Per questioni legate alla crisi del coronavirus, l’esplorazione di 12 pozzi è stata rimandata, forse al 2021
A causa della pandemia di Covid-19, le compagnie petrolifere ridurranno del 40 per cento le trivellazioni per l’esplorazione di nuovi pozzi al largo delle coste della Norvegia.
COSA DICE L’AGENZIA DEL GOVERNO NORVEGESE
La Norwegian Petroleum Directorate (Npd), l’ente governativo che si occupa di regolamentare le attività del settore, si aspettava per il 2020 la trivellazione di circa 50 pozzi di petrolio nella piattaforma continentale norvegese, in leggero calo rispetto ai 58 registrati nel 2019.
Ma le stime sono state riviste al ribasso. L’agenzia ha recentemente fatto sapere che, per questioni legate alla crisi del coronavirus, l’esplorazione di 12 pozzi è stata rimandata, forse al 2021. Anche lo sviluppo di 18 progetti già avviati potrebbe venire posticipato.
IL RUOLO DELLA PANDEMIA
La pandemia ha innanzitutto avuto un impatto negativo sulla domanda di energia e sui prezzi del petrolio, rendendo economicamente insostenibili le attività in molti pozzi. Il Brent, il benchmark legato al mare del Nord, si vende oggi a circa 40 dollari al barile.
Ma sono anche le restrizioni imposte dal governo per limitare i contagi – ad esempio quelle legate all’utilizzo della manodopera straniera – ad aver spinto le aziende a rimandare i lavori.
NUOVI PROGETTI ENTRO L’ANNO
Alla fine del 2019 si parlava molto del ritorno della Norvegia sui mercati petroliferi, dopo quasi un ventennio di declino della produzione. Lo sviluppo, nelle acque profonde, del campo Johan Sverdrup, da parte della compagnia norvegese Equinor avrebbe permesso all’output del Paese di passare da 1,3 milioni di barili al giorno ad 1,6 milioni nel 2020 e ad 1,8 milioni nel 2021.
Nonostante la crisi del coronavirus, la Norwegian Petroleum Directorate si aspetta comunque l’approvazione di nuovi progetti entro l’anno, ad esempio quelli di Breidablikk (Equinor) e di Graasel (Aker Bp).