Wood Mackenzie prevede che quest’anno il prezzo del petrolio Brent si attesterà in media a 73 dollari al barile, in calo di 7 dollari rispetto al 2024
Secondo le ultime previsioni mensili sul mercato del petrolio di Wood Mackenzie, nel 2025 i prezzi del greggio Brent dovrebbero attestarsi in media a 73 dollari al barile, in calo di 7 dollari al barile rispetto al 2024.
La previsione di 73 dollari al barile per quest’anno è stata rivista al ribasso di 0,40 dollari al barile rispetto al rapporto mensile di inizio febbraio. Le prospettive dipendono principalmente da due fattori: i piani di produzione dell’OPEC+ e le politiche tariffarie degli Stati Uniti.
WOOD MACKENZIE: “C’È UNA COMPLESSA INTERAZIONE DI FATTORI DI DOMANDA E OFFERTA”
Secondo Ann-Louise Hittle, vicepresidente di Petroleum Research di Wood Mackenzie, “stiamo assistendo ad una complessa interazione di fattori di domanda e offerta. Mentre si prevede che la domanda globale aumenterà di 1,1 milioni di barili al giorno nel 2025, si prevede che la produzione non-OPEC aumenterà di 1,4 milioni di barili al giorno, superando potenzialmente la crescita della domanda”.
LE PREVISIONI SUI PREZZI DEL PETROLIO
Le previsioni di Wood Mackenzie includono diversi punti chiave.
- L’OPEC+ prevede di aumentare la produzione con piccoli incrementi mensili da aprile 2025 a settembre 2026. Rinviare questo piano sosterrebbe i prezzi e potrebbe compensare l’impatto di ulteriori dazi statunitensi;
- Nel 2025 la crescita economica globale è prevista al 2,8%, ma potrebbe essere rivista al ribasso di circa 0,5 punti percentuali a seconda di potenziali scenari di guerra commerciale;
- Una crescita più lenta del PIL quest’anno potrebbe ridurre l’aumento della domanda di petrolio di circa 0,4 milioni di barili al giorno;
- Il prezzo medio annuo del greggio Brent potrebbe scendere di 3-5 dollari al barile, se la crescita della domanda di petrolio si indebolisse.
LE CONDIZIONI ECONOMICHE CHE INFLUENZERANNO IL PREZZO DEL PETROLIO
Wood Mackenzie sottolinea che queste proiezioni sono soggette a modifiche in base alle condizioni economiche globali, alle politiche tariffarie e commerciali e alle decisioni dell’OPEC+. Secondo Hittle, “una crescita più lenta del PIL porterebbe la crescita della domanda nel 2025 a circa 0,4 milioni di barili al giorno al di sotto delle attuali proiezioni per quell’anno”.
“Il guadagno anno su anno risultante di 0,7 milioni di barili al giorno – ha aggiunto – sarebbe ampiamente compensato da un aumento dell’offerta non-OPEC, la maggior parte della quale proviene da progetti convenzionali ed è quindi ampiamente indipendente dal prezzo del petrolio. Questo rischio lascerebbe poco spazio all’OPEC+ per perseguire il suo piano di riportare la produzione sul mercato”.
L’INDUSTRIA NON RIESCE AD AUMENTARE LA PRODUZIONE
Ci sono già dei segnali che l’industria petrolifera non è in grado di continuare ad aumentare la produzione indipendentemente dai prezzi. I dirigenti dell’industria statunitense hanno già indicato che c’è poca voglia di tornare ad un approccio di trivellazione a piacimento.
Secondo Daniel Yergin di S&P Global, “agli attuali prezzi del petrolio è semplicemente antieconomico”, mentre il segretario USA all’Energia, Chris Wight, sostiene che i nuovi guadagni in termini di efficienza possano rendere lo scisto redditizio anche a 50 dollari al barile.
Lo scisto, però, è stato più sensibile ai prezzi internazionali fin dall’inizio a causa dei suoi costi più elevati. E qui entrano in gioco i giacimenti sauditi e i loro bassi costi: l’Arabia Saudita è ancora vincolata dai suoi obiettivi di produzione OPEC+ e ha appena dovuto costringere altri 7 membri del gruppo ad assumere ulteriori impegni di riduzione della produzione per compensare la loro costante sovrapproduzione. Questo non sembra un ambiente favorevole ad una crescita sostanziale della produzione, a meno che la domanda non esploda improvvisamente.
I PIANI DI DONALD TRUMP E LE SANZIONI ALL’IRAN
Un boom improvviso è piuttosto improbabile, ma con l’amministrazione Trump che sta tentando di nuovo di portare le esportazioni dell’Iran a zero, l’offerta potrebbe ancora restringersi, rendendo più probabile che si materializzino quelle nuove aggiunte di produzione di cui ha parlato Raymond James.
A gennaio le esportazioni di petrolio dell’Iran erano in media di 1,6 milioni di barili al giorno. Se le sanzioni dovessero portare ad un calo sostanziale di queste, i prezzi potrebbero avere un po’ di respiro, per un po’. Perché quell’offerta aggiuntiva sembra essere pronta ad arrivare.