Secondo Daniel Yergin, la corsa al “net zero” ha trascurato sicurezza energetica, costi e divari globali. La crescita dell’intelligenza artificiale e la domanda di rame e gas rischiano di complicare la transizione energetica
La corsa globale verso la transizione energetica rischia di essere stata costruita su illusioni e sottovalutazioni. È l’allarme lanciato da Daniel Yergin, vice chairman di S&P Global, premio Pulitzer e tra i massimi esperti mondiali di energia, in un’intervista a Il Corriere della Sera. Secondo lo storico e analista, il dibattito attorno al “net zero” ha spesso dimenticato la realtà economica e geopolitica che lo circonda.
YERGIN: “TRANSIZIONE ENERGETICA FRAINTESA”
“Credo che la transizione energetica sia stata fraintesa: pensare di trasformare un’economia mondiale da 115 mila miliardi di dollari in 25-30 anni era irrealistico”, osserva Yergin. “I costi sono stati sottostimati, la sicurezza energetica dimenticata. E c’è una netta spaccatura Nord-Sud: i Paesi in via di sviluppo hanno altre priorità, come crescita economica e riduzione della povertà”.
Il vice chairman di S&P Global punta il dito contro due fattori chiave rimasti ai margini della discussione: la disponibilità di minerali critici – indispensabili per batterie e infrastrutture elettriche – e l’impatto crescente dell’intelligenza artificiale sul fabbisogno energetico. Oggi i data center assorbono già il 4% dell’elettricità americana; tra cinque anni, secondo Yergin, arriveranno ad almeno il 10%. Un boom che “riporterà il gas naturale al centro della scena e moltiplicherà la domanda di rame, il metallo dell’elettricità”.
OBIETTIVO 2050 MOLTO DIFFICILE
L’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 è “molto difficile, soprattutto per la pressione che esercita sulla base industriale”, secondo Yergin. La guerra in Ucraina ha accelerato lo sganciamento dal gas e dal petrolio russi, ma il vuoto è stato riempito in gran parte dal gas naturale liquefatto (Gnl) statunitense. “Gli Usa sono diventati fornitori centrali, ma non esclusivi”, spiega.
“Putin ha sopravvalutato il potere dell’arma energetica. Il boom del Gnl, in particolare quello americano, ne ha neutralizzato l’effetto”, aggiunge.
TRANSIZIONE IN BILICO?
Le parole di Yergin riportano al centro un nodo spesso eluso nei vertici internazionali: la transizione non è solo una sfida tecnologica, ma anche politica, industriale e sociale. Da un lato, la necessità di ridurre le emissioni e combattere il cambiamento climatico; dall’altro, l’urgenza di garantire energia accessibile, sicura e sufficiente per alimentare un’economia globale sempre più digitale.