Green Deal, Aree Idonee, transizione elettrica e automotive. L’intervista di Energia Oltre a Chicco Testam presidente di Assoambiente
L’Ue deve tornare al principio della neutralità tecnologica, comprendere il nuovo contesto globale e proteggere i settori strategici: automotive e nucleare. Chicco Testa, presidente di Assoambiente, chiede un cambio di passo deciso a Bruxelles. A breve l’Ue sarà invasa da modelli cinesi low-cost prodotti sul suolo europeo, danneggiando ancora di più la competitività dell’automotive Ue. Servono più investimenti sui sistemi di ricarica per convincere le persone ad acquistare più auto elettriche. Ma sono ancora troppo costose per diventare popolari, secondo Testa. Gli incentivi drogano il sistema e creano bolle, ma se è la strada scelta i fondi del Pnrr dovrebbero essere destinati al rinnovamento del parco auto italiano. Gli investimenti maggiori, invece, andrebbero fatti sui sistemi di ricarica, secondo il presidente di Assoambiente.
Il nuovo Parlamento europeo sembra pronto a rivedere le politiche climatiche ed energetiche messe in campo negli ultimi anni. Come e quanto dovrebbe cambiare il Green Deal per favorire la decarbonizzazione senza mettere a rischio l’industria europea? Il posticipo delle multe per i produttori di auto inquinanti è un primo passo, quali dovrebbero essere i prossimi da compiere?
È fondamentale tornare al principio della neutralità tecnologica, quindi si fissino obiettivi generali lasciando ai diversi sviluppi tecnologico come raggiungere questi obiettivi. Secondo, Bruxelles dovrebbe tenere maggiore conto della competitività dell’industria europea, proteggere i settori in cui abbiamo una qualche forma di ricerca tecnologica. Negli ultimi 5 anni la Commissione ha cercato di ammazzare il nucleare, ma anche l’automotive. Le case automobilistiche dell’Ue forse hanno ancora una posizione importante. Terzo deve tenere conto del contesto mondiale completamente mutato. La battaglia dei dazi stravolge completamente la libertà di commercio.
Il tema mi sembra sia anche capire se vogliamo continuare a considerare la Cina come il grande nemico
Certo, non dimentichiamo anche il potenziale commerciale dell’India. In generale, i dazi comportano un aumento dei costi interni, hanno carattere regressivo perché gravano di più sulla povera gente e producono inflazione.
La transizione elettrica sembra rallentare, la proposta di spostare i fondi del Pnrr dalle colonnine di ricarica agli incentivi alla rottamazione delle auto è solo l’ultimo esempio. Gli incentivi possono davvero aiutare il passaggio alle auto elettriche?
Ho sempre molti dubbi sugli incentivi perché drogano l’economia e creano bolle che poi si sgonfiano. Tuttavia, se vogliamo diminuire le emissioni, gli incentivi andrebbero destinati al rinnovamento del parco automobilistico italiano. Se sostituisco una vettura Euro 2 con una Euro 6, oppure una endotermica con una elettrica forse ottengo gli stessi risultati. Inoltre, dobbiamo considerare che le automobili più mentre le vetture elettriche sono acquistate principalmente dagli abitanti delle metropoli che hanno la disponibilità di ricarica, data principalmente dai garage piuttosto Penso che il limite principale sia la mancanza della certezza della ricarica, quindi gli investimenti maggiori andrebbero fatti sui sistemi di ricarica. A breve poi arriveranno prodotti cinesi prodotti in Ue a basso costo. Hanno già annunciato che costruiranno uno stabilimento in Ungheria.
Mesi fa si parlava di accordi per attrarre i produttori cinesi, ma sembra un tema sparito dalla discussione, perché secondo lei?
La risposta è che le aziende cinesi hanno deciso di andare verso quei Paesi che si sono opposti ai dazi europei.
Cosa si dovrebbe cambiare nel DM Aree Idonee e cosa, invece, salvare? Siamo in presenza di una grande contraddizione. I talebani delle rinnovabili sostengono che basterebbe l’1% del territorio nazionale per installare le potenze previste. Peccato che questo non tenga conto di diversi elementi. Prima di tutto, l’Italia è un Paese montuoso, quindi buona parte delle aree non sono idonee per l’installazione di pannelli fotovoltaici. La Pianura Padana sarebbe ideale per struttura del territorio, ma ha un irraggiamento inferiore del Centro Sud. Inoltre, l’Italia è un Paese meno ventoso rispetto a quelli che si affacciano sul Baltico o l’Atlantico. Se escludiamo le zone non ventose e quelle dove non si possono installare i pannelli fotovoltaici, il territorio si riduce moltissimo, se consideriamo anche i vincoli paesaggistici. Il lavoro sulle Aree Idonee è molto difficile e ormai ci troviamo in presenza di una opposizione diffusa ai grandi impianti. Sono stupito del fatto che le associazioni ambientaliste, le quali hanno sollevato obiezioni di ogni genere rispetto ad altre infrastrutture, non colgono questo punto: in alcune situazioni, come il viterbese, abbiamo introdotto modifiche sostanziali al paesaggio italiano che sono destinate a durare per decenni, forse per secoli.
Il 7 maggio ha scritto su X che “i produttori da impianti fotovoltaici stanno registrando, non senza qualche malumore, un forte aumento degli ordini di distacco della produzione per motivi di sicurezza della rete impartiti da Terna e dal maggiore distributore, E-Distribuzione. Una fonte di settore parla di tassi curtailment molto elevati. L’energia tagliata viene comunque pagata”. Ci sono aggiornamenti? Perché questo succede?
I distacchi continuano, così come continuano i prezzi bassissimi o addirittura negativi in alcune ore della giornata, soprattutto nelle Regioni meridionali. Perché si investe nel fotovoltaico se si va incontro al rischio del distacco? Il business delle rinnovabili, come scrivo nei miei libri, ha un investimento importante e bassissimi costi operativi. Quindi chi realizza questi impianti, se ha la certezza dei ricavi, i progetti diventano bancabili, cioè in banca può ottenere debito fino al 70%. Quindi ormai impianti a mercato non ne costruisce più nessuno, quindi si preferisce avere un ricavo certo. La legislazione italiana prevede una remunerazione anche quando la tua generazione non è utile. Quindi continuiamo ad affollare alcune parti d’Italia con impianti che dal punto energetico servono sempre meno.
Spesso ci si dimentica di parlare di quanto bisognerebbe investire sulla rete…Il Governo italiano sembra deciso a sfatare il tabù nucleare. Quali benefici potrebbe portare investire negli SMR dal punto di vista del costo dell’energia, della sicurezza del sistema energetico e della creazione di nuove filiere industriali? Quando si potranno vedere i primi vantaggi concreti?
Partiamo dal presupposto che più aumenta la penetrazione delle rinnovabili, più i costi aggiuntivi aumentano, perché la regolazione del sistema ha bisogno di accorgimenti importanti. Se volessimo arrivare al 100% di rinnovabili, dovremmo affrontare il tema del problema della tipica settimana senza energia solare. Le batterie possono aiutare nella regolazione quotidiana, ma non possono stoccare energia 7 miliardi di Kw/h che servirebbero per una settimana intera. Gli studi del professor Zollino dimostrano che nel sistema serve un equilibrio tra fonti continue e intermittenti. La fonte che può assicurare energia decarbonizzata è il nucleare. Il primo beneficio è che con una fonte continua non devo affrontare i costi accessori. Parlando di solare, spesso ci si dimentica di dire che la capacità di produzione invernale è un terzo di quella estiva. Dobbiamo interrogarci sul costo degli impianti in Ue. Non è vero che il nucleare è più caro in generale, è più caro nell’Unione Europea per qualche motivo. La transizione energetica non si esaurirà certo nel 2050, quindi c’è tempo per il contributo del nucleare.
Il ddl nucleare stanzia 20 milioni all’anno a sostegno dei progetti dal 2027 al 2029. Più 7,5 per attività di comunicazione e formazione. Sono sufficienti secondo lei?
Per il lavoro previsto sono sufficienti, gli investimenti dovranno essere maggiori ma dovranno essere fatti dalle aziende private. Il modello ideale è simile a quello dei PPA per le rinnovabili: contratti che assicurino l’acquisto di energia nucleare per un numero di anni sufficiente, così che i progetti possano essere bancabili. Il costo degli interessi sul debito pesa moltissimo sul nucleare, ma se hai la certezza di vendere la tua energia per un numero congruo di anni il costo del debito diminuisce molto.