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Ue clima energia transizione

Ecco come i (veri) costi della transizione energetica saranno un problema per l’Unione europea

I costi della transizione dai combustibili fossili hanno continuato ad aumentare, sia sotto forma di inflazione diretta che di riduzione dell’attività industriale. Ecco allora che l’Ue è rimasta indietro sui rispetto ai propri obiettivi

Quando l’Unione europea approvò il Green Deal, lo ha fatto con grande entusiasmo. Oggi, però – come scrive Irina Slav su Oilprice – l’eccitazione delle prime ore è decisamente scemata e l’Ue si trova alle prese con il reale “come” della transizione che ha immaginato. Anche il silenzio sui costi reali della transizione non ha aiutato.

I COSTI DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

Non è che Bruxelles non stia ammettendo che la transizione sarebbe costosa. Il Consiglio europeo definisce “enormi” gli investimenti necessari, e ha affermato che l’Ue ha stanziato circa 580 miliardi di euro per il suo piano sulle zero emissioni nette nel periodo 2021-2027. Il fatto, però, è che costerà molto di più, e l’Ue non dispone di tutto il denaro necessario.

Questo è forse il momento peggiore in cui i costi reali della transizione vengono alla luce, proprio mentre gli europei cominciano a sentire il peso dei costi aggiuntivi che questo passaggio sta comportando sui bilanci delle famiglie. Inoltre, a breve si terranno le elezioni del Parlamento europeo.

Lo scorso anno la Commissione europea ha stimato il costo della transizione energetica in oltre 700 miliardi di euro, in ulteriori investimenti annuali da qui al 2050. Si tratta di 700 miliardi di euro da investire ogni anno nella transizione e nella sostituzione degli idrocarburi russi.

L’UE È INDIETRO SUGLI OBIETTIVI DELLA TRANSIZIONE

Poiché i costi della transizione dagli idrocarburi hanno continuato ad aumentare sotto forma sia di inflazione diretta che di riduzione dell’attività industriale, l’Ue è rimasta indietro rispetto ai propri obiettivi. Forse perché erano un po’ troppo ambiziosi.

Il piano approvato dagli attuali leader Ue prevedeva una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Allo stato attuale delle cose, entro quell’anno si raggiungerà solo una riduzione del 51%, e secondo alcuni questo è un problema, perché ogni punto percentuale conta. Anche questa riduzione – che è piuttosto consistente – sta costando molto. E raddoppiare la percentuale del 55% probabilmente allontanerà ulteriormente gli elettori.

Sembra che i leader Ue finalmente abbiano iniziato a prenderne atto, forse aiutati dalle diffuse proteste degli agricoltori, che erano essenzialmente una reazione al Green Deal, che richiede lo spostamento del denaro precedentemente utilizzato per sovvenzionare l’agricoltura verso la transizione. Questo e l’ingente mole di regolamenti che gravano sugli agricoltori si sono rivelati eccessivi, provocando le ormai note proteste e manifestazioni dei trattori.

Di conseguenza, i leader di Bruxelles e i leader dei governi nazionali hanno dovuto fare delle concessioni. E potrebbero doverne fare di più, perché gli agricoltori non sono l’unica rappresentanza scontenta di tutti i difficili cambiamenti che la transizione verde porterà nella vita delle persone.

LE PROMESSE NON MANTENUTE

In principio era stata promessa un’energia rinnovabile a basso costo. In futuro potrebbe essere economica e rinnovabile, ma per il momento non lo è. Al contrario, la sovrapposizione tra i Paesi con il maggiore accumulo di capacità eolica e solare e quelli con le bollette elettriche più elevate è notevole. Un altro elemento che era stato promesso era un ambiente imprenditoriale florido, che però deve ancora concretizzarsi.

Secondo un recente articolo di Bloomberg, è quest’ultimo scenario che sembra aver indotto l’Ue a pensare a qualcosa di diverso dagli obiettivi di riduzione delle emissioni. Lo scontento degli elettori per gli alti costi energetici e per l’inflazione complessiva che essi determinano ha portato i decisori a ragionare su questioni come il rafforzamento della competitività dell’Unione europea, di fronte alla forte concorrenza di Stati Uniti e Cina.

IL CONFRONTO CON STATI UNITI E CINA

Considerato il livello di sviluppo tecnologico di transizione che può vantare la Cina – una posizione da leader globale – ed i miliardi che l’amministrazione Biden ha promesso agli investitori disposti a fare affari negli Stati Uniti, l’Ue si trova già in ritardo. Bruxelles sta perdendo affari a favore degli Stati Uniti a causa di quei miliardi, e questo perché offre per lo più una normativa poco snella, anziché miliardi di incentivi.

Uscire da questa impasse non è semplice, e la leadership dell’Unione europea ha poco tempo a disposizione. Il fatto è che l’Ue si è messa in questa posizione concentrandosi su aspetti allo stesso tempo tutti sbagliati e ignorando tutti i fattori importanti che dovevano essere al centro dell’attenzione. Ora, la spinta alla transizione è in pericolo e le ripercussioni si faranno sicuramente sentire. “Se non rispondiamo a livello nazionale, se mandiamo il messaggio che il Green Deal ha provocato uno sconvolgimento sociale, per gli altri Paesi diventeremo un esempio da non seguire”, ha commentato SImone Tagliapietra, ricercatore senior del think tank energetico Bruegel.

DALL’ITALIA 1,1 MILIARDI DI EURO PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Intanto, il mese scorso la Commissione europea ha approvato un piano italiano da 1,1 miliardi di euro per promuovere investimenti volti a realizzare attrezzature fondamentali per la transizione verde. Il piano prevede delle sovvenzioni dirette per le imprese che producono turbine eoliche, pannelli solari, batterie, pompe di calore e altre tecnologie green.

La Commissione europea ha valutato attentamente il piano italiano e ha concluso che rispetta le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi e transizione. Gli aiuti saranno incentrati sulla produzione di attrezzature che favoriscono la transizione verso un’economia a zero emissioni nette e saranno assegnati entro il 31 dicembre 2025.

Le sovvenzioni dirette andranno da un minimo di 150 ad un massimo di 350 milioni milioni di euro, a seconda della regione e della tipologia di attrezzature prodotte. Inoltre, le imprese ubicate in regioni ammissibili agli aiuti riceveranno degli incentivi aggiuntivi volti a promuovere lo sviluppo economico nelle aree meno sviluppate.

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