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Perché il Regno Unito farà ancora affidamento su petrolio e gas (e l’Italia ancora non può)

Da Boris Johnson semaforo verde a sei nuovi pozzi: in Italia si guarda all’Adriatico per estrarre più gas

La produzione interna di petrolio e gas continuerà a svolgere un ruolo importante nel mix energetico del Regno Unito, nonostante l’impegno a raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050. La conferma è arrivata qualche giorno fa dal primo ministro Boris Johnson.

Oil and gas still part of UK energy mix in move to net zero, says Johnson

REGNO UNITO IN CRISI A CAUSA DEGLI AUMENTI IN BOLLETTA: DAL 1 APRILE SI STIMA UN +54%

Insomma, nonostante il Regno Unito stia spingendo per costruire più capacità eolica offshore, al tempo stesso continuerà a consentire nuovi progetti di petrolio e gas nel Mare del Nord del Regno Unito per cercare di soddisfare le esigenze di sicurezza energetica. Gli ultimi mesi hanno dimostrato che l’Europa e il Regno Unito non possono fare a meno del gas naturale, mentre la Gran Bretagna ha assistito a una crisi del costo della vita con l’aumento vertiginoso delle bollette energetiche e il prezzo massimo destinato a salire del 54% a partire dal 1 aprile, che si stima colpisca 22 milioni di famiglie nel Regno Unito, secondo quanto si legge su Oilprice.

PER LONDRA PETROLIO E GAS HANNO UN RUOLO NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA BRITANNICA

Non è tutto. Il governo ritiene che petrolio e gas abbiano un ruolo nella transizione energetica del Regno Unito, ha detto un portavoce del gabinetto a The Independent. “L’industria del petrolio e del gas continuerà a svolgere un ruolo mentre effettuiamo questa transizione. Stanno investendo in tecnologie pulite come la cattura del carbonio e l’idrogeno di cui abbiamo bisogno per arrivare allo zero netto”, ha affermato il portavoce.

NEL 2022 SEI NUOVI GIACIMENTI NEL MARE DEL NORD

Nel frattempo, il governo dovrebbe approvare lo sviluppo di sei nuovi giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord quest’anno, secondo quanto riportato dal Daily Telegraph questa settimana.

Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere, ha chiesto al Segretario agli Affari e all’Energia Kwasi Kwarteng di accelerare le licenze per sei campi mentre crescono i timori sull’impatto economico dello zero netto entro il 2050, ha appreso The Telegraph.

ENTRO IL 2030 CROLLO DELLA PRODUZIONE DI GAS INGLESE SENZA NUOVE TRIVELLAZIONI

All’inizio di quest’anno, l’ente del settore energetico offshore OGUK aveva avvertito che il Regno Unito sarebbe potuto diventare molto più vulnerabile agli shock dei prezzi e agli eventi geopolitici a meno che non fossero stati approvati e sviluppati nuovi giacimenti offshore in mancanza dei quali la produzione di gas del Regno Unito crollerebbe del 75% entro il 2030.

Il governo del Regno Unito non è disposto a chiudere il settore che fornisce il 73% dell’energia del Regno Unito e soddisfa il 47% della sua domanda di gas naturale. Ma le autorità hanno recentemente proposto che i nuovi sviluppi del progetto superino il cosiddetto test di compatibilità net-zero.

E L’ITALIA?

Sono proprio le risorse italiane in Adriatico ad attirare maggiormente l’attenzione. I tedeschi, ad esempio, qualche settimana fa dalle pagine del Frankfurther Allgemein Zeitung (Faz), si sono chiesti perché non usiamo il nostro gas. La speranza, in questo senso, è affidata al nuovo corso che il governo italiano sembra voler dare per mitigare gli alti prezzi dell’energia di questo periodo. Sia il ministro della Transizione energetica che il premier Mario Draghi qualche settimana fa hanno fatto esplicitamente riferimento a un possibile aumento della produzione dai giacimenti di gas nell’Adriatico.

I trend del 2022? Bessi: Comunità del gas Ue, estrazioni a km 0 e ruolo della finanza nella tassonomia

Tuttavia, almeno per il momento, i dati 2021 delle estrazioni italiane provenienti dal Mite hanno certificato una produzione di appena 3,34 miliardi di metri cubi di gas, il 18,6% in meno del 2020. Un’inezia se rapportata ai nostri consumi pari a 76,1 miliardi di mc (+7,2% rispetto all’anno precedente) tutti importati dall’estero (Russia e Algeria in primis). E senza dimenticare che secondo alcuni analisti i costi del gas importato arriva a quasi 1 euro rispetto agli appena 5 centesimi che costerebbe quello prodotto in casa.

IL TAP

Da poco più di un anno è operativo il gasdotto Tap che fornisce combustibile dall’Azerbaigian e che ha contribuito per 7,21 mld di mc consentendo anche un piccolo export (1,54 mld di mc)

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