Uno studio ha rilevato che nel 2024 il prezzo all’ingrosso dell’elettricità in Italia (109 €/MWh) era quasi il doppio di quello francese.
“L’obiettivo principale e più ambizioso che mi pongo rimane quello dell’abbassamento strutturale del costo dell’energia, che pesa come un macigno sulla competitività italiana”. Con queste parole la premier Giorgia Meloni ha lanciato un chiaro allarme sul fronte energetico, un avvertimento che trova una drammatica conferma in nuovi report che fotografano un divario abissale tra i costi sostenuti dalle imprese europee e quelle statunitensi, con l’industria del continente che paga l’elettricità il 158% e il gas fino al 345% in più.
Le parole della premier, pronunciate durante il suo intervento al Meeting di Rimini, si inseriscono in un contesto di crescente preoccupazione per la tenuta del sistema produttivo nazionale ed europeo, come evidenziato dal rapporto “ONE Shot #4 – Industrial Competitiveness”, elaborato dalla società di consulenza beBartlet in collaborazione con Our New Energy (ONE), e da analisi specifiche sul caso italiano condotte da Agici-Accenture ed ENEA.
UN DIVARIO CHE UCCIDE LA COMPETITIVITÀ
Lo studio di beBartlet e ONE mette a nudo una delle principali minacce alla stabilità economica del continente. Il differenziale di prezzo, causato in gran parte dalla dipendenza europea dalle importazioni di Gas Naturale Liquefatto (GNL), molto più oneroso dello shale gas americano, sta erodendo i margini di profitto e accelerando un pericoloso processo di deindustrializzazione.
Il rapporto sottolinea come l’energia non sia una semplice voce di costo, ma un fattore strutturale. Attraverso il concetto di “energia incorporata”, che calcola tutta l’energia consumata dalla materia prima al prodotto finito, emerge come in settori chiave quali metallurgia, chimica e manifattura, i costi energetici possano incidere fino alla metà dei costi totali di produzione. Qualsiasi svantaggio di prezzo, quindi, si traduce in un fardello insostenibile.
LE DEBOLEZZE STRUTTURALI DELL’EUROPA
Il problema non è solo il prezzo, ma la struttura stessa del mercato energetico europeo. Secondo il rapporto, l’Europa rischia di perdere terreno non solo contro gli USA ma anche contro la Cina, a causa dell’assenza di un modello energetico omogeneo. Ogni Stato membro mantiene regole, sussidi e meccanismi di prezzo propri, frammentando il mercato e impedendo di sfruttare appieno il potenziale delle rinnovabili. A questo si aggiungono la lentezza burocratica nello sviluppo di infrastrutture elettriche e di stoccaggio e un onere fiscale significativo, che in paesi come Danimarca e Polonia supera il 40% del costo dell’elettricità domestica.
IL CASO ITALIA: UN FARDELLO INSOPPORTABILE
La situazione italiana appare particolarmente critica. Uno studio di Agici-Accenture ha rilevato che nel 2024 il prezzo all’ingrosso dell’elettricità in Italia (109 €/MWh) era quasi il doppio di quello francese. Un’analisi dell’ENEA conferma il quadro: nello stesso anno, il prezzo medio sulla Borsa italiana era di 108 euro/MWh, contro i 78 della Germania e i 58 della Francia. Anche se i prezzi sono scesi nei primi mesi del 2025, a inizio maggio il gap rimaneva enorme: 91 euro/MWh in Italia contro i 15-16 euro di Francia e Spagna.
La causa principale è la forte dipendenza dal gas, che copre il 45% del mix energetico e, secondo l’ENEA, determina il prezzo dell’elettricità per circa il 60% del tempo. Una dinamica che, secondo le proiezioni della Commissione Europea, non cambierà significativamente nemmeno con l’aumento delle rinnovabili.
LA RISPOSTA DEL GOVERNO: IL PIANO MATTEI PER L’AFRICA
Nel suo intervento a Rimini, la premier Meloni ha collegato la strategia energetica nazionale al Piano Mattei per l’Africa, descrivendolo come un modello di cooperazione “da pari a pari” che rifugge approcci “predatori o paternalistici”. L’obiettivo, ha spiegato, non è sfruttare le materie prime africane, ma aiutare il continente a “prosperare insieme a noi”, processando in loco le proprie risorse e garantendo stabilità.
Il Piano, lanciato ufficialmente durante il vertice Italia-Africa del gennaio 2024, si fonda su sei direttrici (istruzione, agricoltura, salute, energia, infrastrutture) e ha già mosso i primi passi con la firma di accordi di cooperazione scientifica e accademica con Tunisia (17 aprile 2024), Libia (7 maggio 2024), Algeria (14 maggio 2024) e Marocco (28 giugno 2024).
UN PIANO TRA SOSTEGNO E CRITICHE
Nonostante i progressi diplomatici, il Piano Mattei non è esente da critiche. Nel gennaio scorso, Cristiano Maugeri di ActionAid ha lamentato in un’audizione parlamentare “l’estrema astrattezza e genericità del piano e una preoccupante mancanza di trasparenza”, sollevando dubbi sui criteri di selezione dei progetti.
Di recente, tuttavia, il piano ha incassato il sostegno del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che ha spiegato come, attraverso il Piano, l’Italia stia fornendo cofinanziamenti per progetti infrastrutturali chiave come il Corridoio di Lobito, in collaborazione con la Banca Mondiale, per portare energia a 300 milioni di africani entro il 2030.
Nel frattempo, la struttura operativa del Piano va avanti. Il 19 maggio si è tenuta la quarta riunione della Cabina di regia, durante la quale è stata illustrata la bozza della seconda relazione annuale e annunciato l’ampliamento a 5 nuovi Paesi (Angola, Ghana, Senegal, Mauritania e Tanzania). È stato inoltre approfondito il rafforzamento della collaborazione con il Global Gateway dell’UE, con un vertice co-presieduto da Meloni e von der Leyen previsto per il 20 giugno a Roma.
LA VIA D’USCITA NELLE RINNOVABILI
Nonostante la diagnosi preoccupante, il rapporto di beBartlet individua anche una via d’uscita strategica. L’enorme potenziale di energie rinnovabili dell’Europa, se sfruttato con decisione, potrebbe trasformare l’energia da un costo a una leva di competitività. Per farlo, concludono gli analisti, è indispensabile semplificare le autorizzazioni, modernizzare le reti e trasformare l’energia pulita in un asset strategico per vincere la competizione globale.