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Rinnovabili

La soluzione più economica e rapida al climate change? Le rinnovabili

Le rinnovabili sono la soluzione più rapida a basso costo per contrastare efficacemente il cambiamento climatico. Lo dice Mark Jacobson, professore di ingegneria civile e ambientale a Stanford, dalle colonne del Guardian

Le rinnovabili sono la soluzione più rapida a basso costo per contrastare efficacemente il cambiamento climatico. Possediamo infatti il 95% delle tecnologie necessarie a invertire il climate change e non abbiamo bisogno di nuove “fonti energetiche sperimentali o rischiose per salvare il nostro pianeta”, scrive Mark Jacobson, professore di ingegneria civile e ambientale a Stanford, sulle colonne del Guardian. Il consulente per il Green New Deal sottolinea che le rinnovabili “saranno in grado di risolvere a basso costo, in tutto il mondo, gli enormi problemi associati al cambiamento climatico”. La condizione è che si accompagnino a tecnologie come lo stoccaggio di elettricità, calore e idrogeno, pompe di calore e veicoli elettrici e un sistema di trasmissione elettrica. interconnesso. Secondo il professore la transizione verso un simile sistema energetico al 2050 costerebbe circa 62 trilioni di dollari, ma grazie al risparmio energetico annuo di 11 trilioni, l’investimento sarebbe recuperato in meno di sei anni. Inoltre, creerebbe più di 28 milioni di posti di lavoro a tempo pieno e richiederebbe solo circa lo 0,53% dei territori del mondo, meno della terra utilizzata nell’attuale sistema energetico.

IL SISTEMA WWS: VENTO, ACQUA, SOLE

I rischi legati al climate change sono diversi e importanti, motivo per il quale secondo Jacobson la scelta migliore sarebbe adottare soluzioni rapide e economiche. Instabilità economica, sociale e politica legata all’esaurimento dei combustibili fossili, il ricatto dei Paesi esportatori, gli elevati costi di trasporto dell’energia su lunghe distanza sono solo alcune delle problematiche legate al cambiamento climatico. Il professore suggerisce di puntare sul trinomio eolico, solare e fotovoltaico, denominato “WWS”.

“WWS comprende l’energia dal vento (onshore e offshore energia eolica), l’acqua (energia idroelettrica, corrente di marea e oceanica, energia elettrica delle onde, elettricità geotermica e calore geotermico), e il sole (energia solare fotovoltaica, energia solare per elettricità e calore, calore solare diretto)”, spiega Jacobson.

RINNOVABILI: I VANTAGGI

Il professor Jacobson scrive che il sistema basato su eolico, idroelettrico e fotovoltaico comporta vantaggi in termini di riduzione di energia, consumi e costi. In primo luogo, consuma il 56% in meno di energia di un sistema basato sulla combustione.

Inoltre, riduce il costo dell’energia del 12% per unità, con una riduzione del 63% della spesa annuale a livello globale. Infine, considerando le voci Salute, Energia e Clima i costi sociali scenderebbero del 92%.

“Il motivo maggiore per il quale un sistema WWS è a basso costo è che utilizza molta meno energia di un sistema a combustione. In tutto il mondo, infatti, l’energia che le persone usano diminuisce di oltre il 56% con un sistema WWS. Ci sono cinque ragioni per la riduzione: l’efficienza dei veicoli elettrici rispetto ai veicoli a combustione, l’efficienza delle pompe di calore elettriche per il riscaldamento dell’aria e dell’acqua rispetto ai riscaldatori a combustione, l’efficienza dell’industria elettrificata, eliminare l’energia necessaria per ottenere i combustibili fossili e l’uranio, e alcuni miglioramenti di efficienza maggiori di quanto previsto”, afferma Jacobson.

CHE RUOLO AVRANNO LE NUOVE TECNOLOGIE

Il professore di ingegneria civile e ambientale a Stanford definisce “sperimentali o rischiose per salvare il nostro pianeta” le tecnologie di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, di aria compressa e di idrogeno blu, nonché la nuova energia nucleare e la bioenergia.

“Queste tre tecnologie, che richiedono tutte attrezzature ed energia, non fanno altro che aumentare l’inquinamento atmosferico, l’estrazione di combustibili e le infrastrutture per i combustibili fossili, quindi l’insicurezza energetica, mentre difficilmente riducono l’anidride carbonica. Tutti aumentano il fabbisogno energetico di circa il 30% rispetto alla mancata cattura, hanno un’efficienza media di cattura del 20-80% piuttosto che del 90-95% dichiarato, e aumentano, non diminuiscono, l’anidride carbonica derivante dall’estrazione di combustibile e dal trasporto, richiedendo più energia”, afferma il professore.

“Il nuovo nucleare soffre di un ritardo di 10-21 anni tra la pianificazione e il funzionamento (troppo lungo per essere utile per affrontare immediatamente la crisi climatica), costi che sono da cinque a otto volte rispetto a quelli di ogni nuova unità di energia eolica e solare, rischio di proliferazione di armi, rischio di fusione, rischio di rifiuti, rischio sanitario per l’estrazione di uranio in sotterraneo e emissioni di anidride carbonica da 9 a 37 volte superiori a quelle del vento onshore. La bioenergia produce inquinamento atmosferico e gas a effetto serra utilizzando quantità rapaci di terra e acqua”, aggiunge Jacobson.

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