L’Ue è fortemente dipendente dall’importazione di materie prime critiche, addirittura il 100% da fornitori stranieri in 14 materie prime critiche su 27
L’obiettivo è rafforzare al massimo l’autonomia dell’Unione europea su tutti i fronti compreso quello delle materie prime: per questo la Commissione europea sta pensando di introdurre obiettivi del 10%-40% dell’estrazione, del riciclaggio e della lavorazione delle materie prime critiche utilizzate entro il 2030. Per fare ciò, anticipa Euractiv, è pronta una bozza di regolamento sulle materie prime critiche che verrà diffusa il prossimo 14 marzo.
IL 10% ESTRATTO IN UE, Il 15% DAL RICICLAGGIO
La bozza prevede che “il 10% del consumo di materie prime strategiche dell’Unione” debba essere estratto nell’Ue. Inoltre, il 15% del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima critica dovrebbe provenire dal riciclaggio. Infine, almeno “il 40% del consumo annuo” dell’Ue “di ogni materia prima strategica”, dovrebbe essere raffinato all’interno del Vecchio Continente.
IN 14 MATERIE CRITICHE SU 27 UE DIPENDE AL 100% DA FORNITORI STRANIERI
La ragione di questo regolamento è chiara: al momento l’Ue è fortemente dipendente dall’importazione di materie prime critiche, addirittura il 100% da fornitori stranieri in 14 materie prime critiche su 27 e dipende al 95% da altre tre materie prime critiche, secondo un rapporto dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW). L’Ue, ad esempio, attualmente importa il 93% del suo magnesio e l’86% dei suoi metalli delle terre rare dalla Cina.
LA UE NON POTRA’ DIPENDERE DA UN SINGOLO PAESE PER OLTRE IL 70%
Per prevenire potenziali carenze di approvvigionamento e rafforzare la resilienza, la bozza prevede infatti che l’Ue stabilisca “un parametro di riferimento per non dipendere da un singolo paese terzo per oltre il 70% delle importazioni di qualsiasi materia prima strategica entro il 2030″.
ENTRO IL 2050 DOMANDA TERRE RARE +500%
La Banca mondiale prevede inoltre che la domanda di minerali delle terre rare aumenterà drasticamente di circa il 500% entro il 2050. In quest’ottica l’Ue sta poi pensando di favorire la diversificazione e rafforzare l’offerta, individuando progetti strategici in paesi terzi.
VISCO: RAFFORZARE AUTONOMIA STRATEGICA UE, DA FRAMMENTAZIONI RISCHIO PERDITA 7% DEL PIL
Un monito su come rafforzare l’autonomia strategica Ue è arrivato anche dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che ha parlato nel corso della XIV Conferenza MAECI – Banca d’Italia con i Delegati e gli Addetti finanziari accreditati all’estero dal titolo “La transizione necessaria: il futuro dell’energia, tra geopolitica e crescita sostenibile”.
Visco ha ricordato che su questo tema “è in corso una riflessione in Europa”. “Un rilievo crescente sembra essere dato alla costituzione di catene di approvvigionamento robuste rispetto al rischio di shock geopolitici – specialmente per le risorse energetiche, i semiconduttori, le materie rare – nonché al rafforzamento della competitività internazionale delle imprese attraverso l’innovazione tecnologica in settori strategici – ha detto il governatore -. Per conseguire tali obiettivi, al di là degli interventi specifici, non si può non definire un quadro di riferimento comune, in grado di allineare gli interessi dei singoli paesi dell’Unione. Negli ultimi anni, però, il ricorso al concetto di interesse nazionale per giustificare diverse forme di intervento dello Stato in economia è andato crescendo. A settori tradizionali come la difesa e le infrastrutture critiche, si sono aggiunti nuovi ambiti quali la protezione dei dati personali e industriali, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie. Anche su queste materie è utile una risposta unitaria, anziché diversificata tra i nostri paesi”.
“Non si può però mancare di sottolineare che a livello globale, anche per evitare l’insorgere di nuove forme di protezionismo di cui sono evidenti i costi e incerti i benefici, è di certo necessario che vi siano in tutti questi ambiti, e perseguiti da tutti i paesi, trasparenza, piena compatibilità con il diritto internazionale e comprensione dei rischi connessi con un regresso forte nella cooperazione internazionale – ha detto ancora Visco -. Perché lo spirito di collaborazione che negli ultimi anni è stato alla base della globalizzazione non venga drammaticamente meno, occorre un grande sforzo di diplomazia, a tutti i livelli, politico, economico, finanziario”.
“I costi di un ritorno alla frammentazione delle nostre economie sarebbero ingenti; con riferimento alle sole restrizioni al commercio di beni e servizi, il Fondo monetario internazionale stima che esse potrebbero causare perdite fino al 7 per cento del PIL globale. Ma ci sono anche altri canali che verrebbero minati, quali la diffusione delle conoscenze, la mobilità della forza lavoro e dei capitali, le minori opportunità di diversificazione dei rischi. Soprattutto, in uno scenario di frammentazione, verrebbero a mancare le leve necessarie ad affrontare i grandi problemi globali della cui soluzione le tensioni geopolitiche che stiamo vivendo sembrano offuscare la necessità”, ha concluso il governatore.