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Amazzonia

Amazzonia, otto Paesi non trovano intesa su deforestazione

Il fallimento degli otto Stati dell’Amazzonia nel concordare un patto per proteggere le proprie foreste indica le maggiori difficoltà globali di trovare un accordo per combattere il cambiamento climatico

Otto Paesi amazzonici ieri hanno concordato un elenco di politiche e misure ambientali unificate per rafforzare la cooperazione regionale in un importante vertice sulla foresta pluviale in Brasile, ma non sono riuscite a concordare un obiettivo comune per porre fine alla deforestazione.

Il presidente brasiliano Lula – che si gioca molta della sua reputazione internazionale sul miglioramento della posizione ambientale del Brasile – aveva spinto affinché la regione si unisse per una politica comune per porre fine alla deforestazione entro il 2030, una politica che il Brasile ha già adottato. La dichiarazione congiunta emessa ieri a Belem, invece, ha creato un’alleanza per combattere la distruzione delle foreste, con i Paesi lasciati a perseguire i propri obiettivi individuali di deforestazione.

LE DIFFICOLTÀ DI TROVARE UN ACCORDO SULLA DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA

Il fallimento degli otto Stati dell’Amazzonia nel concordare un patto per proteggere le proprie foreste indica le maggiori difficoltà globali di trovare un accordo per combattere il cambiamento climatico. Molti scienziati affermano che i responsabili politici stanno agendo troppo lentamente per scongiurare le conseguenze catastrofiche del riscaldamento globale. “Il pianeta si sta sciogliendo, stiamo battendo record di temperatura ogni giorno. In uno scenario del genere non è possibile che otto paesi dell’Amazzonia non siano in grado di dichiarare, a caratteri cubitali, che la deforestazione deve essere azzerata”, ha affermato Marcio Astrini, del gruppo ambientalista Climate Observatory. Lula ed altri leader nazionali hanno lasciato la riunione di ieri senza commentare la dichiarazione.

LA POSIZIONE DI BOLIVIA E VENEZUELA SULL’AMAZZONIA

Al vertice hanno partecipato i presidenti di Bolivia, Brasile, Colombia e Perù, mentre Ecuador, Guyana, Suriname e Venezuela hanno inviato degli alti funzionari. Bolivia e Venezuela sono gli unici Paesi dell’Amazzonia a non aver firmato un accordo del 2021 tra oltre 100 Paesi per lavorare per fermare la deforestazione entro il 2030. Prima del vertice, una fonte del governo brasiliano aveva detto che la Bolivia – dove la distruzione delle foreste è in aumento – è un freno alla questione. Il presidente boliviano, Luis Arce, nel suo discorso non ha affrontato l’impegno per il 2030. Il ministro degli Esteri brasiliano, Mauro Vieira, ha detto che la questione della deforestazione “non dividerà in alcun modo la regione”, e nella dichiarazione ha parlato di “un’intesa sulla deforestazione”, senza fornire dettagli.

Il vertice di questa settimana ha riunito l’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica (ACTO) per la prima volta in 14 anni, con piani per raggiungere un ampio accordo su questioni che vanno dalla lotta alla deforestazione al finanziamento dello sviluppo sostenibile. In vista del vertice, però, sono emerse delle tensioni sulle posizioni divergenti sulla deforestazione e lo sviluppo petrolifero.

DIVISIONI ANCHE SULLO SVILUPPO PETROLIFERO NELL’AREA

Anche gli altri Paesi dell’Amazzonia hanno respinto la campagna in corso del presidente colombiano, Gustavo Petro, per porre fine allo sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi in Amazzonia. Nel suo discorso di ieri, Petro ha paragonato il desiderio della sinistra di continuare a trivellare il petrolio alla negazione della scienza del clima da parte della destra. Ha detto che l’idea di fare una graduale “transizione energetica” lontano dai combustibili fossili è un modo per ritardare il lavoro necessario per fermare il cambiamento climatico.

Il Brasile sta valutando se sviluppare un giacimento petrolifero offshore potenzialmente enorme vicino alla foce del Rio delle Amazzoni e alla costa settentrionale del Paese, dominata dalla foresta pluviale. “Quello di cui stiamo discutendo oggi in Brasile è la ricerca di un’area vasta, nella mia visione forse l’ultima frontiera del petrolio e del gas prima della transizione energetica”, ha detto il ministro dell’Energia brasiliano, Alexandre Silveira, dopo il discorso di Petro. Silveira ha aggiunto che si dovrebbero condurre delle ricerche su quale petrolio c’è per prendere una decisione sulla questione.

LE DECISIONI SULL’ESTRAZIONE DELL’ORO E SUGLI ALTRI TEMI

Oltre alla deforestazione, il vertice non ha fissato nemmeno una scadenza per porre fine all’estrazione illegale dell’oro, sebbene i leader abbiano concordato di cooperare sulla questione e di combattere meglio la criminalità ambientale transfrontaliera. La dichiarazione congiunta finale – chiamata “Dichiarazione di Belem” – ha affermato con forza i diritti e le tutele degli indigeni, accettando anche di cooperare sulla gestione dell’acqua, sulla salute, sulle posizioni negoziali comuni ai vertici sul clima e sullo sviluppo sostenibile. La dichiarazione ha istituito inoltre un organismo scientifico che si riunirà ogni anno e produrrà dei rapporti autorevoli sulla scienza relativa alla foresta pluviale amazzonica, simile a quelli realizzati dal Panel internazionale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC).

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