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L’importanza di guadagnare tempo per una adeguata riforma del mercato elettrico in Europa

Per il think tank Bruegel serve una riforma strutturale per affrontare le sfide derivanti dall’aumento della domanda di elettricità e delle quote crescenti di rinnovabili nei decenni di transizione verso il net zero

Una riforma strutturale del mercato elettrico è necessaria alla luce della crescente domanda di elettricità e della crescente quota di energie rinnovabili. Per garantire gli investimenti a breve termine, l’UE dovrebbe istituire un fondo europeo che garantisca un feed-in premium per tutti gli impianti eolici e solari di nuova connessione, scrivono Conall Heussaff e Georg Zachmann, rispettivamente senior fellow e assistente ricercatore presso il think tank economico Bruegel.

I mercati dell’elettricità stanno attraversando un periodo di turbolenze senza precedenti: la mancanza di capacità nucleare francese e i prezzi elevati di gas e carbone hanno messo a dura prova il sistema energetico europeo. Mentre il mercato interno è riuscito a gestire la scarsità fisica di elettricità e gas, è stato oggetto di attacchi politici per l’esplosione dei prezzi dell’energia elettrica in tutta Europa.

Ciò ha portato i responsabili politici nazionali – come il primo ministro spagnolo Sanchez, il presidente francese Macron o il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – a spingere per un nuovo schema del mercato elettrico, per abbassare i prezzi dell’energia a breve termine.

Allo stesso tempo, è necessaria una riforma strutturale per affrontare le sfide derivanti dall’aumento della domanda di elettricità e delle quote crescenti di energie rinnovabili durante i decenni di transizione verso lo zero netto.

L’IDEA DI RIFORMARE IL MERCATO ELETTRICO EUROPEO

La riprogettazione del mercato dell’elettricità era quindi nell’agenda politica indipendentemente dalla crisi in corso. Ad esempio, il progetto tedesco “Mercato dell’energia del futuro” (Strommarkt der Zukunft) è stato avviato nel 2021, e l’ultima riprogettazione del mercato elettrico europeo nel pacchetto “Clean energy for all Europeans” del 2019 era orientata verso un obiettivo del 32% di FER per il 2030, mentre il Green Deal europeo lo ha aumentato al 40% e la Commissione europea, nel suo Piano RePowerEU, ha persino proposto il 45%.

Si prevedeva che questi obiettivi molto più ambiziosi richiedessero, tra l’altro, di migliorare gli incentivi agli investimenti per i fornitori di energie rinnovabili e di flessibilità e di consentire una migliore integrazione delle opzioni locali di generazione, stoccaggio e domanda in un sistema europeo efficiente.

La necessità politica a breve termine di affrontare l’esplosione dei prezzi e il desiderio a lungo termine di adeguare le regole del mercato alle nuove sfide attualmente si sovrappongono. La convoluzione dei due obiettivi comporta il rischio che non venga prestata sufficiente attenzione all’efficienza a lungo termine di un quadro, quando le discussioni politiche sono fissate per garantire prezzi più bassi, quest’anno.

Anche se questo rischio viene disinnescato affrontando le preoccupazioni a breve termine relative al livello dei prezzi – con misure di emergenza temporanee come la ridistribuzione dei profitti straordinari ai consumatori – concedendo al tempo stesso più tempo per la riforma strutturale, rimane una questione temporale cruciale: garantire gli investimenti nel 2023 e nel 2024.

Già nel primo trimestre 2022 l’Agenzia internazionale per l’energia ha registrato i volumi di aste più bassi per il solare fotovoltaico e l’eolico onshore dal 2016. I massicci interventi politici che incidono sul rendimento degli asset esistenti, oltre alle prospettive molto incerte di un futuro design del mercato, rischiano di ritardare investimenti cruciali. Gli investitori potrebbero preferire attendere nuovi meccanismi di mercato che forniscano visibilità a lungo termine dei rendimenti, mentre i finanziatori potrebbero essere riluttanti a dare nuovo denaro agli sviluppatori di progetti eolici o solari, quando il valore di mercato dell’elettricità prodotta potrebbe essere fortemente influenzato dalle nuove regole.

IL FATTORE TEMPO È DETERMINANTE

Il problema è che non abbiamo tempo da perdere: l’elettricità consegnata ai mercati a termine europei nel 2023 vale più del doppio dell’elettricità consegnata nel 2025; e, per il gas, il premio di emergenza è ancora più alto.

Quindi, oltre alle approvazioni di emergenza, un “first-come first-serve premium” (il primo arrivato è il primo servito) per collegare la nuova generazione di energia nel 2023 e nel 2024 potrebbe compensare il rischio a breve termine ed incoraggiare gli investitori a tirare tutte le leve per accelerare la distribuzione quando è più necessario.

L’Europa, ad esempio, potrebbe istituire un fondo europeo che garantisca un feed-in premium per tutti gli impianti eolici e solari di nuova connessione, oltre a tutti gli altri flussi di cassa che riceverebbero regolarmente. Se questo fondo fornisse 3 centesimi al chilowattora per 10 anni per il primo GW di energia eolica connessa e 0,05 centesimi al chilowattora in meno per ogni ulteriore GW – ovvero 2,95 centesimi al chilowattora per il secondo e 2,90 centesimi al kilowattora per il terzo GW – ci sarebbero 60 GW che riceverebbero qualche bonus.

Fare lo stesso anche per il solare porterebbe il supporto a 120 GW di capacità installata, e insieme produrrebbero circa 240 TWh all’anno. Questo extra feed-in-premium europeo costerebbe circa 3,5 miliardi di euro all’anno.

Se solo il 10% della capacità supportata fosse effettivamente incentivato dal regime e i corrispondenti 24 TWh all’anno ridurrebbero i prezzi dell’energia elettrica europea solo di 1 centesimo per chilowattora, i consumatori europei risparmierebbero un totale di 25 miliardi di euro all’anno.

Un meccanismo ” first-come first-serve” per incoraggiare l’accelerazione della diffusione dell’eolico e del solare in tempi incerti potrebbe fornire un valore sostanziale per i consumatori europei. Attuato a livello europeo, potrebbe affrontare anche alcuni degli effetti distributivi che rischiano di intaccare l’unità europea in tempi di intenso stress da crisi energetica. Questo, seppur non sostituirebbe un’efficiente progettazione del mercato per affrontare le sfide di un sistema energetico in rapida decarbonizzazione, potrebbe aiutare a guadagnare il tempo necessario per svilupparlo adeguatamente.

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