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La frenata del Green Deal in Ue e la tappa intermedia del taglio delle emissioni del 90% entro il 2040

Al vertice che si è tenuto ieri a Bruxelles l’obiettivo comune è stato rivedere il Green Deal e ridimensionarne i criteri. Una transizione, quella verde, che viene temuta anche dai sindacati: secondo la Fim-Cisl sono a rischio 70.000 posti di lavori . La presidente della Commissione Ursula von der Leyen mette la retromarcia e rivede i criteri 

Il vertice Ue di ieri ha segnato un freno nelle politiche di transizione green. La premier Meloni ha chiesto alla Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, pragmatismo e un aiuto alle case automobilistiche e alle industrie ad alto volume energetico. La sostenibilità va di pari passo con il realismo: questo il pensiero di quasi tutti i leader europei.

OBIETTIVO: RIVEDERE GREEN DEAL

Ieri il Consiglio europeo che si è tenuto a Bruxelles ha ingranato la retromarcia sulla transizione green. Come riporta Il Foglio, con ogni probabilità verrà ricordato come il vertice che ha seppellito le ambizioni climatiche dell’Ue, anche se formalmente gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni non sono messi in discussione. Rimane fermo l’obiettivo della neutralità al carbonio nel 2050 e il taglio delle emissioni del 90 per cento entro il 2040. Inoltre, c’è la possibilità di inserire almeno delle verifiche prima del 2040, nelle quali eventualmente ridiscutere i target.

MELONI E L’ALLEANZA CON MERZ SU AUTOMOTIVE

La premier come già aveva anticipato alla Camera mercoledì, ha ribadito la necessità di provvedimenti a sostegno dell’automotive e delle industrie ad alto consumo energetico e sul fronte della riduzione dei prezzi dell’elettricità. E si va a consolidare proprio su questo un’alleanza tra Italia e Germania, contrapposta all’asse Francia e Spagna meno morbido. A Bruxelles, il primo ministro italiano ha lavorato per l’automotive cercando la sponda del cancelliere tedesco Friedrich Merz, come si legge su Il Sole 24 Ore. Alla presidente della Commissione Ue ha ribadito la «necessità di provvedimenti a sostegno del settore automobilistico e delle industrie ad alto consumo energetico, in particolare sul fronte della riduzione dei prezzi dell’elettricità». Meloni e von der Leyen sono favorevoli all’uso di e-fuel e biocarburanti indicati dalla stessa premier come ancore di salvezza per i motori endotermici.

I NUOVI PARAMETRI DEL GREEN DEAL

L’introduzione dell’obiettivo intermedio della riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040 prima di arrivare al 100% entro il 2050 è già vista come un’apertura. Nel documento finale si legge: «Il Consiglio attende con interesse la proposta della Commissione sull’accelerazione della decarbonizzazione» e «su come sostenere il raggiungimento dell’obiettivo climatico intermedio dell’Ue per il 2040», che va perseguito con «realismo» e con «sostenibilità» rispetto ai cittadini. Il riferimento è alla produzione di automobili, che dovrebbe essere convertita all’elettrico entro dieci anni, obiettivo che per le industrie europee appare irrealizzabile. Per ovviare a questo, tra le possibili soluzioni c’è quella di ammettere i biocarburanti, rendendo flessibili gli obiettivi dei prossimi anni e le relative multe. La stessa von der Leyen ha proposto di esternalizzare fino al 3 per cento il target del 90 per cento, acquistando crediti di carbonio da altre nazioni.

PAURA DEI SINDACATI

A questo scenario si aggiungono anche i timori dei sindacati metalmeccanici. Ferdinando Uliano (Fim-Cisl) sostiene che la posizione di Francia e Spagna sia «miope e pericolosa». I lavoratori a rischio in Italia sono «oltre 70.000» e le limitazioni fissate al 2035 per le auto sono «insostenibili». In particolare, i sindacati denunciano un approccio dogmatico sulla transizione Ue che sì deve essere giusta da un punto di vista ambientale e sociale, ma anche ispirata ai principi di neutralità tecnologica e libertà di scelta dei consumatori.

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