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Indipendenza Energetica

Le mosse dell’Iraq per raggiungere l’indipendenza energetica (dall’Iran)

L’Iraq continua a dipendere dall’Iran per circa il 40% delle sue forniture di energia. Ma, il potenziale per la cattura del gas in Iraq è enorme e ci sono molte aziende che vogliono realizzare progetti per l’indipendenza energetica

È da tempo un punto di estrema controversia con gli Stati Uniti il fatto che l’Iraq continui a dipendere dal vicino Iran – sottoposto a sanzioni – per circa il 40% delle sue forniture di energia, costituite in gran parte da importazioni di gas; scrive Oilprice.com.

I PROGETTI IRACHENI PER L’INDIPENDENZA DALL’IRAN

Il primo ministro iracheno – riporta Oilprice.com – promette che la dipendenza dall’Iran finirà presto. La soluzione, però, è semplice: L’Iraq smette di bruciare tutto il gas che rilascia nel processo di estrazione del petrolio dai suoi pozzi e utilizza questo gas “associato” per la produzione di energia. Se ce n’è abbastanza, e potrebbe essercene, visti gli enormi scavi petroliferi del Paese, allora tutto ciò che rimane dopo aver alimentato l’Iraq giorno e notte potrebbe essere esportato e generare entrate molto necessarie per il Paese. La scorsa settimana è stato fatto un passo avanti verso questa strategia estremamente sensata, con l’approvazione da parte del Ministero del Petrolio iracheno dell’aumento della produzione di gas associato nel giacimento petrolifero di Zubair a 147 milioni di piedi cubi standard al giorno (mmscf). “Il nuovo progetto mira ad aumentare il numero di compressori della stazione di Hammar Mishref a undici [che consentirà di] aumentare la capacità di compressione da 35 milioni di piedi cubi standard al giorno a 147 milioni di piedi cubi standard al giorno”, ha sottolineato, in una nota, il direttore generale della South Gas Company, Hamza Abdel-Baqi.

Se questo progetto dovesse andare avanti – riporta Oilprice.com – sarebbe un buon inizio per una più ampia diffusione della cattura del gas associato e del suo utilizzo per scopi benefici per l’Iraq, invece di bruciarlo attraverso il flaring nei pozzi petroliferi. All’insaputa di molti, e non c’è da sorprendersi visti gli spaventosi risultati dell’Iraq in materia di gas flaring, Baghdad ha aderito all’iniziativa delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale “Zero Routine Flaring”, che mira a porre fine entro il 2030 alla combustione ordinaria del gas prodotto durante la perforazione del petrolio.

LE FASI DEL PIANO

Resta il fatto che il potenziale di cattura del gas in Iraq è enorme e ci sono molte aziende che vogliono realizzare i progetti per l’Iraq, tra cui Baker Hughes. La prima fase del piano di Nassiriya, che sarebbe simile a quella di Gharraf, comporterebbe l’impiego di una soluzione modulare avanzata per il trattamento del gas presso l’Integrated Natural Gas Complex di Nassiriya, per disidratare e comprimere il gas di torcia e generare oltre 100 mmscf/d di gas. La seconda fase prevede l’ampliamento dell’impianto di Nassiriya per trasformarlo in un impianto completo di gas naturale liquido, in grado di recuperare 200 mmscf/d di gas secco, gas liquefatto e condensato. Tutta – sottolinea Oilprice.com – questa produzione verrebbe destinata al settore della produzione di energia elettrica nazionale, con Baker Hughes che ha dichiarato in precedenza, nel 2018 e nel 2020, che il trattamento del gas di scarico di questi due giacimenti consentirebbe di fornire 400 megawatt di energia alla rete irachena. Il progetto, se a Baker Hughes fosse consentito di procedere, richiederebbe circa 30 mesi per essere realizzato. Piani di sviluppo analoghi potrebbero poi essere avviati per altri importanti siti di cattura del gas, che già nel 2018 e nel 2020 includevano Halfaya (300 mmscf/d) e Ratawi (400 mmscf/d) in prima istanza.

BGC: LA SOLUZIONE PER L’INDIPENDENZA ENERGETICA

Si potrebbero quindi sviluppare sinergie con l’unico grande progetto di gas che ha fatto progressi significativi in Iraq nel corso degli anni: il progetto della Basra Gas Company (BGC), orchestrato dal gigante britannico del petrolio e del gas Shell, che detiene una partecipazione del 44% nella venture. La BGC è stata progettata specificamente per consentire all’Iraq di aumentare la propria indipendenza energetica e di raggiungere la diversificazione economica catturando il gas attualmente spurgato dai giacimenti di Rumaila, West Qurna 1 e Zubair, nella prima fase. Entro il 2019/2020, il BGC ha raggiunto un picco di produzione di 1035 mmscf/d, il più alto nella storia dell’Iraq, e una quantità di gas sufficiente a generare circa 3,5 gigawatt di elettricità. La BGC è anche responsabile dell’attuale fornitura di circa il 70% del gas di petrolio liquefatto (GPL) iracheno e del potenziamento delle capacità di esportazione dell’Iraq, che ha aiutato il Paese a diventare un esportatore netto di GPL a partire dal 2017. Nel giugno di quest’anno, BGC ha esportato il suo primo carico di gas di petrolio liquefatto semi-frigorifero dal molo BGC di Umm Qasr, nell’ambito dei piani per incrementare le esportazioni di GPL del Paese; scrive Oilprice.com.

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