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GNL

Gnl, ripartono i colloqui per il riavvio dell’impianto di Damietta

Il riavvio dell’impianto Gnl Damietta interessa l’Egitto che ha un surplus di gas da esportare ed Eni che gestisce l’impianto in Joint venture con Naturgy

Sono ripartiti i colloqui per la ricerca di un nuovo accordo in grado di consentire il riavvio dell’impianto di esportazione di Gnl di Damietta in Egitto. Ad annunciarlo un portavoce del partner di progetto Eni secondo quanto riferito da S&P Global Platts. Il precedente accordo, concordato a febbraio, era fallito ad aprile dopo che alcuni termini dell’intesa non erano stati rispettati.

DAMIETTA LNG INATTIVA DAL 2012

Il riavvio di Damietta, inattiva dal 2012, fornirebbe un’ulteriore possibilità di esportazione per l’Egitto, che attualmente ha un surplus di gas. “Le parti hanno ripreso le trattative per cercare di impostare il quadro di un possibile nuovo accordo per risolvere tutte le controversie legali esistenti e per riavviare l’impianto”, ha detto il portavoce di Eni.

Una fonte del settore ha anche aggiunto che gli egiziani sono interessati ad accelerare i colloqui.

LA PROPRIETA’ DELL’IMPIANTO

Damietta LNG è attualmente gestita da Union Fenosa Gas, una joint venture 50-50 tra Eni e la spagnola Naturgy. In base all’accordo di febbraio, la quota dell’80% di UFG in Damietta doveva essere divisa tra Eni (50%) e la società statale del gas EGAS (30%), il che significa che gli azionisti di Damietta sarebbero stati Eni (50%), EGAS (40%) e la società petrolifera statale EGPC (10%). L’intesa avrebbe anche visto Naturgy uscire dal progetto e ricevere 600 milioni di dollari in contanti e la maggior parte delle attività di UFG al di fuori dell’Egitto.

Naturgy al momento, ha riferito S&P Global Platts, ha rifiutato di commentare le sue intenzioni su Damietta LNG.

CROLLO DELLE ESPORTAZIONI DI GNL

L’Egitto attualmente esporta solo dall’impianto di Idku da 7,2 milioni di tonnellate / anno gestito da Shell, ma i bassi prezzi globali del Gnl hanno portato a un crollo quasi totale delle spedizioni.

Ad agosto, l’Egitto aveva completato la sua prima esportazione di carichi di Gnl da marzo, con una spedizione da Idku verso Taiwan, secondo i dati di S&P Global Platts Analytics e del software di flusso commerciale Platts cFlow.

Le esportazioni egiziane di Gnl si sono arrestate alla fine di marzo quando i prezzi spot del gas liquefatto sono scesi ai minimi storici, con il prezzo spot del Gnl asiatico JKM che è sceso a soli 1,825 dollari / MMBtu alla fine di aprile.

L’Egitto fa parte di un piccolo gruppo di esportatori di Gnl con esposizione spot costretti a ridurre la produzione a causa dei prezzi bassi. Negli ultimi mesi però il prezzo del JKM è aumentato ed è stato valutato da Platts l’8 ottobre a 5,39 dollari / MMBtu, al di sopra del costo di pareggio della produzione di Gnl stimato in Egitto. Secondo cFlow, tuttavia, nessun carico è partito da Idku da agosto.

LODO ARBITRALE

La situazione con Damietta LNG è complicata da una controversia legale sul risarcimento dovuto agli operatori dopo il fermo all’impianto nel 2012.

UFG ha ricevuto 2 miliardi di dollari dal Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti della Banca mondiale dopo che il gas di alimentazione all’impianto è stato dirottato dall’Egitto verso il mercato interno. L’accordo di febbraio aveva previsto la risoluzione di tutte le controversie in sospeso. Ma poi, appunto, tutto è tornato in alto mare.

PERCHE’ È FALLITO L’ACCORDO DI FEBBRAIO

Naturgy, dal canto suo, già lo scorso aprile aveva annunciato che avrebbe continuato a portare avanti le sue richieste per assicurarsi la quota del 50% del risarcimento dal governo egiziano dopo il fallimento dell’accordo.

La risoluzione della trattativa è stata innescata in parte dall’incapacità dei lavoratori di accedere allo stabilimento a causa della pandemia di coronavirus e in parte da una svalutazione dell’asset per il crollo dei prezzi, secondo una testimonianza raccolta dal sito economico.

La fonte ha affermato che una delle condizioni principali per far avanzare l’accordo di febbraio era che l’impianto iniziasse a funzionare prima del completamento dell’intesa. I lavori per riportare l’impianto al funzionamento normale avrebbero dovuto richiedere tre mesi, il che significa che la scadenza di giugno per il riavvio dell’impianto non sarebbe stata rispettata.

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