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Perché l’Ue spinge per ostacolare la transizione energetica della Cina

L’Unione europea vuole proteggere la sua produzione di energia pulita dalla concorrenza della Cina, e per questo è in corso una nuova ondata di “protezionismo”, che però potrebbe ripercuotersi sulle catene di approvvigionamento e sul commercio globale
Da qualche mese a questa parte l’Unione europea sta spingendo il piede sull’acceleratore per proteggere la produzione interna legata all’energia ‘”green” dalla concorrenza cinese, in particolare sui veicoli elettrici, solare ed eolico.

Tuttavia, secondo gli analisti e l’industria, la nuova ondata di protezionismo sull’energia pulita “potrebbe danneggiare le catene di approvvigionamento e il commercio globale e di fatto aumentare ulteriormente i prezzi dei materiali e delle attrezzature necessarie per accelerare la transizione energetica”, scrive Oilprice.

LO SCORSO OTTOBRE L’INDAGINE SULLE SOVVENZIONI AI VEICOLI ELETTRICI IMPORTATI DALLA CINA

A ottobre scorso l’Ue ha avviato un’indagine per verificare le sovvenzioni sull’import in Europa di auto elettriche dalla Cina e per determinare se le catene di valore dei veicoli cinesi potessero o meno beneficiare di agevolazioni e in particolare “se queste sovvenzioni possono causare o minacciare di causare danni economici ai produttori europei”.

I risultati dell’indagine, che dovrebbe concludersi entro l’autunno del 2024, stabiliranno “se è nell’interesse dell’Ue porre rimedio agli effetti delle pratiche commerciali sleali riscontrate imponendo dazi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria” dalla Cina”, ha affermato la Commissione europea.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen  ha recentemente affermato, nel suo discorso sullo stato dell’Unione di settembre, che “i mercati globali sono ora inondati da auto elettriche cinesi più economiche. E il loro prezzo è mantenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali”. E “ciò sta distorcendo il nostro mercato”.

IL PIANO D’AZIONE UE PER L’ENERGIA EOLICA

Ma non c’è solo il settore delle auto a rischio. L’Ue sta anche cercando di proteggere anche i produttori europei di impianti eolici e solari dalla concorrenza cinese. Alla fine di ottobre, la Commissione europea ha presentato, infatti, anche un Piano d’azione europeo per l’energia eolica, che mira a “garantire che la transizione all’energia pulita vada di pari passo con la competitività industriale e che l’energia eolica continui a essere una storia di successo europea”.

“Le dipendenze si stanno intensificando”, aveva commentato Kadri Simson, commissario europeo per l’Energia. “L’Europa non ha intenzione di ridimensionare le sue ambizioni di decarbonizzazione, quindi deve anche agire per ridurre la sua dipendenza dalle tecnologie importate, che comporterà rischi sia economici che di sicurezza”, spiegava il commissario europeo. Il pacchetto sull’energia eolica rileva che i bassi prezzi cinesi e le catene di approvvigionamento più corte dovute al dominio della Cina nella produzione di acciaio e nelle materie prime “minano gravemente la capacità delle aziende dell’UE di competere in condizioni di parità”.

L’industria eolica europea, che rappresenta circa il 16% del consumo di elettricità dell’UE, è stata in difficoltà negli ultimi due anni a causa della lentezza dei processi di autorizzazione, delle interruzioni della catena di approvvigionamento, dell’aumento dei costi e dei tassi di interesse. L’associazione WindEurope  aveva avvertito  all’inizio di quest’anno che, se non verranno adottate misure a sostegno dell’industria, “esiste il rischio concreto che l’espansione dell’energia eolica avvenga in Cina, non in Europa”.

LE PREVISIONI DELL’AIE SULLE ENERGIE RINNOVABILI IN CINA

La Cina svolge anche un ruolo fuori misura nella catena di approvvigionamento globale delle tecnologie energetiche pulite, che presenta un’altra serie di preoccupazioni in materia di sicurezza energetica a causa delle catene di approvvigionamento altamente concentrate geograficamente sia per la tecnologia che per i minerali critici, come riconosce l’Agenzia internazionale per l’energia (AIE). Secondo le previsioni dell’agenzia contenute nel suo World Energy Outlook, nel 2030 la Cina deterrà una quota del 79% della catena di approvvigionamento del solare fotovoltaico, del 64% dell’energia eolica, del 68% delle batterie, del 54% dei prodotti chimici al litio e del 72% del cobalto raffinato. .

L’UE teme di essere diventata sempre più dipendente dalla produzione cinese, nonostante l’aumento del 50% del tasso di installazioni eoliche e solari lo scorso anno rispetto al 2021, nonostante l’aumento dei prezzi. La relazione sui progressi della competitività dell’UE ha rilevato  in ottobre che “dalle materie prime ai principali componenti intermedi e alle tecnologie finali per l’energia pulita, l’UE dipende sempre più dalle importazioni dai paesi terzi”. “La situazione varia a seconda della tecnologia, ma per la maggior parte delle tecnologie l’UE dipende dalla Cina per almeno una fase della catena del valore”, afferma il rapporto.

Nel settore della produzione solare, l’UE ha l’esperienza di imporre dazi antidumping alla Cina dieci anni fa, ma un mese dopo l’imposizione dei dazi, l’UE e la Cina hanno raggiunto un compromesso e  risolto la controversia  nel 2013. Entro il 2018, l’UE L’UE ha  rimosso tutte le restrizioni  sulla vendita dei pannelli solari cinesi. Ora, i discorsi su nuove misure commerciali stanno innervosendo il settore.

L’ITALIA ABBANDONA LA VIA DELLA SETA

Nel frattempo, l’Italia nei giorni scorsi ha comunicato ufficialmente a Pechino la sua uscita dalla Via della Seta. La decisione del governo italiano è arrivata dopo la missione in Cina, la scorsa estate, del segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, a cui era seguita la visita del ministro degli Esteri, Antonio Tajani. In entrambi gli incontri era stata confermata l’intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi ed era stato iniziato l’iter preparativo della visita in Cina, nel 2024, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Nonostante Palazzo Chigi non abbia commentato la decisione di non estendere la durata dell’accordo sulla Nuova Via della Seta oltre la scadenza – prevista per il 22 marzo 2024 – il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nei giorni scorsi ha dichiarato che “abbiamo già convocato per l’anno prossimo a Verona la riunione intergovernativa Italia-Cina per affrontare tutti i temi di commercio internazionale. Continuano ad esserci ottimi rapporti, pur essendo un Paese competitor dell’Italia a livello globale”.

La “Belt ad Road Initiative”, lanciata nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, è un pilastro della strategia di Pechino per rafforzare la sua economia attraverso una rete di infrastrutture fra 3 continenti, al fine di favorire gli scambi commerciali. Il memorandum con l’Italia – che è l’unico Paese del G7 ad aver aderito – era stato firmato nel 2019 dal primo governo Conte, con il governo Meloni che entro la fine di quest’anno doveva decidere se rinnovarlo o meno.

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