L’accordo commerciale di principio raggiunto a Londra dalle delegazioni di Stati Uniti e Cina, il 12 giugno scorso, avrà fatto tirare un sospiro di sollievo alle case automobilistiche, dato che dovrebbe risolvere il problema delle restrizioni cinesi sulle esportazioni di alcune terre rare.
Quando si parla di terre rare, e più nel dettaglio dei magneti derivati, si pensa subito alle industrie della transizione energetica, che ne hanno bisogno per costruire le auto elettriche e le turbine eoliche. Ma le terre rare sono fondamentali anche per il comparto della difesa: ad esempio, un aereo da caccia F-35 contiene quattrocento chili di terre rare, e un sottomarino classe Virginia oltre quattromila chili. Gli Stati Uniti sono la prima potenza militare del pianeta per forza e per sofisticatezza tecnologica, ma non hanno capacità di lavorazione dei sette elementi che la Cina ha sottoposto a restrizioni: di conseguenza, sono dipendenti dalla rivale per gli approvvigionamenti dei magneti.
Il problema principale è con il samario, una terra rara che – appunto – viene utilizzata quasi soltanto per applicazioni militari in virtù del fatto che i magneti derivati hanno una resistenza al calore particolarmente elevata, molto più degli altri elementi del gruppo. L’azienda americana che consuma più samario è Lockheed Martin, che inserisce una ventina di chili di magneti al samario in ogni suo caccia F-35. L’unico paese produttore di samario, però, è la Cina.
L’accordo tra Stati Uniti e Cina del 12 giugno potrebbe migliorare nell’immediato le prospettive per le aziende della difesa e quelle automobilistiche. Non cambia nulla, però, sul lungo termine: il dominio della Cina sulla filiera delle terre rare non è in discussione e l’Occidente non è al riparo da futuri utilizzi geopolitici delle materie prime.
Le aziende americane della difesa e dell’aerospazio hanno delle scorte di terre rare, che però sono sufficienti a garantire la continuità della produzione solo per qualche mese. Anche il Pentagono possiede delle riserve di questi elementi, ma non bastano a soddisfare il fabbisogno del comparto militare-industriale per lunghi periodi di tempo.