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Draghi

Draghi in Israele per l’addio alla Russia. La Croazia estrae in Adriatico

Il premier farà visita all’omologo Bennett per proseguire la ricerca di fonti alternative a Mosca sul gas. Costi dell’energia ancora alti

Al via un’altra settimana chiave per il futuro energetico italiano. Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi sarà in visita a Gerusalemme per contrattare nuove quote di gas. Obiettivo: rompere la dipendenza di Roma da Mosca, accelerare quell’addio reso ormai moralmente obbligatorio oltre che strategicamente necessario con la guerra in Ucraina.

DRAGHI INCONTRA BENNETT PER IL GAS ISRAELIANO

Sono tre le opzioni per concretizzare l’intesa israelo-italiana. Come riporta Tommaso Ciriaco su Repubblica, anzitutto c’è da considerare il gasdotto East-Med. Poi c’è la via egizia, che consentirebbe di liquefare e e poi rigassificare (in Italia) il gas. Infine, la via turca che chiamerebbe poi in gioco il Tap. Ma solo la seconda opzione sarebbe percorribile in tempi brevi: il tubo è lungo cento km e collega Ashkelon a Al-Arish. Il giacimento di partenza è quello offshore Leviathan, il secondo più grande del Mediterraneo dopo lo Zohr. Nel caso del Tap, il problema riguarda le relazioni israelo-turche; per l’East-Med il problema sono i tempi di completamento dell’infrastruttura: 2027.

Insomma, la visita odierna di Draghi definirà un altro pezzo di strategia italiana sulla via dell’indipendenza da Mosca.

MENTRE ZAGABRIA SI PRENDE L’ADRIATICO

Parallelamente all’attivismo estero dell’esecutivo italiano, esiste un problema interno. Come svelato ieri dal Sole 24 Ore, la Croazia starebbe approntando un piano di estrazione da 36,8 miliardi di metri cubi di metano dai pozzi in Alto Adriatico. L’investimento è a carico di Ina, per ben 266 milioni. Si tratta, scrive il quotidiano di Confindustria, di un “bicchiere di granita” dove l’Italia ottiene solo ghiaccio sciolto in fondo al bicchiere mentre Zagabria sugge tutto lo sciroppo. Perché dal 2002 nel nostro Paese vige il divieto di ricerca ed estrazione a nord del Po.

E I COSTI DELL’ENERGIA SALGONO

Intanto, il prezzo del gas continua a far gola alle aziende energetiche. Nell’ultimo provvedimento, il governo ha apposto una tassa del 25% sul differenziale di prezzo tra vendita e acquisto. Perché soltanto nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, “18 milioni di utenti in maggior tutela (fra luce e gas) hanno pagato circa 96 euro al MWh”. Il report che fa il punto della situazione è quello di Milena Gabanelli, nel Dataroom del lunedì. “Il governo per sapere quanto effettivamente si mettono in tasca in più la lunga filiera di operatori, ha incaricato l’Arera di andare a vedere dentro ai contratti, le rinegoziazioni, l’attività di trading, e quanto pesano i costi dei derivati stipulati con le banche a protezione del rischio che il prezzo salga o scenda troppo in fretta”. Ma i calcoli sono difficili da fare. E allora, per adesso, gli extraprofitti sono stati misurati dalla liquidazione Iva.

“Intanto Enel ha chiuso il primo trimestre con ricavi passati da 18 a 34 miliardi, quasi raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2021, e gli utili al lordo delle tasse sono cresciuti da 2,1 a 2,3 miliardi”. Anche Eni ha raddoppiato il suo fatturato nei primi tre mesi del nuovo anno, a 32 miliardi di euro. Ma le stesse società lamentano mancati interventi sui guadagni delle banche. Il tutti contro tutti quindi continua, nel frattempo i singoli cittadini devono ancora sostenere costi dell’energia molto alti.

 

 

 

 

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