Raggiunto l’accordo tra Enel, Ansaldo e Leonardo per la newco sul nucleare. Tre fondi in corsa per il 15% di Eni Plenitude. Salta la fusione Honda-Nissan. La rassegna Energia
Il nucleare made in Italy è più “vicino”. Fumata bianca per la nuova Newco che svolgerà attività di ricerca e formazione di nuove competenze nel settore degli Small Modular Reactor e Advanced Modular Reactor (Amr). Enel, Ansaldo e Leonardo hanno raggiunto ieri l’accordo per la costruzione della società. Sono tre i fondi in corsa per rilevare fino al 15% di Plenitude. Nella lista degli investitori troviamo nomi illustri: Apollo, Ares e HitecVision. Il nuovo azionista entrerebbe nel capitale dell’azienda di proprietà di Eni e del fondo svizzero Eip (quota del 10%). Salta la fusione tra Nissan e Honda. A meno di sorprese le due aziende non troveranno l’accordo, secondo il quotidiano Nikkei. La ragione sarebbe che i vertici di Honda vorrebbero cambiare l’assetto della possibile alleanza perché frustrati dalla mancanza di progressi nelle trattative e preoccupati dalle difficoltà di Nissan di realizzare il suo piano di ristrutturazione. La rassegna Energia.
ENERGIA, NUCLEARE PIU’ VICINO
“Dopo lungo dibattito, il nucleare italiano è pronto a ripartire davvero. È infatti arrivata l’intesa fra Enel, Ansaldo Energia e Leonardo per la costruzione della Newco chiamata a rendere operative le ambizioni scritte nei programmi di Governo. La nuova realtà svilupperà la propria attività nel settore delle nuove tecnologie nucleari puntando prima di tutto sugli Smr (Small Modular Reactor), i cosiddetti “mini reattori” ad acqua di terza generazione; ma in agenda avrà anche la ricerca e il monitoraggio degli Amr (Advanced Modular Reactor) che rappresentano la promessa della quarta generazione dell’atomo. L’accordo fra le tre partecipate del Tesoro, raggiunto sotto la regia del Mef guidato da Giancarlo Giorgetti, prevede la quota del 51% in mano all’Enel, mentre Ansaldo avrà il 39% e Leonardo il 10. E la Newco rappresenterà il braccio operativo di un progetto portato avanti con il ministero dell’Ambiente e quello dell’Impresa e del Made in Italy, e basato anche sulla ricostruzione di una cornice normativa e regolatoria per superare lo stallo creato dal referendum del novembre 1987.(…) I tempi per far ripartire la produzione e farla pesare in modo sensibile nel mix energetico italiano ovviamente non sono brevi. Ma l’esperienza recente è stata eloquente nell’insegnare che la battaglia dell’energia è determinante in modo strutturale sulla competitività italiana. E che farsi trovare impreparati agli shock costa parecchio. (…) La Newco nucleare opererà su un doppio terreno. Quello già dissodato ospita gli Smr, i piccoli reattori nucleari che sviluppano una potenza pari a circa un terzo delle centrali classiche di grandi dimensioni, ma rispetto a queste sorelle maggiori offrono parecchi vantaggi sul piano delle difficolta? tecniche e realizzative”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“(…) Non ultimo, in un’Europa imbrigliata dalla sua superfetazione regolamentare, le centrali mini sono più leggere anche negli sforzi di armonizzazione che richiedono nei confronti delle autorizzazioni comunitarie. L’aggancio a una tecnologia “matura” come quella ad acqua leggera permette di aprire subito la strada progettuale per il primo reattore italiano, essenziale anche per rianimare la filiera che ruota intorno all’atomo. (…) Perché l’attività di ricerca e formazione di nuove competenze guarderà anche ai prossimi passi nell’evoluzione del nucleare pulito, ma potrà farlo senza partire da zero. Anche perché il referendum di 38 anni fa nato sulla paura di Chernobyl, dove però la disgregazione sovietica aveva pesato più delle incognite di una tecnologia comunque superata, ha congelato il quadro italiano solo in parte. Con la conseguenza, paradossale, che vede l’Italia priva di infrastrutture e di produzione da decenni, ma ricca di competenze teoriche e industriali che la spingono in prima fila sul piano internazionale: su 277 imprese aderenti all’Alleanza europea sugli Smr, 50 sono italiane”, continua il giornale.
ENERGIA, TRE FONDI IN CORSA PER ENI PLENITUDE
“Eni è pronta a far spazio ad altri investitori nel capitale di Plenitude. Secondo indiscrezioni, tre fondi sono in lizza per rilevare una quota fino al 15% nella società che si occupa dello sviluppo delle rinnovabili e della distribuzione di energia a oltre 10 milioni di clienti. Si tratta di due private equity statunitensi, Apollo e Ares Management, e di un operatore specializzato norvegese, HitecVision, che è già socio di Plenitude nella joint-venture per l’eolico Vårgrønn. (…) Il nuovo azionista si affiancherebbe nel capitale di Plenitude a Eni e al fondo svizzero Eip che a novembre ha incrementato la sua partecipazione al 10%, investendo nel complesso 800 milioni e assegnando alla controllata delle rinnovabili una valutazione di 10 miliardi. Qualora questi numeri dovessero venire confermati, quindi, l’affare in discussione avrebbe un valore di almeno 1,5 miliardi di euro per una società che dovrebbe aver chiuso il 2024 con un margine operativo di circa un miliardo. (…) l’apertura del capitale di Enilive, la controllata dei biocarburanti. Il colosso statunitense Kkr ne ha infatti rilevato il 25%, acquistando azioni da Eni per 2,4 miliardi e sottoscrivendo un aumento di capitale da 500 milioni”, si legge su Il Corriere della Sera.
“Per il 2025 Eni prevede di realizzare con la cessione di quota di minoranza altri 2,5 miliardi di proventi netti, ha stimato il direttore finanziario, Francesco Gattei. Nel conto potrebbe rientrare non solo il 15% di Plenitude, ma anche la vendita di una seconda quota di Enilive e l’ingresso di uno o più investitori di minoranza nella controllata dedicata allo sviluppo di soluzioni per la cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Il progetto ha attratto l’interesse di Snam e di fondi di matrice internazionale. Per alcune di queste società, in particolare per Plenitude ed Enilive, l’ingresso dei fondi di private equity potrebbe preludere alla quotazione in Borsa (…) bisogna valutare il tempo giusto per prendere i rischi», ha però avvertito Gattei a fine ottobre nel presentare i conti dei nove mesi di Eni. «Tanti sono interessati ad una quota (di Enilive e Plenitude, ndr) ma dobbiamo trovare un bilanciamento tra la valorizzazione nel breve termine e la quotazione nel medio termine: non possiamo diluirci troppo perché vogliamo mantenere la decisione riguardo all’ipo nelle nostre mani»”, continua il giornale.
SALTA FUSIONE NISSAN-HONDA
“La fusione tra i due colossi giapponesi Nissan e Honda, che avrebbe dovuto creare il terzo gruppo automobilistico mondiale, quasi certamente non si farà. Secondo quanto riporta il quotidiano finanziario giapponese Nikkei, i vertici di Nissan avrebbero già informato il top management di Honda di voler interrompere i negoziati. Le due società hanno emesso comunicati separati in cui, pur senza smentire le voci di stampa, non è stato ancora annunciato ufficialmente il fallimento dell’operazione. Alla base della possibile rottura ci sarebbe la richiesta da parte del board di Honda di cambiare l’assetto della nuova società, trasformando Nissan da junior partner della fusione a vera e propria “preda” della più grande delle due case automobilistiche. (…) Secondo quando riporta la stampa nipponica, i vertici di Honda avrebbero proposto di cambiare l’assetto della possibile alleanza perché frustrati dalla mancanza di progressi nelle trattative e preoccupati dalle difficoltà di Nissan nel portare a termine il suo piano di ristrutturazione. «La notizia secondo cui Nissan non vorrebbe diventare una sussidiaria di Honda sembra mettere in evidenza che il controllo è una questione controversa», spiega Christopher Richter, senior analyst del settore auto in Giappone per la società di intermediazione Clsa”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Resta il nodo di come Nissan uscirà dall’attuale fase di crisi. L’utile netto dei primi sei mesi dell’anno fiscale in corso è crollato del 94% e in questi mesi la società è alle prese con un piano di ristrutturazione, che mira a ridurre l’organico di 9mila unità e la capacità produttiva globale del 20 per cento. A indebolire ulteriormente la posizione di Nissan sono giunti i dazi americani del 25% – annunciati, ma sospesi per un mese – nei confronti del Messico. Se le tariffe volute dall’amministrazione Trump divenissero effettive, la società sarebbe colpita più duramente sia di Honda sia di Toyota. (…) Un problema, quello della transizione verso i veicoli di nuova generazione, che nel caso di Nissan è esacerbato dalla mancanza nel proprio catalogo di quei modelli ibridi che in questo momento stanno riscuotendo successo sul mercato americano e che sono un punto di forza di Honda. (…) Di fronte al tramonto del sogno di far nascere il terzo polo mondiale dell’auto, gli investitori hanno premiato Honda, che ha chiuso la seduta alla Borsa di Tokyo in rialzo dell’8,19% e penalizzato Nissan, che ha perso il 4,87 per cento. I portavoce di entrambe le aziende hanno dichiarato che, come precedentemente indicato, ci sarà un annuncio a metà febbraio”, continua il giornale.