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materie prime critiche

Iren: Materie prime chiave per la competitività. Bastano 1,2 miliardi per ridurre la dipendenza, ma i RAEE preoccupano

Basta poco più di 1 miliardo per ridurre di un terzo la dipendenza italiana dalle importazioni di materie prime critiche dall’estero. Ma il nostro Paese fa passi indietro sul riciclo di RAEE. Problemi e soluzioni nello studio commissionato a The European House Ambrosetti da Iren, presentato nel corso de “La road map italiana per le materie prime critiche”

Senza materie prime critiche la competitività dell’industria italiana resterà una chimera in diversi settori. Il nostro Paese ha fatto passi indietro per quanto riguarda il tasso di raccolta dei RAEE è sceso dal 40 al 30% in 5 anni, mentre i volumi sono aumentati del 50%. Di questo passo, sarà complicato portare a termine i target prefissati (65%). La buona notizia è che l’Italia può ridurre la dipendenza dall’estero di quasi un terzo generando oltre 6 miliardi di euro di valore aggiunto per la filiera al 2040 con “appena 1,2 miliardi di euro di investimenti. È quanto emerso oggi a Roma durante l’evento “La road map italiana per le materie prime critiche organizzato da Iren”, in cui è stato presentato lo studio commissionato dal Gruppo e realizzato da TEHA Group.

MATERIE PRIME CRITICHE CHIAVE PER LA COMPETITIVITÁ

Le materie prime critiche rappresentano già oggi un elemento chiave per la competitività nazionale, contribuendo a 690 miliardi di euro di produzione industriale del Paese, pari al 32% del PIL italiano. Percentuale che fa guadagnare al nostro Paese la medaglia di Stato europeo con la più alta incidenza sul prodotto interno lordo. Un primato che è frutto della crescita del 51% del contributo delle materie prime critiche alla produzione industriale in Italia negli ultimi 5 anni.

“Il ruolo delle materie prime per la competitività della manifattura italiana è fondamentale. L’incidenza rispetto al Pil è aumentata del 50% in 5 anni. Dobbiamo ricostruire la solida esperienza mineraria che ci ha contraddistinto in passato. Serve uno sforzo collettivo. Dobbiamo muoverci su diverse direttrici, fondamentale la ricerca per sviluppare modelli virtuosi per il riciclo delle materie prime critiche, di cui siamo già molto dipendenti”, ha detto Adolfo Urso, Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

I problemi principali riguardano la velocità e le dimensioni delle aziende della filiera e del sistema, secondo Renato Loiero, Consigliere del Presidente del Consiglio dei Ministri.

“Ci troviamo nella stessa situazione di più di un anno fa sul ritardo tecnologico. Condivido in pieno lo studio, così come le 4 linee di sviluppo citate in precedenza. Non posso non rilevare come su 3000 siti in produzione solo 94 hanno una concessione ancora in vigore. Fino al dl sulle Materie Prime eravamo l’unico Paese senza una legislazione sul tema. Nel G7 c’è un passaggio esplicito a proposito. Nel documento finale infatti si legge “vogliamo operare una visione olistica della sicurezza energetica, del rischio climatico e geopolitico. Dobbiamo creare partnership sui crm per supply chain trasparenti, resilienti, circolari, diversificati e sostenibili. L’Italia contribuirà alla fase 2 del corridoio tra Angola e Zambia. I tempi di riapertura delle miniere sono molto lunghi, il recupero del RAEE permette un recupero rapido delle materie prime”, ha detto Renato Loiero.

“Un terzo del Pil dei settori difesa, elettromedicale e l’aerospazio sono attivati da sostanza che troviamo raramente in natura. Questi minerali poi devono essere raffinati, attività fatta da pochissime aziende nel mondo. Il sistema europeo e italiano sono altamente dipendenti da questi minerali. La Cina ha impiegato 30 anni per diventare leader, oggi grazie a miliardi di euro controlla il 56% di questi minerali. Abbiamo tecnologie consolidate”, ha fatto eco Luca Dal Fabbro, Presidente Iren e Vice Presidente Vicario Utilitalia.

LA QUESTIONE RAEE

I RAEE rappresentano un vero e proprio tesoro inutilizzato. Infatti, ogni anno la mancata valorizzazione dei rifiuti da apparecchiature elettroniche comporta perdita di 10 miliardi all’anno per il nostro Paese, secondo lo studio commissionato da Iren. Cifra che se proiettata in un decennio rappresenta metà del Pnrr. Il nostro tasso di raccolta è sceso dal 40 al 30% in 5 anni e i volumi sono aumentati del 50%. Si potrebbero valorizzare 6 miliardi di materie prime strategiche. I volumi invece, sono aumentati. Da luglio, siamo anche stati colpiti da una procedura di infrazione europea per aver fatto passi indietro e non rispettare gli obiettivi.

sarà importante anche investire sulla capacità impiantistica e la realizzazione di nuovi impianti per il recupero e il trattamento. Il nuovo impianto di Iren in Valdarno, il primo in Italia per il trattamento dei RAEE diretto al recupero di metalli preziosi con processo idrometallurgico e una capacità di trattamento di oltre 300 tonnellate di schede elettroniche all’anno, darà un contributo importante. Ma non è sufficiente.

“L’11 dicembre lanceremo un impianto innovativo che si occuperà del recupero di questi minerali attraverso la tecnologia idrometallurgica. Dobbiamo pensare ad un Paese più resiliente, possiamo farlo con i rifiuti. Il 90% dei RAEE italiani oggi finiscono in discarica o vengono inviati all’estero”, ha aggiunto Dal Fabbro.

I PROBLEMI

L’Europa soffre di una grave dipendenza dall’estero per le materie prime critiche, soprattutto dalla Cina. Una delle ragioni è il gap di investimenti tra Ue e Cina, oggi enorme: 3,7 miliardi contro 17 miliardi del Paese asiatico. A livello mondiale negli ultimi 3 anni gli investimenti globali sono aumentati di oltre 4 volte, superando i 50 miliardi di euro. Tuttavia, la Cina dal 2005 ha investito oltre 200 miliardi di euro a livello globale nell’estrazione e raffinazione delle Materie Prime critiche. 70 miliardi di euro sono andati in Australia, Indonesia e Congo.

Nel 2022 abbiamo importato per un valore di 38 miliardi di euro, di cui il 90% sono prodotti semilavorati. Le materie prime critiche in senso stretto rappresentano 4 miliardi di euro. L’industria nazionale è particolarmente dipendente da rame e alluminio, il 42% dei prodotti importati. Lo sviluppo di filiere domestiche nella transizione energetica e digitale potrà portare questo valore a 17,5 miliardi di euro, secondo lo studio, che stima come applicando il piano di investimenti nazionali in cantiere dovremo moltiplicare per 4 la proiezione di importazioni di materie prime critiche. La situazione peggiora per il litio, i cui flussi aumenteranno di 15 volte rispetto ai livelli attuali. Investendo però in modo strategico sul recupero e la produzione di alcuni minerali strategici si potrebbero avere importanti benefici per i settori robotica, aerospazio e semiconduttori. Parliamo di gallio, indio, tungsteno e niobio. Ad esempio, 11 milioni di investimenti in tungsteno abilitano 13 miliardi nel settore aerospazio.

LE SOLUZIONI

Lo studio di The European House Ambrosetti individua 4 linee di sviluppo prioritarie: estrazione, partnership strategiche internazionali, processing e raffinazione, urban mining e materie prime seconde. Il Decreto Materie prime critiche rappresenta un primo passo, ma le risorse messe in campo sono insufficienti, secondo lo studio. Il Fondo Strategico del made in Italy, con 1 miliardo di dotazione, non ha fondi dedicati alle CRM.

C’è tanta strada da fare anche dal punto di vista delle policy. Lo studio propone di promuovere un piano di esplorazione mineraria, ricostruire le competenze minerarie nazionali, agevolare il rilascio di titoli minerari e definire un framework normativo stabile. Cruciale sarà anche collaborare con altri Paesi. In quest’ottica, l’Africa rappresenterà una zona nevralgica. L’Italia può concentrare il focus su paesi africani identificando linee di finanziamento ad hoc e instaurando partnership paritetiche con i diversi Paesi che favoriscano lo sviluppo industriale dei Paesi africani nell’estrazione e lavorazione delle CRM.

I PIANI FUTURI DI IREN

“Il recupero delle materie prime da pale eoliche è un tema che si sta aprendo in questo periodo. Il materiale prevalente che si può recuperare è l’acciaio, ma ce ne sono anche altri, Stiamo valutando le possibilità, sicuramente è un tema da considerare. Tuttavia, siamo ancora alle valutazioni. Per eventuali impianti servirebbe un aiuto governativo”, ha detto Luca Dal Fabbro, Presidente Iren e Vice Presidente Vicario Utilitalia a margine del convegno.

“Riguardo alla strategia futura sulle rinnovabili stiamo valutando due/tre possibilità. La ragione è che aspettiamo le novità sul FerX, perché potrebbe cambiare completamente lo scenario. Quello che è certo è che non creeremo nessuna nuova business unit”, ha aggiunto Luca Dal Fabbro.

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