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Prezzi Energia

Ecco perché il piano UE per vietare il petrolio russo potrebbe causare stagflazione

Il mondo potrebbe subire un altro shock del prezzo del petrolio, in cui i prezzi andrebbero oltre i livelli del 2008

La guerra in Ucraina ha messo in luce la profondità delle connessioni e delle interdipendenze globali, la questione della sicurezza energetica dell’Europa e ha messo in dubbio la ripresa economica post-pandemia. Tuttavia, uno dei contributi più importanti è stato quello di accelerare l’eredità post-Covid, che sta aumentando l’inflazione.

I prezzi dell’energia alle stelle e le segnalazioni di diversi Paesi che affrontano una crisi del costo della vita stanno diventando sempre più difficili da ignorare. La vera domanda del giorno, tuttavia, è se ci stiamo dirigendo o meno verso la stagflazione, il peggior incubo di un politico. E, quando si parla di stagflazione, ci sono pochi fattori importanti quanto il piano dell’Unione Europea per vietare il petrolio russo.

IL 70% DEGLI INVESTITORI SI ASPETTA UNA “TEMPESTA ECONOMICA”

I timori di stagflazione stanno aumentano, con oltre il 70% degli investitori che si aspetta una “tempesta economica”. Anche il segretario al Tesoro, Janet Yellen, ha usato questo termine in uno dei suoi commenti. Dovrebbe essere chiarito che, tecnicamente, non ci sono parametri rigorosi per cosa esattamente si intende con “stagflazione”. Ci sono alcuni – come il giornalista del New York Times Paul Krugman – che credono che, sebbene l’inflazione sia un grosso problema, è improbabile che vedremo un ritorno agli Anni 80. Se, quando si parla di stagnazione, significano che l’inflazione persisterà insieme ad un moderato aumento della disoccupazione, potremmo essere diretti verso la stagflazione, ma questo non è un livello di stagflazione degli Anni 80.

L’argomento si concentra principalmente sulle aspettative di inflazione. Nel 1979-1980 il tasso di inflazione era del 9%, e fu solo con il successivo shock del prezzo del petrolio che l’intera situazione si aggravò.
La Fed dovette aumentare i tassi di interesse in territorio a doppia cifra, culminando al 20%, a cui poi seguì una recessione. L’inflazione diminuì ma la disoccupazione aumentò, e nel 1982 si attestava ancora ad un enorme 9,7% (oggi è al 3,6%).

AUMENTO INFLAZIONE NEL BREVE E MEDIO TERMINE IN CALO DOPO TRE ANNI AL 3%

Uno scenario del genere, però, oggi sembra improbabile. Krugman oggi fa paragoni con la situazione economica del 2008, quando c’erano recessione e disoccupazione. Tuttavia, l’unica differenza era che l’inflazione non durò così a lungo come negli Anni 80. Ciò è corroborato da un recente sondaggio, pubblicato dalla Federal Reserve Bank di New York, che mostra le aspettative dei consumatori riguardo all’aumento dell’inflazione nel breve e medio termine, in calo dopo tre anni al 3%. Se questo continuerà a valere – cosa che sarà possibile solo se non ci saranno nuovi shock per l’economia globale – allora la tesi di Krugman sarà vera.

PERCHÉ NON DOVREMMO TEMERE UNA STAGFLAZIONE

In questa analisi Ci sono due ipotesi che dissipano i timori di una stagflazione in stile Anni 80:

– le aspettative di inflazione saranno basse o l’inflazione scenderà rapidamente (portando al dibattito tra inflazione vischiosa e flessibile)

– non ci saranno shock per i mercati

Il secondo punto alimenterà il primo, quindi è importante valutare la possibilità di uno shock per l’economia mondiale. In una replica degli Anni 80, il mondo potrebbe subire un altro shock del prezzo del petrolio, in cui i prezzi andrebbero ben oltre i livelli del 2008. Cosa provocherà un tale shock? La risposta è il divieto totale dell’UE al petrolio russo.

I prezzi dell’energia sono già alle stelle e i mercati delle materie prime hanno registrato aumenti dei prezzi senza precedenti. Inoltre, le scorte globali di petrolio stanno diminuendo. Secondo Rory Johnston, le scorte di petrolio “osservabili a livello globale” nell’ultimo anno e mezzo sono state ridotte di 600 milioni di barili, il calo più rapido mai registrato. Non si tratta solo del petrolio greggio, poiché anche le scorte di distillati e in particolare di diesel sono sotto pressione.

LA RIDUZIONE DELLA CAPACITÀ DI RAFFINAZIONE

Con l’avvicinarsi della stagione di guida estiva, gli analisti hanno già suonato campanelli d’allarme per quanto riguarda un’imminente carenza di carburante. La stagione degli uragani peggiorerà le cose.

Dalla pandemia, 1 mbpd (milione di barili di petrolio al giorno) di capacità di raffinazione è stato messo offline ed è al livello più basso negli Stati Uniti dal 2015. Complessivamente, gli Stati Uniti hanno ridotto il 4,5% della loro capacità di raffinazione, creando un deficit da 30 a 35 milioni di galloni al giorno.

Circa 3 mbpd potrebbero ancora essere tolti dai mercati, poiché la produzione russa continua a diminuire. Secondo l’AIE, il mondo nel secondo trimestre del 2022 dovrà affrontare un deficit di offerta di circa 700.000 barili al giorno, poiché i livelli delle scorte OCSE sono ai minimi dal 2014.
Le scorte di distillati statunitensi stanno raggiungendo un punto in cui saranno al livello più basso degli ultimi 17 anni.

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