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Russia

Petrolio e gas, conti delle compagnie a rischio con il crollo dei prezzi

Fitch ha annunciato tagli ai rating sovrani, rischiano Arabia Saudita, Iraq, Oman, Nigeria e Angola, che dipendono fortemente dal prezzo del petrolio

Quando gli analisti di Rystad Energy lo scorso novembre dissero a Bloomberg che gli investitori delle grandi compagnie petrolifere erano in attesa di una pioggia di dividendi e di riacquisto di azioni mentre le società si spostavano verso le energie rinnovabili, non potevano sapere che solo quattro mesi dopo i prezzi del petrolio sarebbero scesi a minimi storici e che le prospettive di un miglioramento sarebbero state plumbee.

PREZZI AL RIBASSO

Ma al momento è proprio questa la situazione: con l’Arabia Saudita che ha dichiarato di fatto una guerra dei prezzi alla Russia e agli shale americani per estensione, il Brent è scambiato a meno di 40 dollari e il WTI si sta avvicinando sempre più ai 30 dollari. Per questo gli azionisti, ha sottolineato Oilprice, stanno chiedendo di sospendere il pagamento dei dividendi.

“L’ultimo crollo del prezzo del petrolio, appena quattro anni, che ha mobilitato l’Opec ad agire insieme ad altri produttori, ha messo in luce un problema già esistente: le grandi compagnie petrolifere non hanno i soldi per coprire tutti i loro ambiziosi piani di riacquisto dei dividendi e delle azioni. Non potevano coprirli quando Brent era quotato a 60 dollari. Ora, con il benchmark internazionale che si avvicina alla metà, il problema è diventato più acuto”, ha sottolineato ancora Oilprice.

COMPAGNIE IN DEFICIT

L’Institute for Energy Economics and Financial Analysis ha pubblicato a gennaio un documento che rivela un ampio divario tra il pagamento dei dividendi delle major e il loro free cash flow: Bloomberg. Shell, BP, Exxon, Chevron e Total hanno pagato collettivamente 545,9 miliardi di dollari di dividendi tra il 2010 e il terzo trimestre del 2019, secondo gli autori del documento, mentre il free cash flow nello stesso periodo è stato pari a 328,7 miliardi di dollari. Il deficit di 207,2 miliardi di dollari è stato coperto dalla vendita di attività e da nuovi debiti. Una situazione insostenibile, insomma, ancora di più ora che i prezzi sono crollati.

PROBABILI TAGLI PER DIVIDENDI E RIACQUISTO AZIONI

“I riacquisti e la crescita dei dividendi sono ormai quasi certamente fuori discussione, e saranno di attualità le domande su chi dovrà tagliare i dividendi per primo”, ha scritto l’analista di Jefferies Jason Gammel in una nota citata da Reuters. Anche Goldman Sachs si è espressa, annunciando un nuovo giro di vite tra le major del settore petrolifero, con la Chevron che probabilmente interromperà il suo programma di riacquisto delle azioni e la Exxon che taglierà il suo piano di spesa di 33 miliardi di dollari per quest’anno.

L’anno scorso Shell, Total e Conoco hanno annunciato piani per incrementare i dividendi, con Shell che prometteva rendimenti per gli azionisti di almeno 125 miliardi di dollari tra il 2021 e il 2025, Total che assicurava una crescita annuale dei dividendi del 5-6 per cento rispetto al tasso di crescita annuale del 3 per cento di allora, e Conoco che aumentava i dividendi trimestrali di ben il 38 per cento.

Barron’s ha scritto a fine febbraio che Chevron e Conoco avrebbero potuto coprire i loro dividendi per il 2020 con un prezzo Brent, rispettivamente, di 57 dollari e 55 dollari. Peggiore la situazione di Exxon: secondo l’analista di JP Morgan Phil Gresh, la compagnia americana avrebbe bisogno di petrolio a 87 dollari per coprire il pagamento dei dividendi per il 2020. Shell e BP sono posizionate molto meglio in termini di prezzi di pareggio, con valori pari a 40 e 51 dollari al barile, secondo l’analista di Bernstein Oswald Clint.

Chiaramente con il Brent molto più basso persino del prezzo di pareggio della BP, le major si troveranno in enorme difficoltà per coprire i loro conti.

FITCH HA ANNUNCIATO TAGLI AI RATING SOVRANI, RISCHIANO ARABIA SAUDITA, IRAQ, OMAN, NIGERIA E ANGOLA, CHE DIPENDONO FORTEMENTE DAL PREZZO DEL PETROLIO

L’agenzia di rating Fitch ha già avvertito che una nuova ondata di declassamenti dei rating sovrani potrebbe essere in cantiere se il crollo del petrolio continuerà, ha riferito Reuters. A queste si accompagneranno ulteriori tagli del rating anche delle aziende del settore petrolifero e del gas

I rating di Arabia Saudita, Iraq, Oman, Nigeria e Angola, che dipendono fortemente dal prezzo del petrolio e hanno un tasso di cambio fisso, “sono naturalmente particolarmente vulnerabili”, ha detto a Reuters Jan Friederich, il principale analista sovrano di Fitch in Medio Oriente e Africa.

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