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Raffineria Russa

Cosa comporta l’esplosione dell’impianto di Novoshakhtinsk

Colpita la grande raffineria in Russia, nella regione di Rostov. C’entra il legame della società dell’impianto con l’oligarca filorusso?

Sette milioni e mezzo. Questa la capacità annua di petrolio della raffineria di Novoshakhtinsk, regione di Rostov, Russia, confine con l’Ucraina. La grande raffineria è stata colpita da almeno un drone (forse due), presumibilmente ucraini. L’esplosione si è verificata nella mattinata di ieri e al netto dei video già circolanti sui social nasconde ancora tante certezze riguardo la dinamica dell’accaduto.

IL LEGAME DELL’ATTACCO CON L’OLIGARCA RUSSO

Tra le varie ipotesi paventate in queste ore c’è quella sulle motivazioni dell’attacco. Infatti, la raffineria è controllata dalla Peton Invest Technology, società vicina a  Oksana Marchenko, la moglie dell’oligarca politico ucraino e filorusso Viktor Medvedchuk. Il quale è detenuto per alto tradimento nel paese colpito dall’invasione putiniana da quattro mesi. Inoltre, ha riferito l’agenzia Tass, la raffineria è sotto sanzioni da parte di Kyiv per presunte forniture di petrolio alle regioni separatiste del Donbass.

Sul sito del comune russo, però, queste informazioni non sembrano comparire. Vasily Golubev, governatore della regione di Rostov, ha parlato di rottami dei velivoli scaraventatisi sull’impianto.

COSA SAPPIAMO SULLA RAFFINERIA

L’incendio provocato nell’ala di raffreddamento della raffineria è durato qualche ora, con conseguente blocco (sembra ormai irreversibile) delle attività. Poi le fiamme sono state spente. L’area coinvolta, riporta Wired, è di 50 mq. E l’impianto si trova a 150 km dal fronte. Secondo Repubblica, il tutto si è sviluppato intorno alle dieci di ieri mattina. Ma molti punti dovranno essere chiariti nelle prossime ore, mentre i combattimenti sul campo continuano e i negoziati stentano a dare cenni di vita.

La prossima settimana dovrebbero tenersi incontri tra Ucraina, Russia, Turchia e Onu. Ma “nessun accordo concreto su colloqui è stato finora raggiunto”, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri di Kiev, Oleg Nikolenko. L’agonia continua.

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