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Cop29, triplicano sovvenzioni ma tutti scontenti. Mazzoncini (A2A): “Niente stangata su bollette”. Siderurgia rischia primato. Che c’è sui giornali

Cop29: triplicano le sovvenzioni e i prestiti ma non c’è l’accordo sui risultati del Bilancio globale dello scorso anno. Mazzoncini (A2A): “Nessuna stangata sulle bollette ma non caleranno. La siderurgia italiana rischia di perdere il primato di produttività in Ue. La rassegna Energia

L’accordo della COP29 scontenta tutti. Gli Stati più avanzati contribuiranno con 300 miliardi di dollari all’anno in sovvenzioni e prestiti a basso interesse per i Paesi in via di sviluppo, il triplo rispetto al precedente. Tuttavia, manca l’accordo su come portare avanti i risultati del «Bilancio globale» dello scorso anno, compreso l’impegno ad una transizione dai combustibili fossili. Non è in arrivo una stangata sul prezzo del gas ma le bollette non caleranno. È la previsione di Renato Mazzoncini, ad di A2A, che aggiunge che “investendo circa 270 miliardi di euro al 2050, è possibile ridurre le emissioni delle città di oltre il 50%”, in un’intervista pubblicata su La Stampa. La siderurgia italiana rischia di perdere il primato di industria con il più alto livello di produttività del lavoro nel settore a causa della concorrenza cinese ed indiana. La Cina in particolare rappresenta da sola il 55% della produzione globale di acciaio ed è il principale fornitore dell’Ue. Inoltre, nei prossimi anni l’obbligo di dover acquistare sul mercato maggiori quote di emissione costituirà un ulteriore aggravio di costi per i produttori. La rassegna Energia.

COP29, ECCO COSA SI E’ DECISO

“Alla Cop29 non ci sono stati vincitori né vinti. Il Grande Sopravvissuto è il sistema multilaterale di negoziazione, che esce acciaccato dalle divisioni Nord-Sud, minacciato dal ritorno di Trump, pressato dalle nazioni che vogliono contare di più. Alla fine, «è stato un viaggio difficile, ma abbiamo raggiunto un accordo», ha concluso Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, l’organo che gestisce la Convenzione Onu sui cambiamenti climatici. (…) Alla «money Cop» le nazioni sviluppate hanno concordato di contribuire a convogliare da un’ampia gamma di fonti, compresi gli investimenti privati, almeno 300 miliardi di dollari all’anno verso i Paesi in via di sviluppo entro il 2035 per aiutarli a gestire il taglio delle emissioni e l’adattamento al cambiamento climatico. Saranno principalmente sovvenzioni e prestiti a basso interesse. È il triplo del precedente impegno ed è una cifra credibile, il che rende più solido l’accordo rispetto a promesse difficili da mantenere. In prospettiva, l’intesa invita inoltre «tutte le parti» a lavorare per raggiungere 1.300 miliardi di dollari all’anno di finanza climatica entro il 2035, la maggior parte dei quali dovrebbe provenire da finanziamenti privati”, si legge su Il Corriere della Sera.

“Si è trovato un accordo sulle regole del commercio globale di crediti di carbonio in un nuovo mercato supervisionato dalle Nazioni Unite, che consentirà ai Paesi ricchi e ad alte emissioni di acquistare «compensazioni» per la riduzione delle emissioni dai Paesi in via di sviluppo, dove molti crediti di carbonio vengono generati attraverso attività come la riforestazione o l’installazione di pannelli fotovoltaici”, continua il giornale.

“I Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo su come portare avanti i risultati del «Bilancio globale» dello scorso anno, compreso l’impegno ad una transizione dai combustibili fossili. Si rinvia alla Cop30 in Brasile. (…) L’Arabia Saudita e la Cina, il più grande esportatore di greggio al mondo e il più grande emettitore di gas serra. Europa e Stati Uniti volevano riaffermare nell’accordo finale di Baku l’impegno della Cop28, che includeva la transizione dai combustibili fossili. Ma Riad, alla guida di un blocco di petro-Stati, si è opposta. Inoltre Ue e Usa vogliono che le economie emergenti, come Cina e Paesi del Golfo, ma anche Corea del Sud o Singapore, contribuiscano formalmente alla finanza climatica ma l’accordo si limita a «incoraggiarle» a dare contributi «volontari». I funzionari cinesi hanno per la prima volta rivelato che Pechino ha finanziato progetti climatici in altre nazioni in via di sviluppo per 24 miliardi. Molti osservatori ora si aspettano che, con gli Usa in uscita dall’Accordo di Parigi e l’Ue troppo debole per mantenere la «front line» da sola, la Cina assuma un ruolo maggiore nelle discussioni sulla transizione energetica, pur mantenendo il tradizionale basso profilo. (…) Il presidente Usa Joe Biden ha parlato di «risultato storico» e ha inviato un messaggio a Trump: «Nessuno può invertire la rivoluzione dell’energia pulita in corso in America e nel mondo»”, continua il giornale.

ENERGIA, MAZZONCINI (A2A): “NIENTE STANGATA MA BOLLETTE NON CALERANNO”

“«Con le tecnologie disponibili entro il 2050 è possibile dimezzare le emissioni di C02 nelle città italiane». Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, racconta come si sta costruendo il futuro sostenibile del Paese e gli investimenti necessari per la produzione e la distribuzione di energia elettrica. (…) «Le città sono cruciali nel processo di decarbonizzazione perché sta aumentando la popolazione che va a vivere nei centri urbani, nonostante la crisi demografica. Oggi, in Italia, oltre il 72% delle persone vivono nelle città e si stima che questa percentuale possa salire all’81% al 2050, in linea con gli altri Paesi europei, con un conseguente incremento delle emissioni di CO2 di circa il 20%. (…) Abbiamo stimato che grazie alle leve tecnologiche già oggi disponibili, investendo circa 270 miliardi di euro al 2050, è possibile ridurre le emissioni delle città di oltre il 50%»”, si legge su La Stampa.

“(…) «Stiamo concentrando quasi tutti i nostri investimenti nelle città. Abbiamo in programma 22 miliardi di investimenti appena confermati nell’aggiornamento del piano industriale di A2A. Vuol dire circa 2 miliardi all’anno: uno dei focus principali sono le reti elettriche e a questo proposito stiamo perfezionando l’acquisizione di una porzione in Lombardia di una rete di Enel. (…) Gli elementi su cui lavorare sono la climatizzazione degli edifici e la mobilità. In entrambi i casi gli strumenti sono già disponibili. Abbiamo pompe di calore e veicoli elettrici: due tecnologie che sono in grado di spingere verso questa decarbonizzazione. Per poterlo fare, però, servono reti elettriche che siano sufficientemente sviluppate. In Europa serviranno oltre 580 miliardi di investimenti entro il 2050, di questi circa 50 in Italia. È necessario agevolare gli usi finali quindi. Se guardiamo ad esempio alle auto elettriche e alle infrastrutture di ricarica, nel nostro piano prevediamo di installare circa 24 mila punti di ricarica pubblici». (…) «Le reti di teleriscaldamento oggi possono utilizzare calore in arrivo dai data center che si stanno costruendo. Molti si insediano in Lombardia e sono estremamente energivori: un elemento potenzialmente critico nel percorso di decarbonizzazione che ci spinge ad aumentare la produzione di energia green. Si stima che la domanda elettrica dei data center a livello mondiale arriverà al 5% della domanda elettrica globale”, continua il giornale.

“«Ci deve essere una buona collaborazione tra gli sviluppatori dei data center e le utility. Abbiamo avviato delle sperimentazioni e siamo pronti a investire in questo settore». (…) «Si sta investendo molto. Guardando sempre a Milano, A2A dal 2020 ha triplicato gli investimenti passando da 70 a 210 milioni di euro all’anno e sta portando la potenza di picco complessiva da 1,7 giga a 2,7 giga. In generale in questo momento le reti sono attrezzate perché l’elettrificazione non si è ancora sviluppata del tutto». (…) «La mobilità elettrica non sarà il problema principale: si stima al 2030 un aumento di potenza richiesta alla rete di circa il 10%. Il vero picco è legato alla climatizzazione degli edifici, in particolare al riscaldamento nel nord Italia. (…) Il prezzo del gas è piuttosto stabile, rispetto ai picchi raggiunti con l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. Si è ristabilizzato a un costo più alto del 2019 ma non mi aspetto sorprese né negative né positive”, continua il giornale.

ACCIAIO, SIDERURGIA ITALIANA RISCHIA PRIMATO

“Seconda siderurgia d’Europa e undicesima nel mondo, prima in Europa per il processo di produzione di acciaio da forno elettrico (elettrosiderurgia), l’Italia detiene anche un altro importante primato: vanta il più alto livello di produttività del lavoro nel settore. Con 135,6 mila euro di valore aggiunto prodotto per addetto, si piazza infatti davanti alla Spagna (125,8 mila euro), la Francia (125,6 mila euro) e la Germania (101 mila euro). In materia siderurgica l’eccellenza italiana si misura anche nelle esportazioni, con un indice di specializzazione superiore a quelli di Francia, Germania e Spagna; e per i consumi, dato che, in virtù della sua marcata specializzazione nella meccanica, è al secondo posto dopo la Germania. E c’è infine l’aspetto della sostenibilità, rispetto al quale l’Italia non ha concorrenti: nella Ue è il primo Paese per quantità di rottame ferroso riciclato e riutilizzato, e tra i primi produttori mondiali è quello con la minore intensità emissiva: solo 0,7 tonnellate di CO2 emesse per tonnellate di acciaio prodotto, la metà della media mondiale di 1,5. (…) «Quello dell’acciaio è un settore che deve affrontare urgenti sfide, e fare una graduatoria è un esercizio difficile », spiega Montanino, precisando però che ci sono sicuramente questioni che pesano più di altre. E in particolare, «un primo tema è quello della competitività dell’Europa rispetto al contesto globale, dove le nostre produzioni devono fronteggiare la competizione di costo degli acciai cinesi e indiani». La Cina in particolare rappresenta da sola il 55% della produzione globale di acciaio ed è il principale fornitore dell’Europa e, sottolinea l’analisi di Cdp, «è tra le cause del sottoutilizzo degli impianti europei e della conseguente perdita di remuneratività e quote di mercato per i relativi produttori»”, si legge su La Repubblica Affari & Finanza.

“E in futuro, l’obbligo di dover acquistare sul mercato maggiori quote di emissione costituirà un ulteriore aggravio di costi per i produttori, sottolineano gli analisti della Cdp. «Se l’Europa vuole portare avanti una leadership globale sui temi ambientali — rileva Montanino — deve potenziare gli strumenti per supportare i propri “campioni” nei diversi settori. (…) Nel secondo semestre 2023, ricorda lo studio, il prezzo dell’energia elettrica, al netto della tassazione, è stato del 45% più elevato rispetto agli omologhi francesi. E nel primo semestre 2024 la differenza è stata comunque del 30%. Costi insostenibili alla lunga, che richiedono di percorrere rapidamente la via della decarbonizzazione, per «consolidare il primato in termini di efficienza e sostenibilità delle nostre produzioni, promuovendo una maggiore diffusione delle tecnologie alternative, come la carbon capture e l’idrogeno verde». In campo nazionale, pesa molto anche la crisi del ciclo integrale, legata al calo delle attività di Acciaierie d’Italia a Taranto”, continua il giornale.

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