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Stop Carbone Russo

Cosa succede in Italia dopo l’embargo al carbone russo

I piani del Belpaese dopo l’entrata in vigore dello stop al carbone dalla Russia a partire da ieri. Fatti, numeri e scenari

Con l’entrata in vigore del divieto di importazione di carbone moscovita nell’Unione europea, sette centrali italiane sono pronte a tornare in funzione. Da ieri, infatti, è scattato l’embargo deciso lo scorso aprile nei confronti della Russia. Ora i Paesi membri dell’Ue devono attrezzarsi. Usa, Australia e Colombia sono le alternative principali per risolvere un problema ritardato di un mese per via delle pressioni tedesche. Un problema meno serio di quello del petrolio e del gas, per il Vecchio Continente.

STOP AL CARBONE RUSSO, I PIANI ITALIANI

In Italia, il phase-out – vale a dire la dismissione con riconversione eventuale – delle centrali è fissato al 2025. Oggi, in un contesto d’emergenza e quantomai critico, sappiamo come e quanto sia obbligatoria la strada (ancora) delle fonti fossili per sopperire alle ritorsioni russe, alle difficoltà del mercato in termini di prezzi e disponibilità di materie prime. Sempre perché prima della guerra in Ucraina, che si è aggiunta aggravando tutto lo scenario, c’era e c’è una pandemia mondiale.

GLI IMPIANTI

Gli impianti nel nostro territorio sono sette. E, come ricorda l’agenzia Nova, due sono in Sardegna: una a Fiumesanto, amministrata da Ep, nell’area industriale di Sassari-Porto Torres, e una a Portoscuso, nella zona industriale di Portovesme, gestita da Enel. Della prima avevamo scritto a fine giugno, riportando lo stop alla conversione a gas. L’impianto di Fiume Santo ha due gruppi a carbone che lo alimentano, da 600 Mw netti. Enel, invece, ha in gestione l’altra struttura sarda da 480 Mw.

E anche quelle di Civitavecchia (1980 Mw), Fusina (976 Mw), Brindisi (2640 Mw). Poi c’è l’impianto di Monfalcone di A2a da 336 Mw, mentre quella dismessa (e riattivata per il caro bollette a dicembre) di La Spezia è da 682 Mw.

Strutture, insomma, che vengono periodicamente coinvolte in nuove programmazioni. In nuovi piani che visto il contesto sono costretti ad essere visti e rivisti.

DIETROFRONT ITALIANI ED EUROPEI PRIMA DELLO STOP AL CARBONE RUSSO

E questo trend è comune tanto in Italia quanto in Europa. Sembrano lontani anni i tempi e soprattutto gli impegni presi a Glasgow in seno alla Cop26. I prezzi del gas, del petrolio, viaggiano a livelli quotidiani molto alti per via del conflitto ucraino. E allora la via del carbone resta quantomai obbligata.

Secondo il Washington Post, le miniere di carbone e le centrali elettriche chiuse 10 anni fa hanno iniziato a essere riparate in Germania. Dove si parla di vera e propria primavera per questi impianti: 100 mila tonnellate di carbone si stima verranno bruciate da qui all’inverno che verrà.

Anche Austria, Olanda, Polonia e Grecia stanno facendo dietrofront e favorendo il ricorso al carbone. Idem, la Cina.

Insomma, anche questo embargo indica chiaramente che la via del distacco dalle energie fossili è ancora distante dal compiersi.

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