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Robert Habeck, Germania

Perché (e come) la Germania vuole riabilitare la cattura e stoccaggio di carbonio

Che cosa c’è nel piano presentato stamani dal ministro dell’Economia e della protezione del clima Robert Habeck

“Oggi prendiamo una decisione di direzione pragmatica e responsabile: Ccs e Ccu devono essere resi possibili in Germania”. Con queste parole, tra l’altro, il ministro tedesco dell’Economia e della protezione del clima, esponente del partito dei Verdi, ha presentato oggi un piano per la cattura, lo stoccaggio e l’uso del carbonio. Una delle risorse nel complesso puzzle della transizione energetica verso la neutralità climatica, che in Italia vede attive Eni e Snam in un importante progetto a Ravenna.

Tutti i dettagli.

ROBERT HABECK SPALANCA LE PORTE ALLA CCS E ALLA CCU IN GERMANIA

“Senza Ccs non possiamo raggiungere gli obiettivi climatici”, ha detto chiaramente Habeck. “La tecnologia è anche importante per la competitività della nostra Germania come sede industriale. Rinunciare a questo ci darebbe degli svantaggi competitivi e ci costerebbe caro”.

“Permetteremo anche lo stoccaggio offshore ma escludiamo le aree marine protette. Con il permesso, ci uniamo ai nostri vicini europei come la Norvegia e molti altri Stati. In questo modo ci assumiamo la responsabilità invece di spostarla sugli altri”, ha aggiunto. Per il ministro, “la tecnologia Ccs è solo un’aggiunta necessaria alla politica climatica. Al centro dei nostri sforzi c’è sempre quello di non lasciare che le emissioni si sono prodotte in primo luogo. Ecco perché stiamo sforzando l’espansione delle energie rinnovabili con enorme forza e successo. Stiamo guidando la costruzione di un’economia dell’idrogeno, l’eliminazione graduale delle fonti di energia fossili, una maggiore efficienza energetica e un’economia circolare. Tutto questo è protezione del clima. Ma la Germania ha l’obiettivo di essere neutrale per il clima entro il 2045. Questo è molto ambizioso. E ci sono emissioni nell’industria che sono molto difficili o per niente evitabili. Questo è particolarmente vero per la produzione di cemento e calce e per il trattamento termico dei rifiuti. Qui dobbiamo separare e immagazzinare la CO2 rimanente. Solo allora possiamo mantenere queste industrie in Germania e raggiungere i nostri obiettivi climatici nell’industria”.

Strada spianata, dunque? “Ora guardiamo indietro a molti anni di ricerca, sperimentazione e applicazione della tecnologia Ccs”, ha ricordato il ministro. “Con questa ricchezza di esperienza, oggi possiamo dire: questa tecnologia è sicura. I rischi – come quelli nell’industria mineraria o chimica – sono gestibili. Anche la Germania non è sola se permettiamo la Ccs. Al contrario. Molti paesi industrializzati stanno già facendo grandi passi avanti nello sviluppo della tecnologia. La Germania agisce qui in un concerto europeo e internazionale. Con questa decisione, permettiamo anche alle aziende tedesche di costruire qui il know-how e assicurare così la creazione di valore futuro con la tecnologia Ccs/Ccu”.

Il ministro ha aggiunto, poi, che “per ristabilire un equilibrio sostenibile nell’atmosfera, abbiamo anche bisogno di emissioni negative. Un’opzione importante è quella di rafforzare i serbatoi naturali di Co2 come i suoli e le torbiere. Ma questo da solo non sarà sufficiente con tutti gli sforzi. Dobbiamo anche fare con la tecnologia e creare i cosiddetti lavani tecnici. Anche per questo abbiamo bisogno di un’infrastruttura Ccs. Anche la mia casa sta quindi lavorando a pieno ritmo su una strategia per le emissioni negative. Diventa una sorta di strategia sorella per la strategia di gestione del carbonio”.

COSA PREVEDE IL PROGETTO?

Il progetto presentato oggi dal ministero dell’Economia e della protezione del clima prevede la creazione di un chiaro quadro giuridico per la costruzione di un’infrastruttura di gasdotti di Co2, aprendo poi allo stoccaggio offshore, cioè da realizzare nella zona economica esclusiva tedesca (nel mare del Nord tedesco) o nella piattaforma continentale, entro limiti ristretti e con l’esclusione di un’iniezione di anidride carbonica nelle aree marine protette. Lo stoccaggio onshore, invece, non sarà ancora possibile.

Come ricorda la Faz, citando un’analisi accademica, “nel 2045 saranno ancora prodotte da 34 a 73 milioni di tonnellate di CO2; attualmente è dieci volte più, 670 milioni di tonnellate all’anno. L’economista Ottmar Edenhofer, direttore del Potsdam-Institute for Climate Impact Research PIK, ha stimato il volume dopo il 2040 per le industrie hard-to-abate e per l’allora necessario Air-Capture-Process a 50 milioni di tonnellate all’anno. I politici stanno già creando le condizioni per questo attraverso una strategia a lungo termine”.

LE REAZIONI DELLE ONG VERDI ALLA STRATEGIA DI HABECK

Citate da Euractiv, alcune organizzazioni ambientaliste non hanno preso bene questa svolta tedesca verso la Ccs/Ccu. Il gruppo Nabu, ad esempio, parla di “segnale sbagliato di voler includere ora le emissioni delle centrali elettriche a combustibili fossili anche qui”.

Mentre Germanwatch ha parlato di “minaccia” a “distruggere l’accettazione sociale di qualsiasi tipo di Ccs in Germania”.

I PROGETTI DI ENI (E SNAM) IN ITALIA E REGNO UNITO

Quanto all’Italia, Eni è impegnata anche nella cattura e stoccaggio del carbonio con progetti in Romagna (a Ravenna) ma anche all’estero, nel Regno Unito.

L’hub romagnolo opererà dal 2026 con una portata di 4 Mton annue al 2030 che supereranno poi i 16 Mton dopo l’inizio del nuovo decennio per una capacità totale di stoccaggio di 500+ Mton di Co2.

Nel Mare d’Irlanda, invece, il progetto HyNet North West permetterà di catturare  l’anidride carbonica prodotta dalle industrie sulla terraferma e di immagazzinarla definitivamente e in maniera sicura nei campi a gas esauriti. Verranno stoccati 4,5 Mton all’anno dalla seconda metà del decennio in corso, con un potenziale che toccherà i 10 mln di ton/a dopo il 2030.

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