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Gasdotto

L’Italia del gas tra le sanzioni a Mosca, nuove estrazioni e la transizione

Che momento è per le forniture in Europa quando la crisi russo-ucraina non si sblocca e i prezzi dell’energia sono alti

Si apre un’altra settimana dominata dalle tensioni geopolitiche sul fronte russo ucraino. Gli aggiornamenti sui delicati equilibri pronti a essere stravolti si susseguono di ora in ora. Da ultimo, la vice presidente americana Kamala Harris ha dichiarato che «anche all’Italia non si può negare di avere le proprie preoccupazioni, lo facciamo tutti, fa parte di questo processo».

Come scritto da il Messaggero, il punto fatto dalla numero due della Casa Bianca riguarda da vicino anche il nostro Paese. Il tema delle sanzioni è da anni, almeno dal 2014 (anno dell’annessione della Crimea da parte della Russia), in primo piano nelle relazioni internazionali. Le nuove tensioni al confine ucraino in aggiunta alle discussioni sul Nord Stream 2 sono tornate a dividere quelli che fino a poco più di trent’anni fa erano i due blocchi del mondo.

“L’Italia è molto presente nei colloqui su come procedere per arrivare allo scopo di dissuadere la Russia dall’invadere” ha detto ancora Harris. All’apparenza, il blocco occidentale ha fatto trasparire compattezza nel muoversi e attaccare i ricatti di Mosca. Per ora, dopo i forti risultati raggiunti nella Conferenza di Monaco (“Abbiamo messo in campo delle sanzioni imponenti, se non le più imponenti di sempre, contro l’economia russa e il suo governo”) si cerca ancora la strada della deterrenza.

Una delle motivazioni a questa cautela è proprio legata alle dipendenze europee dal Cremlino. Ben il 40% è quello che sostanzia la subordinazione energetica tra il Vecchio Continente e Mosca. Ecco perché le imprese sono in allarme su quanto verrà deciso in caso di invasione dell’Ucraina.

IL NUOVO DECRETO ENERGIA

Come anticipato su Energia Oltre, la quarta manovra energetica approvata venerdì dall’esecutivo italiano interviene con sconti sull’Iva del 5% e riduzione degli “oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro”. Previsto anche il rafforzamento del bonus sociale per elettrico e gas, nonché alle imprese a forte consumo di Gnl “è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al medesimo trimestre, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) abbia subito un incremento superiore al 30 % del corrispondente prezzo medio riferito al primo trimestre dell’anno 2019”.

LE ALTERNATIVE DEL MEDITERRANEO

I primi ripari, dunque, sono arrivati anche in Italia. “Giovedì il decreto ha scommesso sui giacimenti già attivi nel mare a sud di Gela per far aumentare la dotazione di gas nazionale” scrive Repubblica oggi. L’obiettivo è ridurre il peso dei costi in bolletta.

“Quella che si gioca sugli idrocarburi è una partita che vale circa due miliardi di metri cubi di gas all’anno, più della metà della produzione attuale. Al momento, infatti, i giacimenti italiani ne estraggono 3,2 miliardi: il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani vuole portare quella quota a 5 miliardi senza nuove trivellazioni, puntando cioè sull’aumento della produzione da impianti già in funzione” scrive ancora il quotidiano diretto da Maurizio Molinari.

Secondo Franco Bernabè invece, intervistato oggi sul Messaggero, “il costo dell’energia rimarrà alto ancora per lungo tempo. Almeno fin quando non saranno affrontati e risolti i problemi strutturali di approvvigionamento”. La soluzione per il Presidente di Acciaierie d’Italia non è tanto aumentare le estrazioni ma diversificare le fonti. D’altronde, “il gas è un tema del quale non potremmo fare a meno per un lungo periodo di tempo. Tutta la politica industriale italiana è stata fondata sul gas, perché abbiamo rinunciato al nucleare e ridotto drammaticamente l’uso dì combustibili inquinanti”.

Ecco perché Eni può giocare in prima linea nel Mediterraneo Orientale, tra Cipro, Egitto e Israele. Servono Infrastrutture.

LA STRADA DELLE RINNOVABILI

Sempre secondo il numero uno del gruppo ex Ilva, “un certo senso l’Italia è stata la prima a fare la transizione energetica”. Sicuramente, “la svolta green è la direzione che dobbiamo prendere, ma è un processo di enorme complessità. Abbiamo vissuto per quasi tre secoli con una disponibilità di fonti fossili a prezzi estremamente bassi e su questo abbiamo costruito il nostro benessere. L’idea che in pochi anni si possa attuare una trasformazione così profonda è poco realistica”.

Da 1 GW annui però dovremmo passare a 7 per arrivare agli obiettivi del 2030. La strada italiana, scrive in un’analisi Repubblica oggi,  può essere quella dell’energia solare per recuperare tempo e migliorare l’efficienza degli edifici. D’altronde, lo stesso Dl approvato cerca di facilitare l’installazione di pannelli, impianti a terra e progetti per una rete ferroviaria verde.

Sono tanti i fattori tra cui muoversi. I tempi della transizione dovranno essere tenuti a mente ma nel frattempo occorrerà agire concretamente per non rimanere incastrati in dispute geopolitiche apparentemente lontane da noi. Tutto ci riguarda, ecco perché non sarà possibile lasciare da parte alcuna opzione di ripresa energetica.

 

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