L’associazione delle nuove energie lancia la controproposta: l’obbligo di copertura sia a carico dei fornitori, non dei consumatori, per non frenare la transizione e la competitività industriale.
Un nuovo allarme arriva dal cuore del settore energetico tedesco. Secondo una recente analisi dell’Associazione federale delle nuove energie (Bundesverband Neue Energiewirtschaft, BNE), l’introduzione di un mercato della capacità per sostenere le centrali a gas potrebbe comportare oneri cumulativi tra 340 e 435 miliardi di euro entro il 2050. A pagare il conto, avverte l’organizzazione, sarebbero famiglie e imprese, con un impatto che rischia di frenare la competitività industriale e rallentare il percorso della transizione energetica.
L’analisi arriva in un momento cruciale, mentre Berlino si prepara a ridefinire il quadro normativo per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico nei prossimi decenni.
UN MECCANISMO COSTOSO PER LA SICUREZZA ENERGETICA
La Germania, come molte altre economie avanzate, deve affrontare una crescente sfida di bilanciamento del sistema elettrico: garantire energia stabile anche nei momenti in cui la produzione da fonti rinnovabili, come sole e vento, si riduce. Per questo motivo il governo federale ha proposto di introdurre un “mercato della capacità”, un meccanismo che remunera gli operatori non solo per i kilowattora effettivamente generati, ma anche per la semplice disponibilità di potenza che può essere attivata in caso di necessità. L’obiettivo è assicurare la stabilità della rete e incoraggiare nuovi investimenti nella generazione flessibile.
Tuttavia, secondo la BNE, questo sistema rischia di pesare in modo eccessivo sui consumatori e sull’industria. Basandosi sui dati del rapporto ufficiale di monitoraggio della transizione energetica recentemente illustrato dalla ministra dell’Energia Katherina Reiche, l’associazione ha applicato una stima ministeriale di due centesimi per chilowattora alle previsioni di consumo elettrico fino al 2050, giungendo a un risultato allarmante.
L’amministratore delegato della BNE, Robert Busch, ha sottolineato come “per la prima volta, questi numeri rendano visibile la reale entità dei costi che ricadrebbero sull’economia e sui cittadini”. L’impatto sarebbe concreto anche a livello domestico: una famiglia media con un consumo annuo di 4000 chilowattora vedrebbe la bolletta aumentare di circa 80 euro l’anno, mentre per le industrie energivore (come chimica, acciaio, metallurgia e produzione di materiali da costruzione) l’aggravio sarebbe di milioni di euro. Un’impresa con un fabbisogno di 100 gigawattora annui potrebbe trovarsi a dover sostenere costi supplementari dell’ordine di due milioni di euro ogni anno, un fattore che, secondo la BNE, potrebbe erodere la competitività del tessuto produttivo tedesco nel contesto europeo e globale.
CRITICHE STRUTTURALI E PROPOSTE ALTERNATIVE
Oltre alla questione economica, l’associazione individua debolezze strutturali nel modello proposto. Il mercato della capacità, sottolinea il rapporto, si basa su previsioni di domanda energetica difficili da verificare e non crea incentivi alla flessibilità o all’innovazione.
Un ulteriore punto critico riguarda il trattamento delle tecnologie emergenti. Il meccanismo, concentrandosi principalmente sulla potenza installata, rischierebbe di penalizzare soluzioni come l’accumulo energetico, le reti intelligenti e la gestione della domanda, tutte componenti fondamentali per un sistema elettrico moderno e a basse emissioni. Inoltre, la BNE evidenzia il rischio che gli incentivi si concentrino sulle centrali a gas di riserva, con benefici limitati in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
Per evitare che i costi ricadano interamente su consumatori e industria, l’associazione propone l’introduzione di un obbligo di copertura, secondo cui i fornitori dovrebbero assicurare la disponibilità di energia tramite il mercato a termine o attraverso la produzione propria, senza meccanismi di compensazione statale. Tale modello, spiega la BNE, sarebbe più coerente con i principi di mercato, eviterebbe ulteriori oneri per i consumatori e indirizzerebbe gli investimenti verso i segmenti del sistema energetico realmente necessari per la transizione.