La richiesta di parere per il Testo unico rinnovabili non è corredata della prescritta intesa in sede di Conferenza unificata e del prescritto parere del Consiglio di Stato
Ci sarà tempo fino a metà ottobre per il parere allo “Schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regioni amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, meglio conosciuto come Testo unico rinnovabili. Lo ha detto ieri durante la riunione delle Commissione riunite Ambiente e Attività produttive della Camera, la viceministra dell’ambiente e della sicurezza energetica Vannia Gava comunicando la disponibilità del Governo ad attendere ancora per il parere parlamentare che sarebbe dovuto arrivare entro il 25 settembre.
MANCA L’INTESA IN SEDE DI CONFERENZA UNIFICATA E IL PRESCRITTO PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO
Il presidente Alberto Luigi Gusmeroli, ha infatti segnalato in apertura di seduta che la richiesta di parere su tale schema non è corredata della prescritta intesa in sede di Conferenza unificata e del prescritto parere del Consiglio di Stato, e che pertanto le Commissioni non potevano concluderne l’esame prima che tali atti fossero trasmessi.
Andrea Barabotti (Lega), relatore per la X Commissione, anche a nome del relatore per l’VIII Commissione, Francesco Battistoni, ha poi illustrato il provvedimento ricordando che il Governo ha intenzione di raccogliere in questo provvedimento una serie di misure che mirano a semplificare il quadro normativo, accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili e contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici ed energetici dell’Unione europea e dell’Italia.
COSA PREVEDE IL DECRETO
Quattordici articoli in tutto per il riordino dei regimi amministrativi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili. Lo prevede la bozza del decreto legislativo per definire “i regimi amministrativi per la costruzione ovvero l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli stessi impianti, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti”. Ferme restando le disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia “ai fini dell’acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi”.
Come recita la bozza di testo, il decreto “assicura, anche nell’interesse delle future generazioni, la massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili mediante la razionalizzazione, il riordino e la semplificazione delle procedure in materia di energie rinnovabili e il loro adeguamento alla disciplina eurounitaria, nel rispetto della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, dei beni culturali e del paesaggio e della concorrenza fra gli operatori presenti e futuri”. Lasciando a regioni ed enti locali 120 giorni per adeguarsi.
I VANTAGGI DEL RIORDINO NORMATIVO
Tra i vantaggi segnalati dal riordino normativo, oltre all’armonizzazione e allo snellimento delle procedure, il rafforzamento della “Sicurezza Energetica” “poiché una normativa unificata favorisce una più rapida transizione verso fonti di energia sicure e sostenibili, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili” e il successo del piano RepowerEU. “Una normativa armonizzata permetterà di superare le attuali barriere burocratiche, incentivare gli investimenti e accelerare la transizione verso un sistema energetico sostenibile e sicuro. Questo approccio contribuirà non solo a raggiungere gli obiettivi di RepowerEU, ma anche a consolidare il ruolo dell’Europa come leader globale nella lotta al cambiamento climatico e nella promozione delle energie rinnovabili”, si legge nella relazione illustrativa.
Infatti, si legge nella bozza della relazione illustrativa, “la riforma consiste nell’adozione e nell’entrata in vigore di un unico atto legislativo primario che raccoglie, compila e consolida tutte le norme che disciplinano la diffusione delle energie rinnovabili e sostituisce tutta la legislazione esistente in materia. L’atto legislativo stabilisce, inoltre, i principi per la razionalizzazione e la armonizzazione delle procedure di autorizzazione per le fonti energetiche rinnovabili a livello subnazionale”.
TAVOLO DI LAVORO TRA MINISTERO DELLE RIFORME E MASE
Per ridurre quantitativamente la legislazione vigente, riordinare gli ambiti tematici omogenei, migliorare la qualità della regolazione, il ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione insieme al Mase hanno avviato un tavolo di lavoro per affrontare le molteplici questioni procedimentali: “La scelta è stata quella di ricondurre all’interno di un unico decreto la disciplina procedimentale delle fonti rinnovabili; al testo, che presenta i caratteri di brevità ed essenzialità, sono poi elencati gli interventi riferiti ai regimi amministrativi previsti, in guisa da chiarire, con precisione, l’ambito di applicazione di ciascuno di esso”, si legge nella relazione illustrativa al provvedimento.
COSA PREVEDE IL TESTO
L’analisi del provvedimento, prevede all’articolo 2, che la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile “è soggetta al regime di autorizzazione nei soli casi previsti dal presente decreto, in conformità ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e proporzionalità.”.
Inoltre, “gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti” (comma 2). Il comma 3 sancisce, inoltre, i principi generali di “celerità, uniformità procedimentale sull’intero territorio nazionale e non aggravamento degli oneri” nonché “del risultato, di fiducia, buona fede e affidamento”. Il nuovo regime giuridico dovrà garantire altresì “la pubblicità, la trasparenza e la partecipazione dei soggetti interessati nonché la concorrenza fra gli operatori”.
L’INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE
L’articolo 3 richiama il principio dell’interesse pubblico prevalente di derivazione eurounitaria che attribuisce, di regola e salva prova contraria, priorità alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, fatta salva la possibilità di escludere aree selezionate del territorio e particolari tipologie di progetti dalla predetta priorità (comma 2). Le ipotesi di esclusione, per determinate parti del territorio ovvero per determinati tipi di tecnologia o di progetti con specifiche caratteristiche tecniche, sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri interessati, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata. In ogni caso, l’esclusione dovrà assicurare il rispetto delle priorità stabilite nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC). Resta ferma, ai fini della predetta esclusione, l’individuazione delle aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021. Si rammenta, al riguardo, che, ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del ridetto decreto legislativo è stato adottato, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024, che stabilisce, tra l’altro, principi e criteri omogenei per l’individuazione, da parte delle regioni, delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, secondo l’approccio del c.d. “burden sharing”, che implica la condivisione degli “oneri” relativi al perseguimento di tali obiettivi da parte di ciascuna regione.
LE DEFINIZIONI
L’articolo 4 introduce le definizioni necessarie ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, anche nel tentativo di fugare dubbi interpretativi emersi durante la vigenza della precedente normativa. Si chiarisce, in particolare, che per “realizzazione degli interventi” intende alludersi, non solo alla costruzione dell’impianto singolarmente inteso (sia esso di produzione di energia da fonte rinnovabile o di accumulo), quanto piuttosto alla costruzione e “all’esercizio” dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili. Rientrano, poi, nella nozione di “realizzazione degli interventi”, non solo i casi di realizzazione di nuovi impianti, ma anche i casi di interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale di impianti.
DIGITALIZZAZIONE DELLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE E MODELLI UNICI
L’articolo 5 prevede che le domande e le comunicazioni siano veicolate attraverso la nuova piattaforma unica digitale “SUER” e che, nelle more della sua attivazione, restino operativi gli strumenti informatici operativi in ambito statale, regionale, provinciale o comunale.
La previsione secondo cui tutti i procedimenti debbano transitare attraverso un’unica piattaforma digitale si mostra in linea con la direttiva 2018/2001/UE, come modificata dalla direttiva 2023/2413/UE, e con il PNRR. Giova rammentare che, ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 199 del 2021, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha predisposto un decreto di istituzione della nuova piattaforma, sottoposto all’esame della Conferenza Stato – Regioni. La piattaforma (anche detta “Sportello unico delle energie rinnovabili”, da cui l’acronimo “SUER”), rappresenterà l’unico punto di accesso per le procedure amministrative relativi agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, fornendo guida e assistenza lungo tutte le fasi della procedura. In prima attuazione, la SUER riguarderà i procedimenti per il rilascio dell’autorizzazione unica. A tal fine è prevista l’adozione di un modello unico per le istanze di autorizzazione.
REGIMI AMMINISTRATIVI
La portata innovativa del presente decreto è senz’altro evidenziata dall’articolo 6, che sostituisce i diversi regimi amministrativi esistenti, eterogenei e non coordinati, introdotti dalle disposizioni legislative che si sono susseguite nel tempo, riconducendoli a tre: attività libera; procedura abilitativa semplificata; autorizzazione unica. Si tenga presente che, per il solo settore “FER elettrico”, la normativa vigente ammette plurime tipologie di regime: l’attività a edilizia libera (ex articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001); la comunicazione (ex articolo 6, comma 11, del decreto legislativo n. 28 del 2011); la dichiarazione di inizio lavori asseverata (articolo 6-bis del decreto legislativo n. 28 del 2011); la procedura abilitativa semplificata – PAS (articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011); l’autorizzazione unica (articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2011 e articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003). Alcuni interventi sono poi qualificati dalla legislazione vigente come di “manutenzione ordinaria” (commi 5 e 5-bis dell’articolo 7-bis del decreto legislativo n. 28 del 2011).
ATTIVITÀ LIBERA
In primo luogo, l’articolo 7 prevede di assoggettare al regime della “attività libera” le fattispecie di interventi individuate dall’Allegato A. Si prevede, infatti, che tali interventi, per impatto, potenza derivante o collocazione dell’impianto, siano, di regola, liberamente realizzabili. L’assoggettamento al regime della “attività libera” delle fattispecie di cui all’Allegato A è stato operato muovendo da una analitica ricognizione del quadro normativo vigente, con l’intento di ricondurre nell’alveo di una categoria unitaria interventi attualmente ascrivibili ai regimi della manutenzione ordinaria, dell’edilizia libera, della comunicazione e, in alcuni casi residuali, della dichiarazione di inizio lavori asseverata e della denunzia di inizio lavori.
Il comma 2 prevede che il regime dell’attività libera non si applica agli interventi nel caso in cui gli interventi ricadono su beni oggetto di tutela ai sensi della Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in aree naturali protette o nei siti della rete “Natura 2000”. Conseguentemente, la norma chiarisce che qualora un determinato intervento di cui all’Allegato A insista sui predetti beni o sulle predette aree, si applica il regime della procedura abilitativa semplificata di cui al successivo articolo 8.
Qualora poi gli stessi interventi insistano su aree assoggettate a vincoli paesaggistici (comma 4) o ad altri singoli vincoli tra quelli di cui all’articolo 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 (comma 6), è prevista una procedura particolarmente accelerata, mirante a superare l’inerzia dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo. Ciò anche sulla scorta del recente indirizzo giurisprudenziale secondo cui “l’istituto del silenzio assenso risponde ad esigenze di semplificazione e celerità dell’azione amministrativa che vengono bilanciate con le esigenze di tutela degli interessi pubblici. A tale bilanciamento non si sottraggono gli interessi sensibili, la cui tutela rafforzata non viene pregiudicata dall’operatività degli istituti di semplificazione di cui agli articoli 14-bis e 17-bis della legge n. 241 del 1990. Da ciò consegue che l’eventuale parere tardivo e, in generale, le determinazioni rese una volta maturato il termine nell’ambito della conferenza di servizi sono irrilevanti e privi di effetti in quanto con la formazione del silenzio assenso viene meno la competenza dell’autorità rimasta inerte (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 3 giugno 2024, n. 4948; Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2023, n. 8610).
Ai sensi del comma 5, l’autorizzazione paesaggistica non occorre nel caso in cui gli interventi, pur se insistenti su aree o immobili “vincolati” di cui all’articolo 136, comma 1, lettera c), del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non siano visibili dagli spazi esterni e dai punti di vista panoramici oppure la tecnologia di costruzione e installazione degli impianti fotovoltaici consenta l’utilizzo di materia della tradizione locali (con ciò rendendo l’impianto perfettamente integrato nel paesaggio).
Il comma 7 prevede che tutti gli interventi assoggettati al regime dell’attività libera possano essere interessati dall’applicazione del modello unico semplificato ex articolo 25, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 199 del 2021, rilevante anche per la connessione alla rete degli impianti sottoposti al regime dell’attività libera. Si consideri, al riguardo, che la soglia di potenza che, quantomeno per le FER elettriche, viene più volte richiamata nell’Allegato A è quella di 10 MW, rilevante ai fini della connessione in quanto soglia oltre la quale la soluzione di connessione alla rete deve essere pattuita con il gestore della rete di trasmissione nazionale (e non con i distributori locali).
Per gli impianti individuati dall’Allegato B,l’articolo 8 prevede l’applicazione della procedura abilitativa semplificata (PAS) che risponde a una ratio di semplificazione amministrativa e normativa, a un tempo. Anche in questo caso, lo sforzo è stato quello di ricondurre a unità le molteplici tipologie di regime relative alla costruzione e all’esercizio di impianti da fonti rinnovabili, che sarebbe sproporzionato, anche alla luce della disciplina vigente, sottoporre al regime autorizzatorio più gravoso dell’autorizzazione unica. La PAS, per come concepita, facilita l’acquisizione dei nulla-osta necessari, riduce i tempi delle istruttorie e, al contempo, garantisce certezza ai soggetti proponenti, anche sotto il profilo della “bancabilità”.
La PAS, che è un istituto “tutto tipico” del settore energetico introdotto ad opera del decreto legislativo n. 28 del 2011 (di recepimento della direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili 2009/28/CE), ha riscontrato negli anni il favore dei soggetti interessati, pur in presenza di talune incertezze in ordine alla sua natura giuridica. A tale ultimo riguardo (e, in ispecie, a fronte di recenti interventi normativi, quali, ad esempio, quelli di cui all’articolo 47 del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023) la giurisprudenza del Consiglio di Stato è pervenuta a una definizione della PAS quale procedura che conduce all’ottenimento di un “atto autorizzativo che si forma tacitamente”.
Tale istituto rappresenta, tanto a legislazione vigente quanto nell’impostazione del presente decreto legislativo, una ipotesi intermedia tra l’attività libera e l’autorizzazione vera e propria, in quanto la formazione del titolo abilitativo non richiede un espressa manifestazione di volontà da parte dell’amministrazione procedente, quanto più semplicemente il decorso di un termine senza che sia stato comunicato il provvedimento di diniego.
La procedura prende avvio con la presentazione, mediante la piattaforma SUER, di un progetto corredato: delle dichiarazioni sostitutive in relazione a ogni stato, qualità personale e fatto pertinente alla realizzazione degli interventi; della dichiarazione di disponibilità, a qualunque titolo, della superficie ovvero della risorsa interessata dagli interventi; delle asseverazioni di tecnici abilitati che attestino la compatibilità degli interventi con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti, la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, il rispetto delle norme di sicurezza e igienico-sanitarie nonché del più recente “vincolo” imposto dall’articolo 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021, come introdotto ad opera del decreto-legge n. 63 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101 del 2024; degli elaborati tecnici per la connessione predisposti dal gestore della rete; nei casi in cui sussistano vincoli di cui all’articolo 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241, degli elaborati tecnici occorrenti all’adozione dei relativi atti di assenso; del cronoprograma di realizzazione degli interventi.
La PAS conduce all’acquisizione di un provvedimento tacito di assenso, anche mediante la convocazione di una conferenza dei servizi semplificata nel caso in cui vengano in rilievo i vincoli di cui al suddetto articolo 20, comma 4, fermo restando che il dissenso in conferenza di una delle amministrazioni preposte ai vincoli medesimi, che sia congruamente motivato, dà luogo a un provvedimento di diniego alla realizzazione dell’intervento.
All’esito favorevole della procedura, il soggetto proponente è tenuto a richiedere la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della regione interessata dell’avviso di intervenuto perfezionamento del titolo abilitativo, unitamente alla data di presentazione del progetto, alla data di perfezionamento del titolo abilitativo, alla tipologia di intervento e alla sua esatta localizzazione. Dalla pubblicazione – che avviene nel primo bollettino ufficiale successivo alla ricezione della richiesta e determina il decorso dei termini di impugnazione – il titolo abilitativo acquista efficacia, è opponibile ai terzi e decorrono i relativi termini di impugnazione. In quanto preordinata alla efficacia del titolo, la pubblicazione sul BUR ha, dunque, natura costitutiva.
LA PROCEDURA ABILITATIVA SEMPLIFICATA
In caso di mancata comunicazione al soggetto proponente del provvedimento di diniego nei termini previsti dall’articolo 8 in esame, il comune è legittimato a esercitare l’annullamento in autotutela nel termine perentorio di sei mesi dal perfezionamento del titolo abilitativo.
Si sanziona, infine, con la decadenza del titolo abilitativo, il mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma allegato al progetto per l’avvio della realizzazione degli interventi o per la mancata entrata in esercizio dell’impianto.
L’AUTORIZZAZIONE UNICA
Solo per progetti che si assumono di particolare complessità, previsti dall’Allegato C, il decreto legislativo in commento prevede, all’articolo 9, un procedimento autorizzatorio unico, che integra effettivamente, al proprio interno, la valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, fissando termini certi e congrui, tenuto conto della complessità del progetto in rapporto all’esigenza di un pronto e sollecito raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
Il nuovo procedimento unico, applicabile sia agli impianti on-shore sia agli impianti off-shore, consente, pertanto, di integrare i tempi della procedura amministrativa con quelli delle procedure di valutazione di impatto ambientale, evitando le odierne eccessive lungaggini e complicazioni.
In particolare, il soggetto proponente deve presentare la domanda di autorizzazione unica, tramite la piattaforma SUER, alla regione competente o al Ministero dell’ambiente, a seconda della tipologia di intervento, utilizzando, a tale fine, il modello da adottarsi ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 199 del 2021.
Le amministrazioni verificano la documentazione e, se necessario, richiedono ulteriori integrazioni e, nel caso di valutazioni ambientali, si apre una fase di consultazione pubblica. Al termine, l’amministrazione procedente indice una conferenza di servizi per finalizzare la decisione.
La determinazione conclusiva della conferenza costituisce il provvedimento autorizzatorio unico, che comprende tutti i titoli abilitativi necessari. Il provvedimento autorizzatorio unico ha l’efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, stabilita nella determinazione conclusiva (di segno favorevole) della conferenza di servizi, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione dell’intervento. L’autorizzazione unica decade nel caso in cui, entro i termini previsti dal progetto esecutivo, non abbia preso avvio la realizzazione dell’intervento o l’impianto non sia entrato in esercizio. Al pari di quanto previsto dal vigente articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, l’articolo 9 in commento prevede che l’autorizzazione unica non possa essere subordinata a misure compensative a favore di regioni e province, fatta eccezione per quelle necessarie a mitigare le ricadute ambientali e paesaggistiche. Sempre volendo mantenere la previsione contenuta al comma 3-bis del citato articolo 12, si stabilisce che il Ministero della cultura prenda parte al procedimento autorizzatorio unico allorché gli interventi siano localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, e non siano sottoposte a valutazioni ambientali.
IL COORDINAMENTO DEL REGIME CONCESSORIO
L’articolo 10 coordina i regimi della procedura abilitativa semplificata e dell’autorizzazione unica con il vigente procedimento per il rilascio della concessione demaniale, ove necessaria ai fini della realizzazione dell’impianto.
In particolare, per ottenere la concessione di superfici o risorse pubbliche per la realizzazione di interventi, il proponente deve presentare una richiesta all’ente concedente, che la pubblica sul proprio sito web. Se non vi sono richieste concorrenti o se viene selezionato il proponente, l’ente rilascia la concessione.
Se gli interventi richiedono un’abilitazione o un’autorizzazione unica, la relativa domanda deve essere tempestivamente presentata, altrimenti, la concessione decade. Nelle more, sulle aree oggetto della concessione non è consentita la realizzazione di alcuna opera né di alcun intervento incompatibili con quelli oggetto della PAS o dell’istanza di autorizzazione unica.
Il proponente stipula una convenzione con l’ente concedente dopo l’ottenimento del titolo abilitativo e, da tale momento, sono dovuti i relativi oneri. La concessione decade se i lavori non iniziano o l’impianto non entra in esercizio entro i termini previsti. Le concessioni per risorse geotermiche e idroelettriche seguono le specifiche normative vigenti.
LE SANZIONI AMMINISTRATIVE IN MATERIA DI COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DI IMPIANTI
L’articolo 11 disciplina le sanzioni amministrative per l’inottemperanza alle disposizioni precedentemente illustrate, adattando alle nuove procedure le previsioni sanzionatorie di diritto amministrativo già previste dall’ordinamento e facendo salve le ulteriori sanzioni, anche penali, applicabili alle medesime fattispecie. Non sono previste particolari sanzioni in relazione alla previsione dell’attività libera (articolo 7) perché in caso di mancato rispetto di quelle prescrizioni l’attività cessa di essere libera e trovano applicazione le sanzioni previste dal testo unico per l’edilizia e dalle altre normative di settore per il caso di realizzazione abusiva di manufatti e impianti.
IL COORDINAMENTO CON LA DISCIPLINA IN MATERIA DI VALUTAZIONI AMBIENTALI
L’articolo 12 reca norme di coordinamento con la disciplina in materia di valutazioni ambientali. In particolare, coerentemente con la normativa eurounitaria (e, in particolare, con la direttiva 2011/92/UE, ai sensi della quale spetta agli Stati membri stabilire le soglie che determinano la sottoposizione a valutazioni ambientali dei progetti di cui all’allegato II alla direttiva medesima) si è proceduto a rimodulare talune soglie previste dagli allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, per specifica tecnologia e tenendo conto degli impatti ambientali, in modo da realizzare l’obiettivo, incipitariamente esposto, di rendere effettiva la semplificazione intrinseca a regimi non propriamente autorizzatori (quali quelli di PAS e autorizzazione unica) che, ai sensi della legislazione vigente, spesso, viceversa, richiedono l’esperimento delle valutazioni ambientali, con conseguente attenuazione della snellezza che, in linea di principio, dovrebbe caratterizzare simili regimi (cfr., ad esempio, l’articolo 22-bis del decreto legislativo n. 199 del 2021).
Gli articoli 13 e 14 pongono, infine, le necessarie misure di coordinamento con la disciplina vigente, transitorie e abrogative delle disposizioni previgenti.
Gli Allegati A, B, C individuano gli impianti sottoposti ai descritti tre diversi regimi amministrativi. L’Allegato D reca l’elenco delle disposizioni abrogate o comunque superate dalla nuova disciplina unica dei regimi amministrativi applicabili agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.