Con investimenti saliti a 19 miliardi di euro, l’UE tenta il sorpasso sugli Stati Uniti nella costruzione di una dorsale per l’idrogeno. Ma le regole su produzione e addizionalità rischiano di rallentare il mercato
Aumentano i progetti e gli investimenti europei nell’idrogeno, ma la burocrazia rischia di rallentare il mercato. Gli investimenti nel Vecchio Continente sono saliti a 19 miliardi di euro, solo 4 in meno rispetto agli Usa. In un’Europa segnata da crisi geopolitiche e domanda crescente questo vettore può rappresentare un fattore di resilienza.
L’UE ACCELERA SULL’IDROGENO
L’Europa accelera nella costruzione di un’infrastruttura continentale per l’idrogeno a basse emissioni. L’accordo tra RWE e TotalEnergies per 30 mila tonnellate di idrogeno verde l’anno dal 2030 e il maxi-elettrolizzatore da 200 MW di Shell al porto di Rotterdam sono un esempio. Il settore ha superato i 110 miliardi di dollari di capitali impegnati, dieci volte più di cinque anni fa, secondo il rapporto Global Hydrogen Compass del Hydrogen Council e McKinsey. Secondo BloombergNEF, la produzione globale di idrogeno pulito raggiungerà 5,5 milioni di tonnellate nel 2030, appena un quinto degli obiettivi nazionali. Attualmente, in tutto il mondo sono 500 i progetti in fase avanzata, con una capacità potenziale di 9-14 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030. “I turisti se ne sono andati”, ha dichiarato Jorgo Chatzimarkakis, CEO di Hydrogen Europe, con tono tagliente. I progetti meno solidi sono caduti, restano solo quelli validi. L’ad è convinto che l’idrogeno sarà la chiave per decarbonizzare i settori “hard-to-abate”, ma servono realismo e meno vincoli, a partire da quote obbligatorie di consumo per le grandi industrie.
COSA SERVE PER SBLOCCARE IL MERCATO?
La Cina guida gli investimenti con 33 miliardi, seguita da Nord America (23) ed Europa (19). Tuttavia, le regole europee rischiano di soffocare il mercato nascente. I Paesi esportatori, da Oman a India, hanno parlato chiaro: le norme UE sugli “RFNBO” (Renewable Fuels of Non-Biological Origin) sono troppo complesse. Il nodo è l’“addizionalità”: l’idrogeno verde deve essere prodotto solo con nuova capacità rinnovabile e l’elettricità usata deve essere generata nello stesso luogo e nello stesso momento della produzione. Un principio che oggi, denunciano gli operatori, aumenta artificialmente i costi e frena gli investimenti. Per sbloccare il mercato servono finanziamenti mirati, incentivi alla domanda, prezzi del carbonio adeguati e infrastrutture pronte.
“L’industria ha bisogno di sapere su cosa pianificare”, ha ribadito Werner Ponikwar, CEO di thyssenkrupp nucera. “Da Bruxelles ci serve chiarezza e un quadro regolatorio che abiliti, non limiti”.
LA DORSALE UE DELL’IDROGENO
La direttiva Ue RED III impone che entro il 2030 il 42% dell’idrogeno industriale provenga da fonti rinnovabili, con quote anche per trasporti e aviazione. Obiettivi ambiziosi che porteranno allo sviluppo di una vera “hydrogen backbone”: cinque grandi corridoi energetici, in parte ricavati da gasdotti esistenti, che collegheranno i poli produttivi d’Europa. La Germania sta già costruendo la sua dorsale nazionale, collegata al sistema olandese di Rotterdam.


