95% entro il 2050. Nonostante i progressi compiuti in alcune regioni europee, il mercato unico dell’energia, la cui produzione e uso conta per il 79% delle emissioni comunitarie, non è stato ancora realizzato e gli obiettivi sono lontani, riferisce la Corte dei conti Ue che ha analizzato l’azione dell’Unione su energia e cambiamenti climatici. Sulla base di 269 audit svolti dalla Ue, dalla Corte stessa e dalle istituzioni nazionali, l’analisi giunge alla conclusione che “per raggiungere i target al 2030, nel prossimo decennio occorrerà aumentare del 50% gli sforzi annualmente compiuti per ridurre le emissioni”. Tuttavia, “il cambiamento più significativo sarà richiesto dopo il 2030, quando il tasso di riduzione delle emissioni dovrà superare i livelli storici di tre o quattro volte per raggiungere l’obiettivo fissato per il 2050”.

La “svolta digitale” delle centrali elettriche

Un aiuto potrebbe arrivare dalla “svolta digitale” delle stesse aziende proprietarie di centrali elettriche in grado, secondo i calcoli, di portare a un taglio delle emissioni globali del 4,7% entro il 2025. A fare i conti il report di Capgemini, leader mondiale nei servizi di consulenza, information technology e outsourcing, al quale hanno partecipato i dirigenti di aziende del settore delle utility di Cina, Francia, Germania, India, Italia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti.

Negli ultimi cinque anni, a livello globale, le aziende del settore hanno investito in media 330 milioni di dollari per apportare ingenti miglioramenti dal punto di vista digitale agli impianti alimentati a carbone o a gas, in modo da incrementare l’efficienza produttiva e ridurre i costi di produzione. Se proseguirà il trend di investimento, tra 8 anni un impianto su due, pari al 19%, diventerà una ‘centrale digitale’, con un calo dei costi di circa il 27%. Gli impianti digitalizzati, in sostanza, produrranno ogni anno 625 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio in meno, 28,6 milioni di alberi in più o 133 milioni di auto in meno in tutto il mondo.

energiaDallo studio emerge inoltre che “le centrali elettriche che utilizzano la tecnologia digitale registreranno una riduzione dei costi di produzione pari al 27%, mentre ogni singolo stabilimento risparmierà in media 21 milioni di dollari l’anno”. Un risparmio che contribuirà anche a prolungare la vita delle centrali stesse: “Man mano che il prezzo delle energie rinnovabili diminuisce, le compagnie dotate di centrali alimentate a carbone o a gas potranno utilizzare questo risparmio per rimanere competitive. Con la domanda mondiale di energia che cresce di anno in anno, e visti gli ambiziosi obiettivi in termini di riduzione delle emissioni mondiali di carbonio, gli investimenti in ambito digitale permetteranno agli impianti tradizionali di continuare a contribuire all’incremento dell’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile” sostengono da Capgemini. “È chiaro che il digitale sta già trasformando la produzione di energia, permettendo alle società del comparto di essere competitive e di ridurre significativamente le proprie emissioni di carbonio – ha affermato Laura Muratore, Vice President, Head of Manufacturing, Retail and Distribution di Capgemini Italia –. Ad ogni modo, il settore può ancora fare dei passi avanti.

Il numero di aziende che non ha ancora digitalizzato i propri impianti è molto elevato, ma se queste investissero in competenze e in tecnologie digitali si potrebbe raggiungere una maggiore riduzione delle emissioni di carbonio. Le imprese che decidono di intraprendere il cammino della digitalizzazione nella produzione di energia otterranno un maggiore vantaggio competitivo, un calo dei costi di produzione e un incremento della brand reputation”.

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