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Petrolio Gas

Mese nero per il greggio a novembre. Non accadeva da 10 anni

Al vertice G20 nulla di fatto sul petrolio. Ora si guarda al vertice Opec di Vienna del 6-7 gennaio

Il petrolio ha chiuso il suo mese peggiore dalla crisi finanziaria globale di dieci anni fa, proprio nel week in cui tutti gli occhi sono puntati al vertice G20 argentino in attesa di segnali concreti tra i due big dell’Opec+, Arabia Saudita e Russia che, attraverso le loro politiche di settore, possono decidere i destini dell’offerta petrolifera a livello mondiale.

A NOVEMBRE PREZZI DEL GREGGIO GIÙ DEL 22% COME NELL’OTTOBRE DEL 2008

I futures del greggio hanno recuperato un po’ di terreno nella chiusura di venerdì dopo che il comitato consultivo dell’OPEC ha raccomandato un taglio di 1,3 milioni alla produzione giornaliera del cartello. Tuttavia, nel loro complesso, i prezzi sono scesi del 22 per cento a novembre, il calo più importante da ottobre 2008. Il dato ha di fatto messo il cappello a un mese caratterizzato da una estrema volatilità tra preoccupazioni per il boom della produzione e l’impatto delle tensioni commerciali internazionali.

LE RAGIONI? UN MIX DI FATTORI

Come si è arrivati ai valori di novembre? Secondo gli esperti di OilPrice “i fattori in gioco sono molteplici, ma la palpabile saturazione del mercato con greggi leggeri e relativa scarsità di quelli pesanti a seguito delle sanzioni statunitensi contro l’Iran ha la precedenza sugli altri”. Inoltre si è registrato “un incremento senza precedenti di almeno 1,5 milioni di barili al giorno su base annua negli Stati Uniti”. Allo stesso tempo “la produzione libica si è stabilizzata al di sopra di 1 milioni di barili al giorno e la NOC sta lavorando sodo per incrementare ulteriormente la produzione. Anche la Nigeria sta raccogliendo i frutti di diversi mesi di relativa calma, con una produzione che raggiunge i 2,16 milioni di barili al giorno, un aumento di 300 mila barili al giorno rispetto ai livelli di maggio-giugno 2018. I principali produttori di greggi pesanti, tuttavia, stanno soffrendo con, appunto, l’Iran sotto sanzioni Usa e il Venezuela che cerca di affrontare contemporaneamente un molo danneggiato, gli incendi indotti da un blackout e le confische governative”.

RUSSIA ANCORA INDECISA?

Il ministro russo dell’Energia, Alexander Novak si è incontrato a margine del vertice del G20 con il suo omologo saudita, Khalid al-Falih. Ad annunciarlo è stato lo stesso ministero russo dell’Energia sul suo account Twitter senza però fornire ulteriori dettagli. In precedenza, in una dichiarazione alla TASS, Novak aveva riferito di essere ancora indeciso sulla posizione da tenere al riguardo di eventuali tagli alla produzione di petrolio nel 2019 nell’ambito dell’accordo di Vienna. La decisione, ha confermato il ministro russo, è legata dall’equilibrio previsto tra domanda e offerta nel primo e nel secondo trimestre del 2019. Ad inizio settimana Reuters aveva svelato un incontro tra i manager delle principali compagnie petrolifere russe e lo stesso Novak dal quale era trapelata la notizia secondo cui Mosca avrebbe accettato il taglio della produzione nel 2019 nell’ambito dell’Opec+ ma si era ancora in alto mare per quanto riguardava termini e volumi con l’Arabia Saudita. Riad ha già suggerito di ridurre la produzione nel 2019 di un milione di barili al giorno e ha dichiarato di essere pronta a tagliare le esportazioni da dicembre. Anche la Russia ha tagliato la produzione a novembre, ma non ha ancora annunciato la sua disponibilità a continuare a farlo. “Allo stato attuale, russi e sauditi sono ancora lontani dall’essere sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda i dettagli più precisi delle restrizioni alla produzione – ha scritto Stephen Brennock, analista di PVM Oil Associates di Londra, in un rapporto citato da Bloomberg -. In questo contesto, l’esito più probabile della riunione dell’OPEC della prossima settimana è una totale confusione”. Sempre secondo Bloomberg Russia e Arabia Saudita sarebbero comunque d’accordo sull’estensione fino al 2019 del loro accordo per gestire il mercato petrolifero.

INCONTRO PUTIN-BIN SALMAN: RUSSIA FARÀ LA SUA PARTE

OpecSabato è andato in scenda anche l’incontro tra il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il presidente russo Vladimir Putin a margine del vertice del G20 per discutere proprio del riequilibrio del mercato petrolifero mondiale, secondo quanto riportato dall’agenzia stampa saudita. Riad ha suggerito all’OPEC e agli alleati, come detto, di ridurre la produzione di un milione di barili al giorno a partire da gennaio per contenere i prezzi. Putin ha risposto di non avere dati concreti su possibili tagli alla produzione, ha riportato Reuters, ma anche che la Russia farà la sua parte nel taglio petrolifero. Gli esperti parlano comunque di una riduzione nell’ordine di 1-1,4 milioni di barili al giorno prendendo ad esempio le parole pronunciate la scorsa settimana dal ministro dell’Energia saudita Khalid al-Falih che aveva dichiarato che l’Opec e i suoi alleati avrebbero ridotto di circa un milione di barili al giorno l’offerta di petrolio nel 2019 rispetto ai livelli di ottobre. A tale affermazione erano seguiti i tweet infuocati di Trump e una certa freddezza di Putin che aveva definito “bilanciato e giusto” un prezzo del petrolio attorno ai 60 dollari al barile.

DECISIONE ATTESA A VIENNA IL 6-7 DICEMBRE

La decisione politica sulla produzione per il 2019 è attesa infatti nel corso della riunione dell’OPEC + a Vienna il 6-7 dicembre. Al momento gli indici di prezzo sono tutti rivolti verso il basso: il West Texas Intermediate per la consegna di gennaio è sceso di 52 centesimi, o l’1%, a 50,93 dollari al barile al Nimex. Il Brent di febbraio è sceso di 45 centesimi a 59,46 dollari sulla borsa ICE Futures Europe di Londra.

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