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idrogeno oro bianco

Idrogeno naturale, in tutto il mondo è corsa all’oro bianco

Da una ricerca di Rystad Energy è emerso che, alla fine del 2023, vi erano 40 aziende alla ricerca di depositi naturali di idrogeno, rispetto alle sole 10 del 2020

Non solo quello verde, cioè ottenuto da fonti rinnovabili. Negli ultimi tempi si è sviluppato un forte interesse a livello globale anche attorno all’idrogeno naturale, il cosiddetto “idrogeno bianco”, poiché viene considerato un potenziale punto di svolta nella ricerca di fonti energetiche economicamente vantaggiose e a basse emissioni di carbonio.

Una ricerca di Rystad Energy mostra che, alla fine dello scorso anno, 40 aziende erano alla ricerca di depositi naturali di idrogeno, rispetto alle sole 10 del 2020. Attualmente sono in corso degli sforzi esplorativi in Australia, Stati Uniti, Spagna, Francia, Albania, Colombia, Corea del Sud e Canada.

I VANTAGGI DELL’IDROGENO BIANCO

Uno degli elementi più promettenti dell’idrogeno bianco è il suo vantaggio in termini di costi rispetto ad altre forme del gas, grazie alla sua presenza naturale. L’idrogeno grigio, prodotto da combustibili fossili, costa in media meno di 2 dollari al kg, mentre il verde attualmente è oltre tre volte più costoso. Si prevede che il costo dell’idrogeno rinnovabile diminuirà, man mano che il prezzo degli elettrolizzatori nei prossimi anni diminuirà, eppure l’idrogeno bianco sarà comunque più economico.

Attualmente, il produttore canadese Hydroma estrae l’idrogeno bianco ad un costo stimato di 0,5 dollari al kg. A seconda della profondità e della purezza del giacimento, i progetti in Spagna e Australia puntano ad un costo di circa 1 dollaro al kg, consolidando la competitività dei prezzi.

BASSA INTENSITÀ DI CARBONIO

Oltre al vantaggio in termini di costi, l’idrogeno bianco può avere anche una bassa intensità di carbonio. Con un contenuto di idrogeno dell’85% e una contaminazione da metano minima, l’intensità carbonica è di circa 0,4 kg di anidride carbonica equivalente (CO2e) per kg di idrogeno gassoso (H2), incluse le emissioni incorporate. Con il 75% di idrogeno e il 22% di metano, l’intensità sale a 1,5 kg di CO2e per kg di H2.

“Sebbene sia ancora nella fase iniziale e con molte incertezze – ha spiegato Minh Khoi Le, responsabile ricerca gas di Rystad Energy – l’idrogeno bianco ha il potenziale per cambiare le regole del gioco nel settore dell’idrogeno pulito come risorsa naturale pulita ed economica, spostando il ruolo di questo gas da vettore energetico a parte della fornitura di energia primaria. Tuttavia, la dimensione effettiva delle riserve non è ancora chiara e permangono le sfide del trasporto e della distribuzione”.

LA PRIMA SCOPERTA NEL 1987 IN MALI

Nonostante la prima scoperta accidentale avvenuta circa 37 anni fa in Mali, in precedenza si riteneva improbabile l’accumulo di idrogeno nel sottosuolo a causa della capacità del gas di filtrare attraverso gli strati rocciosi. Tuttavia, oggi sono disponibili nuovi strumenti, come le sonde a gas, che sono in grado di rilevare il gas disciolto nelle formazioni rocciose a profondità fino a 1.500 metri. Queste sonde utilizzano spettrometri per misurare e analizzare i gas disciolti in pozzi profondi. I ricercatori attualmente stanno sviluppando delle sonde in grado di raggiungere profondità maggiori, fino a 3.000 metri sottoterra.

DOVE SI TROVA E COME SI OTTIENE L’IDROGENO BIANCO

L’idrogeno bianco viene prodotto principalmente attraverso reazioni naturali, come la serpentinizzazione, in cui l’acqua reagisce con minerali ricchi di ferro a temperature elevate. Una serpentinizzazione migliorata, utilizzando dei catalizzatori come la magnetite, potrebbe aiutare ad accelerare le reazioni naturali di produzione del gas.

La radiolisi dell’acqua è un’altra fonte di idrogeno naturale. Questo processo coinvolge gli elementi radioattivi all’interno della crosta terrestre che dividono l’acqua a causa delle radiazioni ionizzanti.

I PROGETTI SULL’IDROGENO NEI DIVERSI PAESI

Alcuni Paesi, come la Francia e gli Stati Uniti, hanno promesso un sostegno finanziario per accelerare l’esplorazione e l’estrazione di progetti di idrogeno presenti in natura. Attualmente esiste un solo progetto operativo sull’idrogeno bianco a Bourakebougou, in Mali, che produce circa 5 tonnellate di gas all’anno. Questo progetto su piccola scala è in funzione da un decennio e fornisce energia ad un villaggio. Gli altri progetti, in varie parti del mondo, sono ancora in una fase iniziale di esplorazione, con la prima produzione europea di idrogeno naturale che dovrebbe iniziare nel 2029.

L’IDROGENO BIANCO IN ITALIA

E in Italia? Il PNRR riserva 3,64 miliardi di euro per promuovere l’industria dell’idrogeno nel nostro Paese, e proprio questi fondi finanziano il progetto NHEAT (Natural Hydrogen for Energy Transition)  , lanciato alla fine dello scorso anno.

Il NHEAT, nei prossimi due anni, vedrà impegnati i ricercatori dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse e dell’Istituto dei Geologia ambientale e Geoingegneria del CNR, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università “La Sapienza” di Roma e con la sezione INGV di Palermo.

IL PROGETTO NHEAT NEL LAZIO E IN LIGURIA

Come ha spiegato il mese scorso a La Repubblica Chiara Boschi, ricercatrice dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, “in Italia, soprattutto nella zona tirrenica, ci sono tutti gli ingredienti per la formazione di idrogeno naturale, specie attraverso l’ossidazione di minerali di ferro, ma manca ancora la ricetta”.

Il progetto NHEAT studierà l’esplorazione di idrogeno bianco nel Lazio e in Liguria, due regioni caratterizzate da rocce serpentinitiche e rocce basaltiche, ricche di minerali di ferro. “Monitoreremo in particolar modo le zone di faglia – ha aggiunto Boschi – in quanto aree preferenziali di fuoriuscita di gas e fluidi, per individuare delle emissioni che ci riconducano a processi di formazione di idrogeno naturale in profondità. L’obiettivo del NHEAT è migliorare la nostra conoscenza su questi processi”.

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