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Sud

Perché la moda è sempre più (in)sostenibile per l’ambiente

Il boom della produzione di indumenti ha aumentato le emissioni di carbonio e altri danni all’ambiente e ha generato enormi rifiuti di abbigliamento

IL FAST FASHION NEMICO DELL’AMBIENTE

Il modello commerciale noto come fast fashion ha avuto un enorme successo. I produttori di abbigliamento sfornano nuovi modelli con un ciclo sempre più breve, offrendoli a prezzi così bassi – come 5 dollari per una camicia o 20 dollari per un jeans – che i consumatori acquistano sempre più capi, che a volte vengono indossati solo poche volte. Ma c’è un lato oscuro: Il boom della produzione di indumenti ha aumentato le emissioni di carbonio e altri danni ecologici e ha generato enormi rifiuti di abbigliamento; riporta in un approfondimento sull’argomento Bloomberg. Alcuni consumatori affermano che preferirebbero acquistare capi di abbigliamento realizzati con un minore impatto sull’ambiente e i marchi dell’industria della moda da 1,5 trilioni di dollari stanno iniziando a impegnarsi nella produzione della cosiddetta moda sostenibile. Tuttavia, il fast fashion continua a crescere senza sosta.

IN CHE MODO LA MODA DANNEGGIA L’AMBIENTE

In Cina e nei Paesi in via di sviluppo dove viene prodotta la maggior parte degli indumenti, l’energia è spesso generata da combustibili sporchi come il carbone. Spesso, ogni fase del processo di assemblaggio avviene in un paese diverso, con un conseguente aumento delle emissioni dovute al trasporto. Secondo le Nazioni Unite, scrive Bloomberg, la produzione tessile, dominata dall’abbigliamento, genera fino all’8% delle emissioni globali di carbonio, superando l’impatto del trasporto marittimo e dei voli internazionali messi insieme. Il poliestere e il cotone costituiscono l’85% di tutti i materiali per l’abbigliamento ed entrambi hanno un impatto negativo sul pianeta. La maggior parte del poliestere è prodotta a partire dal petrolio greggio.

Spesso ai tessuti vengono aggiunti coloranti chimici, che possono contaminare le acque sotterranee. Quando gli abiti in poliestere e nylon vengono lavati, rilasciano particelle che contaminano le acque reflue. Il cotone è assetato: La produzione di una sola maglietta richiede una quantità d’acqua sufficiente a mantenere una persona per tre anni.

IL PROBLEMA DEI RIFIUTI DI ABBIGLIAMENTO

Negli ultimi due decenni, secondo l’analisi, la produzione di abbigliamento è quasi raddoppiata, mentre la popolazione mondiale è aumentata di circa il 30%. Ciò significa che le persone acquistano più capi di abbigliamento e li usano per periodi più brevi. I consumatori e i venditori di fast-fashion, che spesso buttano via la merce invenduta per fare spazio a nuovi modelli, scartano più abiti che mai. La maggior parte degli abiti usati non viene raccolta per essere riciclata o riutilizzata, lasciando che gran parte di essi venga mandata in discarica o incenerita, con conseguente rilascio di carbonio. Poiché gli abiti sono tinti e trattati chimicamente, si stima che rappresentino il 22% dei rifiuti pericolosi a livello globale.

COS’È LA MODA SOSTENIBILE?

La moda sostenibile – riporta Bloomberg – è un movimento che mira a rendere l’industria della moda più responsabile dal punto di vista ambientale, cambiando il modo in cui gli abiti vengono progettati, realizzati, trasportati, utilizzati e scartati. I sostenitori sostengono che se i produttori di abbigliamento fossero costretti a sostenere il costo di ripulire i propri prodotti, adotterebbero pratiche più pulite. Tra le pratiche promosse dai sostenitori: una maggiore integrazione tra le fasi di progettazione e produzione, che spesso avvengono in continenti diversi. Ciò potrebbe rendere più accurato il taglio dei tessuti e ridurre gli scarti tessili. I marchi di abbigliamento sentono la pressione e hanno iniziato a citare la nascente popolarità della moda sostenibile come un rischio per la loro attività. Anche loro stanno apportando dei cambiamenti.

Adidas AG ha dichiarato in una nota che circa il 96% del poliestere utilizzato nel 2022 proviene da materiale riciclato. Hugo Boss AG ha dichiarato che il 93% del suo cotone è stato acquistato da fonti “più sostenibili” nel 2022; per Gap Inc. la percentuale era dell’81%. Burberry Group, H&M Hennes & Mauritz e Levi Strauss & Co. si stanno orientando verso alternative vegetali ai coloranti chimici. Negli ultimi anni sono entrati nel mercato molti piccoli produttori di abbigliamento che commercializzano moda sostenibile, esplorando il potenziale della “pelle” ricavata da funghi e persino da alghe per ridurre l’impatto degli abiti che vengono gettati via.

RICICLAGGIO O RIUTILIZZO: COSA FARE

La maggior parte degli indumenti può essere almeno in parte riciclata, ma il processo ha i suoi costi ambientali. Ad esempio, le miscele di fibre devono essere separate con un processo ad alta intensità energetica. Anche dopo la separazione, solo il 20% circa del materiale può essere mescolato con poliestere o con il cosiddetto cotone vergine per produrre un nuovo indumento. Negli Stati Uniti, solo il 15% circa dei prodotti tessili, compresi gli indumenti, viene riciclato o riutilizzato. I Paesi occidentali hanno a lungo esportato i loro rifiuti tessili nei Paesi in via di sviluppo per riutilizzarli, soprattutto in Africa, ma ora questi Paesi ne accettano meno. Le autorità di regolamentazione in alcune parti degli Stati Uniti e dell’Europa stanno prendendo in considerazione l’idea di far pagare alle aziende di moda delle tasse in base alla quantità di abbigliamento che producono, come fanno a volte i produttori di batterie e materassi, e di destinare il ricavato a programmi di riciclaggio.

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