Il partner commerciale più penalizzato è il Canada, con un aumento dal 25% al 35%, motivato da Washington come una “risposta alla continua inazione e alle ritorsioni di Ottawa”.
Donald Trump ha firmato l’atteso ordine esecutivo sui nuovi dazi, ma l’Europa tira un sospiro di sollievo: l’accordo stipulato con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha tenuto, con un tetto massimo fissato al 15%. La stangata, invece, arriva per il Canada, che vede le proprie tariffe aumentare fino al 35%, mentre restano aperti e complessi i negoziati su settori chiave come acciaio e farmaci. Le nuove misure, annunciate nella notte italiana, non entreranno in vigore immediatamente ma slittano di una settimana, al 7 agosto.
LA REAZIONE UE AFFIDATA A SEFCOVIC
La reazione ufficiale di Bruxelles è arrivata via X dal commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, che, come riporta l’Ansa, ha commentato positivamente l’annuncio. “I nuovi dazi statunitensi riflettono i primi risultati dell’accordo Ue-Usa, in particolare il tetto massimo del 15% sui dazi all-inclusive. Questo rafforza la stabilità delle imprese europee e la fiducia nell’economia transatlantica”, ha scritto Sefcovic, aggiungendo che “gli esportatori dell’Ue beneficiano ora di una posizione più competitiva. Il lavoro continua”, a sottolineare che la partita non è affatto chiusa.
LA MAPPA DEI NUOVI DAZI: UE, GIAPPONE E UK SALVI, CANADA E SVIZZERA PUNITI
Nella lunga lista di Paesi colpiti dalle misure, l’Unione europea resta dunque con un dazio del 15%, così come il Giappone. Mantenuto anche il tetto del 10% per la Gran Bretagna. Il partner commerciale più penalizzato è il Canada, con un aumento dal 25% al 35%, motivato da Washington come una “risposta alla continua inazione e alle ritorsioni di Ottawa”. La mossa ha spinto il premier dell’Ontario, Doug Ford, a esortare il primo ministro canadese Mark Carney a non cedere. Punita anche la Svizzera, con una tariffa più alta di quella precedentemente dichiarata, che arriva ora al 39%.
Restano invece invariati i dazi per l’India (25%) e la Corea del Sud (15%). La Casa Bianca ha inoltre precisato che, di base, le merci importate da ogni nazione saranno soggette a una tariffa del 10%, ad eccezione di un elenco di 92 Paesi con tariffe più elevate, tra cui spicca la Siria con il dazio più alto in assoluto, al 41%. Un caso particolare riguarda il Brasile: sebbene figuri ancora al 10%, un ordine precedente firmato da Trump ha aggiunto un ulteriore dazio del 40% su alcune merci come ritorsione contro il presidente Lula per il processo all’ex presidente Jair Bolsonaro.
L’ordine esecutivo, infine, stabilisce un dazio punitivo del 40% su qualsiasi merce che le dogane statunitensi determinino essere stata “trasbordata” per eludere tariffe più elevate, una misura mirata principalmente a colpire le merci prodotte in Cina e riconfezionate altrove.
LE INCOGNITE DELL’ACCORDO: DAL TESTO CONGIUNTO MANCANTE ALLE DEROGHE SULL’ACCIAIO
Tuttavia, come approfondisce il Corriere della Sera di oggi, la firma dell’ordine esecutivo è solo un primo passo. L’intesa è ancora lontana dall’essere definita nei dettagli. Nelle capitali europee si attendeva una “dichiarazione congiunta” che confermasse il prelievo del 15% e chiarisse i punti di un accordo molto complesso, ma questo testo non è arrivato.
Il quotidiano milanese sottolinea che le posizioni sono ancora distanti su aspetti cruciali. Per esempio, su acciaio, alluminio e rame, gli europei chiedono di tornare al sistema di quote esenti da dazi introdotto da Joe Biden, ma la controparte trumpiana non sembra convinta, lasciando per ora in vigore le tariffe al 50%. Un altro capitolo complicato, prosegue il Corriere della Sera, è la lista delle merci esenti o con trattamento di favore. Paesi come Italia, Francia, Spagna e Portogallo stanno premendo per ottenere uno sconto su vino e alcolici, ma al momento senza successo. Anche sui farmaci, sebbene attualmente al 15%, pende un’incognita: il Segretario al commercio americano, Howard Lutnick, ha fatto sapere che gli USA si riservano di applicare una tariffa più alta al termine di un’inchiesta per stabilire se esista una questione di sicurezza nazionale. Sul tavolo, infine, restano la “web tax” e le discussioni sull’apertura dei mercati europei all’agroalimentare americano.
LA REAZIONE DEI MERCATI: BORSE EUROPEE IN CALO
L’incertezza legata ai dettagli ancora da definire si è riflessa sull’apertura delle Borse europee. Piazza Affari ha avviato la seduta in calo, con l’indice Ftse Mib che perde lo 0,74%. Deboli anche gli altri listini: Francoforte cede l’1,16%, Londra lo 0,46%, mentre Parigi risulta invariata.