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Russia

Perché le compagnie petrolifere statali rischiano grosso

Un quinto degli investimenti nel petrolio e nel gas da parte delle compagnie petrolifere statali potrebbe non rivelarsi redditizio, secondo uno studio di NRGI

Un nuovo rapporto pubblicato dall’organizzazione non governativa Natural Resource Governance Institute afferma che le compagnie petrolifere statali rischiano di sprecare 400 miliardi di dollari in dieci anni se continueranno ad investire in progetti costosi sui combustibili fossili, senza tenere in considerazione la transizione energetica in atto.

Natural Resource Governance Institute stima che le compagnie petrolifere statali investiranno circa 1900 miliardi di dollari in progetti sugli idrocarburi entro il prossimo decennio. Un quinto di questi investimenti, però, non si rivelerà redditizio se il prezzo del petrolio scenderà al di sotto dei 40 dollari al barile.

COME VA IL PREZZO DEL PETROLIO

Attualmente i prezzi del greggio sono in risalita, con il Brent che ha superato i 60 dollari al barile, sia perché gli investitori credono che i piani vaccinali favoriranno la ripresa dell’attività economica e dei consumi, sia perché i paesi dell’OPEC+ – e in particolar modo l’Arabia Saudita – stanno riducendo la loro offerta.

Molte grandi società petrolifere come BP, Total e Royal Dutch Shell hanno tuttavia abbassato le loro stime di lungo termine sul prezzo del petrolio, indicando una fascia di 50-60 dollari al barile. Ma ci sono analisti, come scrive Reuters, che immaginano livelli ancora più bassi, a seconda dell’andamento della transizione energetica e di quanto profondi saranno i tagli alle emissioni di gas serra nel mondo.

UNA SCOMMESSA RISCHIOSA

Secondo Natural Resource Governance Institute, i soldi investiti dalle compagnie statali in progetti oil & gas rischiosi potrebbero essere meglio spesi dai governi in piani per la diversificazione dell’economia o per il rafforzamento del sistema sanitario, ad esempio. Molte delle compagnie statali analizzate nel rapporto, intitolato Risky Bet, hanno sede in paesi dove centinaia di milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà.

David Manley, analista economico e co-autore del report, ha detto che molti degli investimenti delle compagnie petrolifere statali sono “una scommessa altamente incerta” che, qualora venisse persa, potrebbe avere l’effetto di inasprire le disuguaglianze interne nei paesi di riferimento. Sono investimenti che “potrebbero ripagare, oppure potrebbero aprire la strada a crisi economiche in tutto il mondo emergente e in via di sviluppo, rendendo necessari dei piani di salvataggio che costeranno caro al pubblico”.

CHI RISCHIA DI PIÙ

I produttori petroliferi in Medio Oriente, a cominciare dall’Arabia Saudita, non saranno granché toccati da questi rischi, perché hanno costi di produzione molto bassi e i loro livelli di break even – il prezzo minimo del greggio che permette di ripagare le spese – sono decisamente inferiori rispetto a quelli dei paesi africani e latinoamericani. Compagnie petrolifere come la messicana PEMEX e la angolana Sonangol sono peraltro già gravate da debiti notevoli.

Il rapporto esprime particolare preoccupazione per la compagnia nigeriana Nigerian National Petroleum Corporation (NNPC). Stando allo studio, circa la metà degli investimenti di NNPC in progetti petroliferi potrebbero tradursi in perdite se la transizione energetica dovesse procedere con rapidità.

Altri paesi che vengono invitati a riconsiderare simili spese sono l’Algeria, la Cina, la Russia, l’India, il Mozambico e il Venezuela.

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