Secondo l’analista G.B. Zorzoli, se nel 2024 l’Italia ha prodotto “solo” il 41% di elettricità da fonti rinnovabili, è anche “a causa dell’insufficiente impegno nel promuovere la transizione energetica da parte del governo italiano”
Nel 2024 la Germania ha prodotto circa il 61,5% dell’energia elettrica con fonti rinnovabili, la Spagna quasi il 60%, mentre in Italia eravamo a circa il 41%. Tra i grandi Paesi europei, solo in Francia – dove domina il nucleare – la percentuale è minore di quella italiana (26,3%).
Su questo divario ha certamente pesato, diversamente da Germania e Spagna, l’insufficiente impegno nel promuovere la transizione energetica da parte dei governi italiani, qualsiasi ne fosse il colore politico. Come effetto collaterale – spiega l’analista G.B. Zorzoli sulla rivista “Il Pianeta Terra” -, ciò ha facilitato la diffusione della sindrome Nimby, che non è determinata da un’eccessiva difesa dell’integrità del suolo da parte dei cittadini italiani.
CONSUMO DI SUOLO E DIFFICOLTÀ AUTORIZZATIVE
Il Rapporto 2025 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) continua infatti a denunciare un ritmo di consumo del suolo di circa 20 ettari al giorno a livello nazionale, pari a 2,3 metri quadrati al secondo, con conseguenze negative sull’assorbimento dell’acqua e sul ciclo idrico, e con costi economici stimati in oltre 400 milioni di euro all’anno per la perdita dell’effetto spugna.
Per contro, le difficoltà autorizzative dipendono innanzitutto dall’assenza, da parte di tutti i governi, di un programma per comunicare ai cittadini – in modo comprensibile e continuativo, utilizzando tutti i canali d’informazione – sia la compatibilità delle installazioni eoliche e fotovoltaiche con il territorio, sia i vantaggi derivanti dalla crescita della produzione di elettricità da fonti rinnovabili sotto il profilo economico (bollette più basse), ambientale e climatico, oltre ai costi indotti dal loro mancato sviluppo.
LE FAKE NEWS SULLE ENERGIE RINNOVABILI
Ad esempio, quali sarebbero le fake news da contrastare relativamente all’impatto sul territorio dei parchi eolici? In primis, non è vero che l’eolico consumi molto suolo: anzi, è vero il contrario, essendo il consumo limitato al cemento per le basi delle torri. Di conseguenza, l’impronta al suolo è di due ordini di grandezza inferiore a quella del solare a terra per unità di energia prodotta. La fake news include infatti nel conto le superfici tra le turbine, che devono essere opportunamente distanziate.
Queste superfici di spaziatura non rappresentano però un consumo di suolo, dato che sono compatibili con gli usi agricoli o anche con altri usi energetici, come il solare a terra. Sarebbe dunque relativamente facile smentirla, ad esempio diffondendo documentari come quello prodotto dal GSE (“La transizione possibile”), la cui efficacia è accresciuta dalla scelta di intercalare la narrazione del viaggio attraverso l’Italia con il controcanto del presidente del Gestore, che puntualizza i commenti del documentarista con i relativi approfondimenti tecnico-scientifici.
LA COMUNICAZIONE SUI PARCHI EOLICI
Nelle comunicazioni andrebbe smentita anche la diceria sull’assenza di garanzie per lo smantellamento del parco eolico una volta concluso il suo utilizzo, chiarendo che, per legge, a garanzia dello smantellamento, l’approvazione di impianti eolici è subordinata a una fideiussione bancaria o assicurativa a carico dei soggetti autorizzati alla realizzazione ed esercizio.
È invece più complessa la comunicazione per risolvere il problema della visibilità dei parchi eolici, trattandosi di valutazioni estetiche. Proprio perché è questa percezione a motivare le opposizioni, sarebbe illusorio continuare a contrapporvi il dato sulla ridotta superficie del territorio nazionale complessivamente occupata dagli impianti eolici.
Per usare una metafora calcistica, occorre prendere le obiezioni estetiche in contropiede, riconoscendo che i parchi eolici diventeranno sempre più parte integrante del paesaggio italiano, dunque modificandolo, come è costantemente avvenuto anche in passato, visto che da millenni viviamo in ambienti costruiti dall’uomo, in continua evoluzione.
Ad esempio, nella comunicazione si può ricordare che la celebrata bellezza del paesaggio toscano è il risultato della sostanziale modifica di un territorio che, mille anni fa, era coperto per la maggior parte da selve oscure, come quella in cui si perde Dante all’inizio della Divina Commedia. E che i non pochi mulini a vento olandesi (alcune migliaia) sono impianti eolici ante litteram, i quali, per mezzo millennio, hanno aspirato l’acqua dai polder, consentendo lo sviluppo dell’economia dell’Olanda, pur modificando il paesaggio in misura sostanziale (alcuni mulini a vento sono alti più di 40 metri).
UNA CORRETTA COMUNICAZIONE SULLE RINNOVABILI PER SCONFIGGERE LA SINDROME NIMBY
L’ormai storica presenza dei mulini li ha infine trasformati in mete turistiche, mentre l’Unesco li ha inseriti tra i Patrimoni dell’Umanità, come è accaduto anche per la Val d’Orcia in Toscana. In tempi più recenti, lo sviluppo delle reti ferroviarie e stradali, delle centrali e delle reti elettriche o delle moderne fabbriche smentisce il convincimento – diffuso, perché spesso coltivato ad arte – che trasformare l’ambiente sia un sacrilegio.
Per la necessità di ricorrere a molteplici canali di comunicazione, si tratta di un programma indubbiamente impegnativo, anche sotto il profilo finanziario, perché ci vorrà tempo per far prevalere la concezione di un ambiente storicamente costruito e in continuo sviluppo, che modifica la paesaggistica. Ma non esistono alternative per sconfiggere la sindrome Nimby.


