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Co2

Aste Co2, Gse: mercato in linea con le commodity energetiche

L’Italia ricava oltre 340 milioni di euro dal collocamento di quasi 24 milioni di quota di emissione

L’Italia ricava oltre 340 milioni di euro (+200% sullo stesso trimestre del 2017) dal collocamento di quasi 24 milioni di quota di emissione (EUA o European Emission Allowances), confermando il record storico di incassi nel periodo.  È quanto rileva il Rapporto GSE sulle Aste di quote europee di emissione – II trimestre 2018 che sintetizza l’andamento  trimestrale del mercato della CO2, dal lato della regolazione e dei trend dei principali mercati energetici connessi.

MERCATO FORTEMENTE ALLINEATO RISPETTO AL COMPARTO ENERGETICO

“Il mercato si è mostrato fortemente allineato rispetto al comparto energetico, diversamente dal trimestre passato, registrando però continuità in termini di vivacità e segnale di prezzo: all’aumento nei prezzi si associa, inoltre, un incremento della partecipazione, un aumento dei contratti siglati e volumi di EUA negoziate”, rileva il Gse sottolineando che in termini di supporto del prezzo delle EUA nella sostituzione del carbone con il gas nella generazione elettrica, il differenziale Switching price – EUA, pur riducendosi rispetto al trimestre precedente, si attesta a 10 euro, permanendo a livelli più elevanti del 2017 (+6 euro sul I trim. 2017).

CON NUOVI OBIETTIVI FER PERICOLO ‘DISALLINEAMENTO’ TRA POLICY DECARBONIZZAZIONE E ‘DISARMONIA’ TRA I FONDAMENTALI DEL MERCATO

Il Gse ricorda, tuttavia, che con l’intesa raggiunta a livello Ue, gli obiettivi europei 2030 per FER ed efficienza energetica sono ora più ambiziosi: “Una mancata revisione dell’obiettivo per i gas serra comporta, però, un ‘disallineamento’ tra le policy per la decarbonizzazione e una ‘disarmonia’ tra i fondamentali del mercato. In sostanza “l’incremento di riduzioni delle emissioni derivante da un maggior sviluppo delle rinnovabili e ed efficienza energetica, come già accaduto in passato, farebbe aumentare il divario tra il tetto emissivo (cap) e le emissioni verificate (al 2017 pari a circa il 9% del cap), andando così ad accrescere il surplus di quote nel mercato della CO2 ed a “sgonfiare” il prezzo delle quote, il quale potrebbe poi non risultare sufficiente a promuovere riduzioni delle emissioni in modo economicamente efficiente e tecnologicamente neutrale.

DUE POSSIBILI OPZIONI TECNICHE PER RISOLVERE IL PROBLEMA

La Riserva di stabilità, osserva il Gse “potrebbe essere in grado di assorbire solo una parte del surplus aggiuntivo, considerando che già ora sul mercato c’è un surplus di oltre 1,6 miliardi di EUA e che, solo per i primi 5 anni di funzionamento, sarà possibile il prelievo per una percentuale del 24% del surplus in circolazione”. Per questo il Gestore dei servizi energetici ha analizzato, due possibili opzioni tecniche per allineare l’EU ETS agli altri strumenti “sovrapposti”: “La riduzione delle emissioni al 2030 dovrebbe essere portata ad oltre il 48% delle emissioni del 2005. Si potrebbe tecnicamente agire in due modi per raggiungere tale traguardo, mantenendo un andamento lineare nel taglio del tetto emissivo” vale a dire o “incrementare il fattore lineare di riduzione (FLR)” o “ridurre il cap a decorrere dal 2021 ad un valore allineato alle emissioni verificate più recenti”.

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