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Petrolio E Gas

Esiste davvero una soluzione alla dipendenza dell’Europa dal petrolio e gas russi?

Perché, nonostante gli sforzi per liberarsi dai combustibili fossili, petrolio e gas rimarranno essenziali per le economie europee

Uno degli argomenti più caldi dell’ultimo mese è la possibilità di un embargo petrolifero sulla Russia in risposta alla sua invasione dell’Ucraina. I prezzi del petrolio sono saliti in rialzo sulla costante speculazione di un più ampio divieto petrolifero, ma questa previsione sembra essere ingiustificata.

Il Regno Unito ha vietato le importazioni russe di petrolio e carburante all’inizio di marzo, così come gli Stati Uniti. Per entrambi i Paesi petrolio e combustibili russi rappresentano una piccola parte delle importazioni totali di petrolio. Tuttavia, i divieti hanno avuto un forte effetto negativo sui prezzi al dettaglio del carburante sia nel Regno Unito che negli USA, anche se in terra britannica il divieto dovrebbe avvenire gradualmente, entro la fine dell’anno. C’è da meravigliarsi, quindi, che l’Unione Europea, dopo i negoziati indubbiamente intensi della scorsa settimana, non sia riuscita a raggiungere un accordo sul divieto delle importazioni di petrolio e carburante russi?

La Russia fornisce il 29% del petrolio greggio e il 51% dei prodotti petroliferi consumati in Europa. Inoltre, secondo Eurostat, due anni fa l’UE ha ricevuto quasi il 97% del petrolio e dei prodotti petroliferi da fonti esterne. In altre parole, per quanto riguarda il petrolio, l’UE è più dipendente dalle importazioni dell’India.

LA QUESTIONE DELL’EMBARGO PETROLIFERO

Ovviamente, con un tale livello di dipendenza, un embargo petrolifero sul principale fornitore dell’Europa sarebbe un disastro. Ciò significa che le discussioni tenutesi la scorsa settimana e riportate dai media probabilmente non erano altro che una “mossa politica”. Era ovvio dal primo giorno che un embargo di questo tipo non sarebbe avvenuto molto presto: un immediato embargo petrolifero sulle importazioni russe da un giorno all’altro “significherebbe far precipitare il nostro Paese e l’intera Europa in una recessione”, ha affermato la scorsa settimana il cancelliere tedesco, Olaf Sholz.

“La questione di un embargo petrolifero non è una fatto di volerlo o meno, ma di quanto dipendiamo dal petrolio”, ha detto la scorsa settimana il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Berbock. “La Germania importa molto petrolio russo, ma ci sono anche altri Stati membri che non possono fermare le importazioni di petrolio da un giorno all’altro”.

Ciò che i funzionari sembrano dirci è che l’UE – proprio come l’India o la Cina, ma anche il resto d’Europa – ha una dipendenza dal petrolio e abbandonarla è molto più facile a dirsi che a farsi, nonostante tutto il lavoro svolto dai governi UE per avere un minor consumo di petrolio, almeno sotto forma di carburanti per auto, incoraggiando l’elettrificazione dei trasporti. Non c’è da stupirsi, quindi, che oltre al piano in 10 punti dell’AIE per ridurre la domanda di petrolio, le forniture alternative siano considerate un rimedio alla situazione attuale.

LA RICHIESTA DELL’UCRAINA E LA POSIZIONE DEI PAESI MEDIORIENTALI

Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, recentemente ha esortato i produttori di petrolio del Medio Oriente ad aumentare la loro produzione per aiutare l’Europa a ridurre la sua dipendenza dalla Russia. “Possono fare molto per ripristinare la giustizia. Il futuro dell’Europa dipende dai vostri sforzi. Vi chiedo di aumentare la produzione di energia per garantire che tutti in Russia capiscano che nessun Paese può usare l’energia come arma e ricattare il mondo”, ha detto Zelensky al Forum di Doha della scorsa settimana.

Finora gli Stati petroliferi del Golfo hanno dimostrato una evidente riluttanza ad aumentare la produzione o a condannare le azioni della Russia. Gli Emirati Arabi Uniti stanno stringendo legami più forti con la Russia, e l’Arabia Saudita ha riaffermato il suo impegno per l’accordo OPEC+ con la Russia e le repubbliche dell’Asia centrale. A meno che non ottenga il supporto di sicurezza che desidera dagli Stati Uniti e dall’Europa, è improbabile che il principale produttore OPEC si muova in questa direzione.

Anche con le garanzie, è abbastanza improbabile che il Medio Oriente accetti di prendere il posto della Russia in Europa. L’Europa, quindi, dipende in modo schiacciante dal petrolio e dal gas stranieri e, più specificamente, dal petrolio e dal gas russo. Nonostante gli sforzi per diversificare e liberarsi dai combustibili fossili, petrolio e gas rimarranno essenziali per le economie europee.

Un piano in 10 punti difficilmente aiuterà a cambiare la situazione in modo significativo, e nessuno dei due farebbe appello ai produttori mediorientali: quale esportatore di petrolio desidera un mercato che vuole ridurre il suo consumo di petrolio?

LA GUERRA RUSSIA-UCRAINA E I SUOI RISVOLTI NEL SETTORE ENERGETICO

Intesa Sanpaolo, nel suo ultimo report, scrive che “la guerra russo-ucraina avrà un impatto significativo sull’economia europea, riducendo la crescita reale e innalzando nettamente il profilo dell’inflazione, con ricadute meno importanti sulle altre economie avanzate. Lo scenario è però ancora molto incerto, sia per la difficoltà di prevedere gli sviluppi della crisi e le sue ripercussioni sul mercato dell’energia, sia perché la risposta di politica economica è ancora in via di definizione. La rimozione dello stimolo monetario proseguirà nel 2022, e più rapidamente di quanto previsto tre mesi fa”.

Secondo il report, l’impatto sull’Europa “è veicolato soprattutto dal canale commerciale e dal canale energetico. Potrebbero osservarsi anche conseguenze su alcune catene di approvvigionamento, per ora difficili da valutare, se le esportazioni di alcune materie prime non energetiche e beni intermedi saranno interrotte”. Ma se da un lato “la modesta dimensione delle economie di Russia e Ucraina (assorbono meno del 2% dell’export globale)” fa si che “il canale commerciale riveste importanza prevalentemente locale” “l’impatto della crisi sui prezzi energetici ha riflessi globali – sebbene anche questo sia decisamente più intenso in Europa, a motivo della forte dipendenza dall’import di gas naturale, di petrolio e di derivati del petrolio dalla Russia.

Nello scenario centrale del rapporto il prezzo medio del petrolio Brent nel 2022 è del 59% più alto rispetto alle proiezioni di dicembre 2021; per il gas naturale, il divario è del 144%, e resta del 75% anche nel 2023. L’assunto è che l’accordo di pace fra Russia e Ucraina, quando arriverà, non arresterà il disimpegno europeo dalle forniture russe di petrolio e gas; i prezzi dovrebbero restare elevati come riflesso delle tensioni causate dalla riprogrammazione dei flussi energetici”.

Ieri prezzi del petrolio in discesa, in vista di un accordo di pace tra Russia ed Ucraina. Il greggio Brent è sceso di 6,51 dollari, o del 5,8%, a 105,97 dollari al barile alle 13.42. Il greggio statunitense West Texas Intermediate, Wti, è sceso di 6,41 dollari, o del 6%, a 99,55 dollari. Entrambi i benchmark hanno perso circa il 7% lunedì. “I prezzi del petrolio sono nuovamente sotto pressione a causa delle aspettative sui colloqui di pace tra Ucraina e Russia, che potrebbero portare a un allentamento delle sanzioni”, ha affermato Hiroyuki Kikukawa, direttore generale della ricerca presso Nissan Securities.

LE RIPERCUSSIONI DI UN EVENTUALE BLOCCO DI GAS E PETROLIO SULLA GERMANIA

Secondo l’istituto tedesco di ricerca economica DIW, “un embargo tedesco contro l’import di petrolio , gas e carbone russi porterebbe un calo del PIL tedesco del 3% nei prossimi 18 mesi. L’economia tedesca, per adattarsi permanentemente a non procurarsi più petrolio e gas dalla Russia, potrebbe impiegare fino a 10 anni.

L’arresto del flusso energetico dalla Russia alla Germania porterebbe gravi danni anche e soprattutto alla Russia, perché la vendita di una parte delle sue fonti energetiche al mercato cinese avverrebbe solo con grandi sconti. Per questo motivo – conclude l’istituto DIW – “un embargo destabilizzerebbe l’economia russa e potrebbe portare il governo russo a fermare la sua guerra all’Ucraina”.

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