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Turchia

Mediterraneo orientale crocevia del gas tra sogni e tensioni

Netanyahu parla con i leader greci e ciprioti per le forniture all’Europa. L’Egitto è sempre più hub del gas. Ma alla Turchia non piace l’isolamento e mostra i muscoli

Le importanti scoperte di giacimenti di gas sotto il Mediterraneo orientale hanno illuso per anni sulla possibilità di inaugurare un’era di pace e prosperità in una regione travagliata da una continua instabilità politica. Tuttavia, una serie di recenti accordi e ritrovamenti di idrocarburi nell’area, hanno rivelato profonde linee di frattura a livello geopolitico. Soprattutto tra Israele, Egitto, Grecia e Cipro da una parte e Turchia dall’altra.

LA STORIA DELLE SCOPERTE DI GAS

A partire dal 2009, Israele, Egitto e Cipro hanno compiuto una serie di scoperte su larga scala nel bacino di Levante, dove la US Geological Survey ha stimato nel 2010 riserve per 3,5 trilioni di metri cubi di gas e 1,7 miliardi di barili di petrolio sotto il fondale marino. Le scoperte hanno offerto, naturalmente, la prospettiva di un’integrazione regionale dei mercati dell’energia e di un rafforzamento del potenziale di approvvigionamento di gas in Europa. Ma, nell’ultimo decennio, gran parte della produzione è stata orientata verso i mercati locali con gli operatori di settore al lavoro per trovare il modo di esportare combustibile e creare economie di scala. Negli ultimi mesi poi, la raffica di accordi e l’importante scoperta di Calipso al largo delle coste di Cipro hanno spinto la Turchia a mostrare i muscoli contribuendo, di fatto, a spostare l’equilibrio regionale verso l’Egitto, candidato a diventare uno dei principali hub energetici della zona.

LA MICCIA INNESCATA DALLA SCOPERTA DI CALIPSO

A innescare la miccia è stato l’annuncio – lo scorso 8 febbraio – della “promettente scoperta” di idrocarburi da parte di Eni e Total al largo delle coste di Cipro (Calipso) che ha ridato slancio all’entusiasmo dell’isola dopo le delusioni patite con il giacimento Afrodite. Due settimane dopo, Israele ha annunciato un accordo da 12 miliardi di euro con l’Egitto per acquistare gas dai campi offshore israeliani di Tamar e Leviathan (secondo la legge israeliana, infatti, il 60 per cento del gas deve essere destinato al consumo interno). L’accordo ha posizionato l’Egitto, in precedenza esportatore di gas verso Israele e Giordania, in una posizione di potenziale hub energetico nello sviluppo di giacimenti offshore per il consumo interno e l’esportazione futura. Tali accordi sono stati conclusi settimane dopo che Cipro, Grecia e Israele avevano firmato un memorandum d’intesa per la costruzione di un gasdotto per le forniture verso l’Europa, desiderosa di allentare la sua morsa dalla Russia.

LA “DIPLOMAZIA DELLE CANNONIERE” TURCA Saipem-12000-drillship

Il consolidamento delle relazioni esistenti tra Cipro, Grecia, Israele ed Egitto ha contribuito a inasprire le controversie con la Turchia, già da tempo in tensione con gli altri quattro Stati. Ankara rivendica il diritto a sfruttare le risorse naturali al di fuori della propria piattaforma continentale e mira a proteggere gli interessi dei turco-ciprioti dell’isola. A febbraio, alcune imbarcazioni da guerra turche hanno bloccato una nave Eni al largo di Cipro intenta a effettuare esplorazioni in mare aperto. Ankara ha minacciato chiunque dal proseguire simili azioni e nel frattempo ha concesso i diritti di esplorazione alla compagnia petrolifera nazionale turca Turkish Petroleum. Ciò ha inasprito ancora di più gli animi con il Consiglio europeo che ha appoggiato apertamente Cipro invitando la Turchia a “porre fine” alle azioni ostili. “Il problema numero uno è che l’Ue vede la comunità greca come unica proprietario dell’isola senza tener conto dei diritti della comunità turca”, ha dichiarato Necdet Pamir, ingegnere petrolifero e presidente della commissione turca per l’energia a Deutsche Welle. Secondo Pamir l’unica soluzione sarebbe quella di far lavorare insieme le due fazioni.

PER ORA L’UNICO EFFETTO DELLE TENSIONI È LA TRASFORMAZIONE DELL’EGITTO IN UN  HUB DEL GAS

Per ora l’unico effetto dell’accordo Israele-Egitto e delle scoperte di gas realizzate nell’area, è stato quello di rendere l’opzione di un hub egiziano del gas sempre più attraente. “In questo momento tutto si sta muovendo nella direzione dell’Egitto”, ha dichiarato Gabriel Mitchell, policy fellow dell’Istituto Israeliano per le Politiche Esterne Regionali. “Se si considerano le rotte più settentrionali suggerite negli ultimi due anni, nell’opzione via Grecia e Italia e nell’opzione via Turchia, non sono state spuntate tutte le caselle”, ha detto Mitchell a Deutsche Welle riferendosi allo sfruttamento delle nuove scoperte. L’Egitto, al contrario, dispone di due terminali di esportazione di gas naturale liquefatto che renderebbero più facile per Israele e Cipro esportare gas senza costruire propri terminali. Il gas potrebbe essere utilizzato per soddisfare la domanda interna egiziana o per essere esportato.

VERTICE NETANYAHU-TSIPRAS-ANASTASIADES SUL GAS

Nel frattempo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato con il primo ministro greco Alexis Tsipras e con il presidente cipriota Nicos Anastasiades per discutere del progetto che vedrebbe Israele pompare gas naturale in entrambi i paesi e poi in Europa. Durante le conversazioni i leader hanno discusso gli argomenti regionali e gli studi di fattibilità avanzanti per la posa del gasdotto da Israele a Cipro e quindi verso l’Europa occidentale via Grecia, ha comunicato in una nota l’ufficio del primo ministro aggiungendo che una nuova riunione trilaterale è prevista per maggio. Il gasdotto proposto dovrebbe iniziare a circa 170 chilometri al largo della costa meridionale di Cipro e proseguire per 2.200 chilometri per raggiungere Otranto, in Italia, via Creta e Grecia continentale. Avrà la capacità di trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Si prevede che il fabbisogno di importazioni di gas in Europa aumenterà di 100 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030.

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