Non tutte le frazioni avviate materialmente a riciclo possono essere incluse nel calcolo del riciclo per verificare il raggiungimento del target Ue. La Decisione esecutiva 1004/2019 stabilisce infatti quali flussi possono essere utilizzati per il calcolo e quali no
Il 2025 è stato anno importante per il settore dei rifiuti, perché i Paesi dell’Unione europea dovranno verificare il raggiungimento del primo obiettivo di preparazione per il riutilizzo e riciclo dei rifiuti urbani previsto dalla nuova Direttiva 2018/851/UE, che prevede di raggiungere almeno il 55% sul totale dei rifiuti urbani e simili raccolti.
Come ricorda Green Report, la precedente direttiva prevedeva un target del 50% di riciclo al 2020, obiettivo che l’Italia ha raggiunto, anche grazie al fatto che per i conteggi di allora si potevano usare diversi criteri di calcolo (quattro), e uno di questi il nostro Paese l’ha soddisfatto (54,4%).
LE REGOLE DELLA COMMISSIONE UE PER IL TARGET RIFIUTI 2025
Per verificare il target 2025, invece, la Commissione europea ha varato un unico criterio di calcolo, contenuto nella decisione esecutiva 1004 del 2019, che richiama l’art 11 bis della Direttiva 2018/851/UE e che gli Stati membri saranno obbligati ad utilizzare quando, nel 2026, dovranno rendicontate all’Europa il proprio tasso di riciclo dei rifiuti urbani.
Eurostat ha predisposto delle linee guida che aiuteranno a fare i calcoli. Per acquisire informazioni sui quantitativi di rifiuti in ingresso alle operazioni di riciclaggio finale, inoltre, specifici aggiornamenti sono stati apportati al modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) dal DPCM 17 dicembre 2021 attraverso l’introduzione di una specifica scheda riciclaggio, su cui si baseranno i calcoli.
L’ITALIA RISCHIA UNA PROCEDURA D’INFRAZIONE
In ballo c’è una eventuale procedura di infrazione, se lo Stato membro non raggiunge il target. Ispra, ai sensi della decisione esecutiva 1004/2019, fornisce un dato di riciclo per l’anno 2023, secondo cui l’Italia si attesta sul 50,8%. In due anni, quindi il nostro Paese dovrebbe aumentare il tasso di riciclo di 4,2 punti percentuali, una media di 2,1 l’anno.
Secondo il Rapporto rifiuti urbani 2024, che riporta i dati del 2023, la serie storica dice che tra il 2018 e il 2023 l’Italia è cresciuta di 5 punti, ma nel biennio 2024/2025 servirebbe più del doppio. A fine anno, con il Rapporto rifiuti urbani 2025 su dati 2024, avremo una panoramica migliore, ma potrebbe essere troppo tardi.
I DATI SUL RICICLO REALE DEI RIFIUTI URBANI
C’è però un elemento tecnico molto importante da considerare: guardando i dati Ispra/Eurostat sul riciclo reale dei rifiuti urbani – cioè quanti materiali concretamente vengono avviati a riciclo – si scopre che già nel 2022 il nostro Paese era sopra al target, con un valore del 58% (32% di frazioni secche e 26% di frazioni organiche).
Per il 2023 Ispra ha registrato un totale di riciclo del 55% (29% recupero di materia secca, 24 % riciclo frazione organica, 1% compostaggio domestico, 1% FOS a copertura discarica). Sembrerebbe quindi che nel 2023 avessimo già raggiunto l’obiettivo, ma non è così.
LA QUESTIONE DELLE DIVERSE FRAZIONI DI RIFIUTI
Non tutte le frazioni avviate materialmente a riciclo possono essere incluse nel calcolo del riciclo per verificare il raggiungimento del target. La decisione esecutiva 1004/2019 stabilisce infatti quali flussi possono essere utilizzati per il calcolo e quali no.
La Decisione esecutiva consente di considerare i flussi di raccolta differenziata e, rimossi gli scarti, calcolare la quantità che va a riciclo. Non tutti i flussi di raccolta differenziata, però, possono essere usati: la Commissione, ad esempio, non consente di conteggiare i flussi di rifiuti da costruzione e demolizione raccolti nel circuito dei rifiuti urbani e avviati a riciclo. Secondo Bruxelles, infatti, i rifiuti da C&D non sono mai rifiuti urbani, ma sempre e soltanto speciali.
In Italia, ciò significa togliere dal conteggio 430.000 tonnellate di materiali raccolti, che potrebbero valere 400.000 tonnellate di riciclo, pari all’1,3% del totale dei rifiuti prodotti che non potremo valorizzare. La decisione esecutiva non permette nemmeno di utilizzare nei calcoli gli scarti della raccolta multimateriale, anche se avviati a riciclo.
I MATERIALI SELEZIONATI E RECUPERATI IN IMPIANTI DI TRATTAMENTO INTERMEDIO
La Decisione esecutiva consente di utilizzare nel calcolo del riciclo anche i materiali selezionati e recuperati in impianti di trattamento intermedio (TMB, TM), quali plastiche, metalli, legno, vetro, carta, etc. Un flusso che in Italia nel 2023 è valso circa 106mila tonnellate, un altro importante 0,4% del totale dei rifiuti prodotti.
Né la Direttiva discariche, né la Decisione esecutiva 1004/2019 consentono però di utilizzare nel calcolo la frazione organica stabilizzata (FOS) in uscita dai TMB ed utilizzata come terra di copertura delle discariche, a tutti gli effetti flusso a riciclo perché sostitutivo di terra (materiale vergine). Questo flusso in Italia è pari a 223mila tonnellate, lo 0,7% del totale dei rifiuti prodotti.
L’ITALIA RICICLA CIRCA IL 55% DEI RIFIUTI URBANI, MA NE PUÒ CERTIFICARE MENO DEL 51%
Secondo Ispra, quindi, l’Italia già nel 2023 riciclava oltre il 55% dei rifiuti urbani prodotti ma, a causa di queste esclusioni di flussi importanti dal calcolo nella decisione esecutiva 1004/2019, potrebbe certificarne solo il 50,8%. I dati che il nostro Paese certificherà nel 2025 con riferimento al 2025 potrebbero documentare un riciclo effettivo del 58%-60%, ma un dato di certificazione legale intorno al 55%, con il rischio di arrivare sotto target.
Per questo, spiega Andrea Sbandati, senior advisor di Confservizi Cispel Toscana, “servirebbe un aggiornamento della Decisione di esecuzione 1004/2019, ferma appunto al 2019, che potrebbe prevedere un ampliamento dei flussi utilizzabili nei calcoli, sempre purché siano flussi realmente a recupero. Così come forse la attuale normativa consente agli Stati membri margini di flessibilità che consentano di prendere atto di fattori specifici di uno Paese”.
Forse nel 2025 l’Italia se la caverà in extremis, ma per i target 2030 e 2035 una revisione dei criteri di calcolo sarà inevitabile, in Italia e in Europa. In un recente documento, Bruxelles ha avvertito che 18 Paesi Ue rischiano di mancare uno o entrambi gli obiettivi fissati per il 2025 (rifiuti ed imballaggi); di questi, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Portogallo, Spagna e Svezia rischiano di non raggiungere l’obiettivo sui rifiuti urbani.


