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Oleodotti

Perché l’era del petrolio non sta ancora finendo

Quanti sono e dove si stanno realizzando nuovi oleodotti in giro per il mondo? Report Global Energy Monitor 

Siamo sempre lì, al confine tra sicurezza energetica e prospettive di implementazione delle nuove energie. Confine tra presente e futuro. Tra ciò che serve adesso e ciò che sarà nei fatti il futuro, il presente del domani. Meglio dopodomani, anzi. Per accontentare i san Tommaso del caso, quelli che “se non vedo non credo”, arriva in aiuto un importante report del Global Energy Monitor. Che mette sul piatto numeri, dati, fatti, su un elemento che spesso viene sottovalutato da chi cerca di imporre l’idea, a questo punto utopia, di un semplice schiocco di dita per fare la transizione. Questo elemento è quello infrastrutturale.

TUTTI GLI OLEODOTTI IN COSTRUZIONE

E allora, vediamo cosa dice il Global Energy Monitor. Infrastrutture, dicevamo. Che vanno a braccetto con soldi, finanziamenti ingenti, società e quindi accordi. Contratti. Secondo il Gem, i chilometri in costruzione dei nuovi oleodotti in giro per il mondo sono 24.166. O meglio: questo è il numero di quelli nuovi a cui si sta pensando, mentre quelli già in fase di effettiva realizzazione sono 10.351.

E’ chiaro che il 2022 ha preso, dal punto di vista energetico, una piega molto emergenziale che ha coinvolto tanti Stati, tante relazioni commerciali ed economiche. Su tutte, lo sappiamo, quella tra Russia e Unione Europea. Anche se, non dobbiamo mai dimenticarlo, dal punto di vista economico la crisi era già in corso nel 2021.

GLI STATI PRINCIPALI COINVOLTI

Sullo scacchiere energetico ci siamo dentro tutti. Famiglie, imprese, singoli cittadini, Stati. Tutti. Secondo il Gem, questi nuovi oleodotti in costruzione coinvolgono anzitutto gli Stati Uniti. Un attore fondamentale per gli equilibri geopolitici europei e emerso in questi mesi come primissima alternativa alle forniture russe grazie al gas naturale liquefatto. E allora, dice il report, Washington è legato “per la più nuova capacità di oleodotti per lunghezza in fase di sviluppo. Gli Stati Uniti hanno 2.829 km che costano circa 7,9 miliardi di dollari in fase di sviluppo, la maggior parte dei quali si trova nel bacino del Permiano”.

Poi c’è l’India. Un attore internazionale molto particolare. Per la sua postura terza rispetto a quelli che furono i due blocchi, per lo status decadente della sua democrazia, per i suoi ammiccamenti alla Russia. Dalla quale, appunto, sta ricevendo sempre più forniture, peraltro a prezzi scontati. Visto che Mosca continua a ricattare l’Ue ma soffrendone anche la fine delle esportazioni: vera, unica, ultima e in esaurimento leva per la guerra in Ucraina. L’India, dice il Gem, è seconda in questa classifica speciale con 2.824 km di nuovi oleodotti in fase di sviluppo, che costano circa 4,0 miliardi di dollari.

Il podio è chiuso dalla Cina. Che rispetto alla Russia, in termini energetici, ricopre una posizione simile. E in quanto a oleodotti, sta realizzando 2.533 km che costano circa 4,2 miliardi di dollari.

IL RUOLO DELLA RUSSIA

Riguardo la Russia, invece, i numeri del Monitor evidenziano la realizzazione di 2.051 km di nuovi gasdotti che costano circa 4,0 miliardi di dollari. Come detto, India e Cina possono rappresentare valide alternative di esportazione in sostituzione del Vecchio Continente.

Sul petrolio spedito a Bruxelles, Mosca deve sopperire al price cap a cui il G7 sta lavorando da qualche settimana. E il 5 dicembre scatterà l’embargo dell’Unione all’Oil del Cremlino.

FINISCE UN’ERA? NO

Per chiudere, il Gem cita anche l’Africa (con 1.950 km di oleodotti in costruzione e altri 4.540 km proposti). In termini di capacità, “le condotte in costruzione aggiungerebbero circa 8,3 milioni di barili al giorno (bpd) di capacità di trasmissione del petrolio greggio, e i progetti in pre-costruzione aggiungerebbero ulteriori 21,8 milioni di bpd. Insieme queste capacità aggiuntive genererebbero 4,61 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno”. E i dati si basano sul 66% del totale delle nuove infrastrutture. Il concetto è chiaro: l’era dei combustibili fossili è tutt’altro che finita.

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