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Emissioni Banche

Decarbonizzazione chiave per la ripresa economica dell’Italia. Il report Ref-e

Dal report emerge un tema fondamentale: il coinvolgimento delle Regioni negli obiettivi di decarbonizzazione.

Gli investimenti in decarbonizzazione sono la chiave per la ripresa economica post-Covid in Italia a livello macroeconomico. E’ quanto sostiene il report ”Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia post Covid” pubblicato da Ref-E, agenzia specializzata in ricerca e consulenza per i mercati energetici, e curato da Matteo Leonardi con il supporto di una ventina di analisti tra cui Enrico Giovannini, Giovanni Dosi, Pia Saraceno, Anastasia Pappas.

I DUE SCENARI

Il punto di partenza è il 2020 per il quale ci si attende una caduta del PIL dell’8,4%, una riduzione delle emissioni del 9%, un crollo degli investimenti al 16% del PIL, un forte impatto sul lavoro, una riduzione del reddito, un incremento delle diseguaglianze, un incremento della propensione al risparmio. Il rapporto debito pubblico/PIL arriva vicino al 160%. Da qui vengono descritti due possibili scenari: Nello scenario virtuosol’accelerazione nel periodo di accesso ai finanziamenti comunitari è imponente, dopo il rimbalzo, il tasso di crescita medio annuo si mantiene vicina al 5 % per qualche anno per scendere al 3,5% medio e convergere nel lungo termine su livelli vicini al 2%. Nello scenario conservativo dopo il rimbalzo del 2021 la crescita procede, negli anni di utilizzo dei fondi comunitari vicina del 2% per poi convergere nell’intorno dell’1% dopo il 2030. Gli obiettivi di decarbonizzazione sono incerti e non raggiungono il target di lungo periodo di neutralità climatica. Il rapporto debito Pil non riesce a scendere ancora al 2030 a livelli inferiori al 140%.

LA DIFFERENZA TRA I DUE SCENARI

La differenza tra i due scenari è fondamentalmente da ricondurre alle assunzioni circa la capacità di spesa dell’Italia che è messa in relazione alla coerenza delle politiche per la decarbonizzazione come segnale per il sostegno agli investimenti privati. Nello scenario virtuoso la capacità delle politiche pubbliche permette di impegnare e spendere l’80% delle risorse EU e contestualmente attivare gli investimenti nel settore privato. Nello scenario conservativo, che riproduce la storica incapacità dall’Italia di sfruttare appieno le risorse comunitarie, si riesce a spendere solo parte delle risorse EU, il 50%, in un contesto di riluttanza del settore privato all’innovazione a fronte della crisi di liquidità a seguito del lockdown non compensata da una chiara direzione della politica economica e delle scelte per la decarbonizzazione.

IL RUOLO DELLE REGIONI

Da questo aspetto centrale emerge un tema fondamentale: il coinvolgimento delle Regioni negli obiettivi di decarbonizzazione. Una realtà amministrativa cruciale nella gestione dei fondi europei e nel processo autorizzativo di infrastrutture ed impianti rinnovabili, pilastro della decarbonizzazione, non può essere esente da obblighi quantitativi e procedurali legati alla riduzione delle emissioni di CO2 in maniera corrispondente agli obiettivi nazionali. Questo aspetto deve fare parte delle riforme del Recovery Plan, osserva Ref-e.

LA STRATEGIE CLIMATICA

Infine la strategia climatica nazionale oggi è identificabile nel PNIEC che ha un orizzonte limitato al 2030 ed è stato predisposto su obiettivi climatici che ancora non includono l’incremento del target di riduzione come prevista dal Green Deal. La mancanza di una
5strategia a lungo termine della decarbonizzazione (Long Term Strategy o LTS) come richiesta dall’Accordo di Parigi e dal regolamento di governance europeo al gennaio 2020, ennesima vittima dello stallo decisionale, emerge come un’importante carenza per permettere di verificare la coerenza dei diversi progetti ed iniziative con la visione di lungo periodo e con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050.

RIFORME PER LA DECARBONIZZAZIONE: LA FISCALITA’ CENTRALE

Cinque dimensioni sono state selezionate nel lavoro a sostegno di una strategia coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione: si parte con la Fiscalità Centrale. Nell’impostare la strategia post-Covid – sottolinea il report – è la revisione della fiscalità energetica in ottica di sostegno alla coerenza complessiva della decarbonizzazione. L’Europa intende avanzare una revisione della direttiva sulla fiscalità energetica nel 2021, ma risulta utile anticipare tale processo a livello nazionale per consolidare il segnale della policy ed assicurare un terreno favorevole agli investimenti. Un prezzo minimo del carbonio in tutti i settori rappresenta la garanzia minima agli investimenti nella decarbonizzazione. La componente fiscale sull’energia in Italia è particolarmente rilevante, questo permette spazio di manovra in ottica di decarbonizzazione. Nel percorso di riforma non sarà necessario incrementare il peso fiscale, ma iniziare a riorientare le aliquote in maniera coerente con la decarbonizzazione. La proposta di trasferire sulla fiscalità gli oneri generali di sistema della tariffa elettrica e sostituirli con l’introduzione di una fiscalità coerente con la politica di decarbonizzazione rappresenta un esempio di questo percorso. Il livello basso dei prezzi dei combustibili fossili rischia di rallentare la scelta di opzioni green, ma altrettanto rappresenta un’opportunità straordinaria per introdurre un sistema globale di tariffazione del carbonio: riteniamo che imposte sul carbonio ben progettate e l’eliminazione graduale ma rapida dei sussidi per i combustibili fossili possano contribuire ad allineare la ripresa economica post-Covid con gli obiettivi climatici.

FINANZA SOSTENIBILE

La finanza sostenibile emerge come una dimensione centrale della strategia di ripresa economica e decarbonizzazione, ponendosi al pari degli strumenti tradizionali di regolazione. Il Piano d’Azione europeo sulla finanza sostenibile, un progetto di riforma lanciato nel 2018, nasce dagli impegni di Parigi in cui si chiede (Articolo 2) che i flussi finanziari siano coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione. Questo implica di disinvestire dai progetti legati ai combustibili fossili, che alimentano il fenomeno del lock-in e con esso l’esposizione dei capitali ai rischi legati al cambiamento climatico, ed investire in nuovi processi climate neutral. L’Europa chiede questo agli investitori privati. L’assegnazione delle risorse pubbliche deve essere coerente con gli obiettivi climatici di mitigazione e adattamento, in coerenza con la nuova normativa europea in fase di sviluppo. Al contempo gli investitori lamentano una carenza di progetti che consentano, con profili di rischio accettabili, di attirare volumi significativi di investimenti. Le politiche pubbliche devono intervenire su questo per creare le condizioni che permettano di fare leva sugli investimenti privati nel quadro di un modello di cooperazione pubblico/privato. La tassonomia offre una classificazione dei settori prioritari in ottica di decarbonizzazione dell’economia. L’impiego della tassonomia per la preparazione dei Piani Nazionali di crescita e resilienza è richiesto dal Technical Expert Group della Commissione Europea in modo da identificare i settori su cui indirizzare le risorse. Gli strumenti propri della finanza sostenibile come i green bond permetterebbero di aggiungere ulteriori capitali per una ripresa economica in chiave di sostenibilità.

ECONOMIA CIRCOLARE

L’economia circolare (EC) è un modello di produzione e consumo rilevante perla decarbonizzazione e a una maggiore resilienza rispetto alle sfide attuali. L’efficienza nell’uso della materia è in grado di contribuire in misura molto significativa alla riduzione delle emissioni e alla sostenibilità del debito generato dagli interventi. La regolazione sull’EC in Italia è recente e in evoluzione. Anche in questa dimensione è importante anticipare gli esiti della regolazione per impiegare le opportunità offerte dall’EC alla struttura specifica del nostro sistema produttivo. L’EC si rivela essere una dimensione particolarmente favorevole alle PMI italiane, grazie alla presenza in alcune filiere chiave del manufacturing internazionale, alla rilevanza del design nel Made in Italy ed alla carenza di materie prime. Favorire l’economia circolare con il recovery fund rappresenta l’opportunità per valorizzare le PMI, offrendo un contesto per innovare i processi ed i prodotti e contribuendo ad eliminare il rischio che le PMI ritardino l’innovazione e perdano competitività sui mercati. Il recovery plan nazionale dovrebbe dedicare una sezione all’EC che contenga una strategia specifica ed il finanziamento di programmi nelle dimensioni chiave e nei settori identificati dal Piano Europeo sulla EC.

GREEN PUBLIC PROCUREMENT

La domanda pubblica è articolata in oltre 40.000 soggetti sul territorio nazionale con un volume di spesa di circa 170 miliardi di euro all’anno. Il Green Public Procurement(GPP) si attua attraverso l’adozione di criteri ambientali minimi (CAM) negli acquisti di beni e servizi e nella realizzazione delle opere. Le categorie di attività economica i cui CAM incidono maggiormente sulla riduzione delle emissioni di CO2 sono cinque: l’edilizia e le costruzioni, i servizi energetici, l’illuminazione pubblica, iltrasporto pubblico e la ristorazione collettiva. Sono dimensioni in cui la decarbonizzazione sarà particolarmente profonda e con essa gli impatti occupazionali. L’Italia è l’unico paese in Europa ad avere introdotto obbligatoriamente il GPP, anche se la pratica è spesso disattesa. La strategia di riforma post-Covid dovrebbe intervenire sulle barriere al GPP per renderlo funzionale alla policy complessiva di decarbonizzazione. Un aspetto molto significativo del GPP è la possibilità di una valutazione economica sul valore del prodotto nella sua vita utile e non solo sul costo iniziale. Questo principio è fondamentale per l’adozione di soluzioni in ottica di economia circolare o ad elevata intensità di capitale iniziale, si pensi alla mobilità elettrica. Il costo di vita utile deve diventare la prassi e la costruzione della contabilità pubblica deve trovare la soluzione per conciliare tale calcolo con quello del bilancio.

LAVORO

Sviluppo e decarbonizzazione includono importanti cambiamenti nel mondo del lavoro. Le politiche del lavoro devono includere in maniera esplicita il tema e le implicazioni legate alla decarbonizzazione. Senza avere ancora colmato le perdite della grande recessione 2008-2009, il Covidespone a rischio disoccupazione circa 2 milioni di lavoratori; i settori maggiormente interessati alla decarbonizzazione impiegano direttamente 1 milione di lavoratori. Gli obiettivi della decarbonizzazione devono diventare oggetto del lavoro. Perché questo avvenga è fondamentale mettere mano all’impianto di protezione del lavoro in maniera ampia e inclusiva introducendo meccanismi di garanzia. La contrattazione collettiva e le relazioni industriali devono essere chiamate a contribuire a governare la transizione energetica e ambientale. La necessità di garantire la formazione diventa pressante in un periodo di trasformazione. La proposta di uno Stato promotore dell’occupazione, finanche datore di lavoro di ultima istanza, permette di orientare l’economia e offrire un paracadute indispensabile per affrontare la trasformazione profonda richiesta dalla decarbonizzazione. La proposta intende riformare l’attuale impostazione delle misure volte a garantire reddito e contrastare la povertà con l’idea di generare opportunità di lavoro e nuove attività produttive. Una nuova economia pubblica e, con essa, la strategia per la decarbonizzazione necessita di una nuova governance, anche attraverso l’istituzione di un’agenzia nazionale, in grado di coinvolgere le diverse parti sociali nel processo di sviluppo green.

AZIONI SETTORIALI PER LA DECARBONIZZAZIONE E LA RESILIENZA

Il lavoro ha identificato i contributi fondamentali per la crescita economica e la decarbonizzazione attraverso una serie di azioni in cui si ritrova un potenziale di sviluppo economico a breve e lungo termine. Non è una lista di progetti ma un’evidenza di azioni significative per intercettare il doppio dividendo anche evidenziando i passi necessari alla costruzione di un quadro coerente della policy.

INDUSTRIA

La strategia climatica coincide con una strategia di industrializzazione. È necessario distribuire le risorse con un approccio di breve e di lungo termine, evitando in entrambi i casi di generare carbon lock-in. Gli investimenti in tecnologie prontamente disponibili possono rendere l’industria nazionale più competitiva e, contemporaneamente, generare benefici in termini di occupazione e ambiente. Tuttavia, ciò riguarda principalmente soluzioni legate all’efficienza energetica e all’economia circolare. In diversi settori dell’industria fondamentali per la decarbonizzazione, acciaio, cemento, chimica, poche tecnologie hanno già raggiunto la maturità tecnologica e commerciale. È prioritario che una componente significativa delle risorse per la crescita si orienti su questi settori in una prospettiva industriale. È necessario per tutti i settori significativi dell’economia nazionale essere rappresentati nel recovery plan ed accelerare la risposta tecnologica alla decarbonizzazione, con progetti pilota oanticipando la penetrazione delle tecnologie a livello commerciale. Altrettanto dovrà essere fatto per le filiere strategiche della policy climatica, idrogeno ed accumuli elettrochimici. Solo infatti attraverso la copertura del rischio (almeno parziale) con risorse pubbliche sarà possibile aprire un canale per gli investimenti privati. Senza una strategia focalizzata su questo, difficilmente i capitali privati potranno contribuire alla crescita, da un lato bloccati dal rischio di lock-in, dall’altro dal rischio di innovazione peraltro accelerata, poiché i tempi sono imposti dalla crisi Covid.

EFFICIENZA ENERGETICA

L’efficienza energetica si qualifica come uno dei settori a cui è associato un maggiore potenziale di doppio dividendo tra ripresa economica e decarbonizzazione. In particolare, il settore delle costruzioni rappresenta circa l’8% del PIL Italiano, è connesso al 90% dei settori economici e si concentra per il 70% sul mercato interno. Il settore è già fortemente incentivato ma vi è ancora un vasto potenziale soprattutto nel comparto residenziale. Per attivarlo è necessaria una programmazione trentennale e misure shock di breve periodo che permettano di sbloccare il processo di efficientamento. Per l’impiego delle risorse da recovery fundsi individuano come prioritari i segmenti dell’edilizia scolastica e dell’edilizia residenziale pubblica. Si stima che un piano straordinario per il rinnovamento dell’intero parco scolastico necessiti circa 40-50 miliardi di euro, mentre quello dell’edilizia popolare pubblica di circa 15-20 miliardi di euro. La costruzione di un fondo rotativo su queste due dimensioni alimentato dai risparmi conseguiti potrebbe progressivamente portare al pieno efficientamento negli anni. Questa spesa porterebbe a un risparmio energetico annuale di 13,5 e 5,5 TWh rispettivamente. Tali interventi vanno inseriti in una strategia di lungo periodo che includa un programma di riforme che elimini gli incentivi dannosi e gli ostacoli alla transizione. Serve una fiscalità energetica, coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione, serve che gli strumenti di incentivazione (detrazioni fiscali e Piano Industria 4.0) non sostengano più interventi e tecnologie non compatibili con la transizione energetica, la decarbonizzazione e la promozione dell’economia circolare.

SISTEMA ELETTRICO

Lo sviluppo delle rinnovabili elettriche sta al centro degli obiettivi di decarbonizzazione, lo sviluppo necessario di impianti da qui al 2050 e gli impatti positivi in termini di lavoro e valore aggiunto, suggeriscono di accelerarne gli investimenti. Lo sviluppo delle rinnovabili è fermo. La policy non ha facilitato la costruzione di un sistema industriale attorno a tecnologie destinate a rinnovare i sistemi energetici mondiali. Le rinnovabili sono state solo percepite come un costo e non come un’opportunità di crescita e sviluppo; l’intento politico di sviluppare le rinnovabili a mercato senza oneri per i consumatori è stato vanificato dall’ostacolo insormontabile del processo autorizzativo. Sul piano della policy, il PNIEC individua obiettivi di sviluppo di rinnovabili ed accumuli che vanno intesi come obiettivi minimi che non è possibile mancare. Manca ancora la Long Term Strategyal 2050, documento fondamentale per aiutare il policy maker a valutare la compatibilità degli investimenti con le risorse del Recovery Fund, con la strategia di decarbonizzazione di lungo periodo. L’insieme delle proposte prevede uno sblocco delle autorizzazioni, una conferma del ruolo dello sviluppo a mercato delle rinnovabili contestuale alla presenza delle aste, la programmazione di una ricaduta industriale nello sviluppo delle rinnovabili e le tecnologie ad essa collegate, accumuli ed idrogeno. La strategia nazionale non può prescindere da trovare una soluzione alla governance ed alle autorizzazioni ed alle ricadute industriali insite nello sviluppo delle tecnologie energetiche. La regolazione deve essere coerente con gli obiettivi di policy ed aggiornarsi agli obiettivi di decarbonizzazione.

TRASPORTI

Fra i settori più attardati sul cammino della decarbonizzazione, ma anche fra i più toccati dalla crisi pandemica, i trasporti incroceranno nella fase post-COVID grandi occasioni di rinnovamento, potenzialmente interessanti per ridurne l’impatto sul clima. Il loro pieno sfruttamento richiederà tuttavia una serie di misure differenti e complementari tra loro, finalizzate in primo luogo a sviluppare l’elettrificazione del parco autoveicolare e l’impiego dei biocombustibili, in secondo luogo ad orientare gli spostamenti verso le modalità più efficienti dal punto di vista energetico (navigazione marittima, ferrovia, trasporto pubblico, mobilità non motorizzata), nonché, da ultimo, ad orientare verso la sostenibilità le modifiche attese sul versante della domanda di trasporto passeggeri (smartworking) e merci (e-commerce). Le finalità poste alla base del programma Next Generation UEpermettono di attuare un insieme di azioni al contempo efficaci e attuabili nel breve termine, possibilmente basate su azioni ad elevata intensità occupazionale. Ne deriva una politica di settore innovativa, basata non tanto sulla realizzazione di nuove opere infrastrutturali, quanto su una diversa regolazione delle reti esistenti, attraverso misure tecnologiche, di riequilibrio fiscale, di sostegno alle buone pratiche, e di riqualificazione geometrico-funzionale.

ADATTAMENTO

L’adattamento è un investimento ad alto rendimento economico grazie all’adozione di strumenti e tecnologie già note e patrimonio di buone pratiche di gestione e pianificazione. Importanti sono inoltre i co-benefici ambientali, sanitari e socioeconomici connessi alla riduzione del danno climatico. Tutte queste caratteristiche conferiscono all’adattamento la natura di strategia win win. Il Recovery Fund rappresenta un’opportunità unica per investire in progetti di adattamento. È tuttavia necessario perseguire la massima integrazione tra i diversi Piani e Strategie attualmente a disposizione del Governo Italiano per evitare incongruenze e sovrapposizioni. In generale, si deve stimolare la cosiddetta “resilienza trasformativa” attraverso il mainstreaming, ossia integrando l’adattamento nei programmi di sviluppo, nelle politiche e nelle strategie di gestione del territorio.

CIBO

Il sistema del cibo rappresenta una quota rilevante di emissioni, che viene stimata intorno al 30% del totale a livello globale. Con l’approvazione a maggio 2020 della Strategia Farm to Forkla Commissione UE ha esplicitato per la prima volta che operare sul sistema del cibo nel suo complesso è una delle chiavi della decarbonizzazione. Si tratta di una svolta epocale perché si richiede di considerare come parte di un’unica strategia la produzione agricola, la trasformazione dei prodotti, i sistemi logisticie della distribuzione, il commercio, le modalità di consumo e la gestione delle eccedenze e dei rifiuti. Il contributo del sistema del cibo alla decarbonizzazione può essere ampio, soprattutto a supporto della ripresa economica. È necessario anticipare gli esiti della policy europea ancora in costruzione, in azioni mirate alla riduzione degli sprechi, all’adozione di pratiche agricole conservative, all’incremento dell’infrastruttura per il trattamento della frazione umida dei rifiuti ed alla territorializzazione dei sistemi agroalimentari, fornendo soluzioni ad un sistema di distribuzione parcellizzato e difficilmente capace di innovazione autonoma.

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