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Europa Inverno

L’Europa e un inverno da affrontare senza abbastanza accordi GNL a lungo termine

Gli obiettivi climatici dell’Europa fanno sì che i suoi acquirenti di GNL facciano fatica ad impegnarsi nei tempi necessari per bloccare il gas ad un prezzo più basso sotto contratto

L’Europa non ha compiuto progressi sufficienti nel bloccare contratti a lungo termine per il gas naturale liquefatto (GNL) come alternativa alla fornitura di gasdotti russi. Una mossa che potrebbe rivelarsi costosa il prossimo inverno, poiché un rimbalzo della domanda cinese potrebbe restringere notevolmente il mercato.

L’acquisto di GNL per sostituire i flussi russi ridotti ha aiutato l’Unione europea a superare il primo inverno del conflitto in Ucraina, con l’Europa che lo scorso anno ha importato 121 milioni di tonnellate di gas, un aumento del 60% rispetto al 2021. Questo, però, ha avuto un costo: l’Europa ha acquistato in gran parte sul mercato spot, dove i prezzi sono molto più alti di quelli negoziati in accordi a lungo termine favoriti da acquirenti esperti come la Cina. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, nel 2022 il costo delle sue importazioni di GNL è più che triplicato, a circa 190 miliardi di dollari.

I DATI DEL GNL IN EUROPA NEL 2022

Gli analisti stimano che l’Europa lo scorso anno abbia rappresentato oltre un terzo degli scambi del mercato spot globale, da circa il 13% nel 2021. Un’esposizione che quest’anno potrebbe raggiungere oltre il 50%, se non venissero firmati dei contratti a lungo termine. Gli obiettivi climatici dell’Europa – l’Ue mira a ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 e a raggiungere lo zero netto entro il 2050 – fanno sì che i suoi acquirenti di GNL facciano fatica ad impegnarsi nei tempi necessari per bloccare il GNL ad un prezzo più basso sotto contratto.

Morten Frisch, senior partner di Morten Frisch Consulting, ha affermato che l’Europa idealmente ha bisogno di circa il 70-75% della sua fornitura di GNL mediante accordi di vendita e acquisto (SPA) a lungo termine: “da quando la lobby verde in Europa è riuscita a persuadere erroneamente i politici che l’idrogeno può sostituire in larga misura il gas naturale come vettore energetico entro il 2030, l’Europa è diventata troppo dipendente dagli acquisti spot e a breve termine di GNL”.

Una fonte senior dal lato dell’offerta ha riferito di una “disconnessione” durante i negoziati con le aziende europee tra le loro esigenze e i messaggi sul clima che ricevono dai governi. “Alcuni clienti lottano internamente, chiedendosi se ci sarà un arresto definitivo nel 2030. C’è uno zero netto entro il 2040? Questo obiettivo mobile è davvero una scogliera? Questo rende difficile per loro impegnarsi con accordi a medio e lungo termine, e in futuro li lascia potenzialmente esposti al mercato spot”.

LA SICUREZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI

Quest’anno l’Asia ha continuato ad avanzare nella corsa per la fornitura globale limitata di GNL, prima che nuovi flussi arrivino sul mercato, nel 2025 e più avanti. “La loro preferenza per la sicurezza dell’approvvigionamento gli ha permesso di continuare a sostenere nuovi progetti, mentre gli acquirenti europei sono impegnati a rifornirsi fino all’inizio dei loro obiettivi net zero”, ha affermato Felix Booth, responsabile GNL della società di intelligence energetica Vortexa .

Sebbene il gas sia un combustibile fossile, produce meno emissioni di anidride carbonica rispetto al carbone, quindi alcuni Paesi Ue lo considerano un’alternativa temporanea per sostituire i combustibili più sporchi.

L’amministratore delegato di Eurasia Group per l’energia, il clima e la sostenibilità, Raad Alkadiri, ha affermato che l’Europa non sarà in grado di bloccare il GNL in sostituzione del gas russo finché lo considererà un carburante di transizione, poiché i produttori vogliono un mercato garantito in Europa per i prossimi decenni.

I prezzi spot del GNL sono scesi di oltre l’82% da quando hanno raggiunto il record di 70,50 dollari per milione di unità termiche britanniche (mmBtu) nel 2022 dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ma si prevede che torneranno a salire, con un’estate calda che potrebbe ridurre i livelli idroelettrici, un freddo inverno 2023-2024 e un rimbalzo della domanda cinese di GNL, tutti considerati tra i fattori di rischio per il prezzo.

Secondo Victor Tenev, consulente aziendale GNL della società di consulenza ROITI, “le aziende dell’Unione europea dovrebbero agire per prime, firmando una serie di SPA su larga scala e a lungo termine basati sul modello cinese, per proteggersi da eventuali alti e bassi del turbolento mercato globale del GNL. Non riuscire a coprire la loro posizione corta lascerebbe l’Ue nuovamente esposta al mercato spot, dannosamente costoso”.

LA TRANSIZIONE ENERGETICA

I principali produttori e commercianti di GNL – tra cui QatarEnergy, Shell, Chevron e ConocoPhillips – negli ultimi mesi hanno tutti avuto dei colloqui nelle capitali europee per assicurarsi accordi di GNL. I colloqui di QatarEnergy con il governo tedesco e le principali società elettriche come RWE, però, secondo fonti aziendali e del settore hanno colpito un muro a causa di disaccordi sulla durata dell’accordo.

Mentre il Qatar in genere cerca di firmare contratti con termini di almeno 25 anni, la Germania ha chiesto un termine da 10 a 15 anni a causa dei suoi impegni a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. “Se prendi il gas con il punto di consegna in Germania, non puoi andare oltre il 2043, perché in quel Paese il gas non è consentito dopo il 2043”, ha detto un’importante fonte dell’industria tedesca.

Per risolvere il problema, il Qatar ha offerto alla Germania contratti a breve termine di 15 anni, che darebbero al GNL un prezzo molto alto rispetto al contratto a lungo termine. “Nessuno vuole bloccare 20 anni al giorno d’oggi, ed è la peggiore idea possibile, quando non si sa cosa avverrà l’anno prossimo”, ha dichiarato in una conferenza a marzo Sinead Goreman, CFO di Shell.

Shell, ha spiegato Goreman, offre dei contratti di fornitura con “clausole di interruzione” per consentire modifiche alla durata e alla destinazione dei contratti per tutta la durata dell’accordo di fornitura, ad esempio 3, 5 o 10 anni. “Questo è quello che vedremo sempre più: i grandi player integrati disposti a correre questo rischio perché, in definitiva, i Paesi e le aziende più piccole vogliono avere la flessibilità di dire ‘vediamo quanto velocemente crescono le rinnovabili’”.

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