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Petrolio

Petrolio, perché i mercati sono scettici sulla ripresa

La ripresa del petrolio è ostacolata sia dalla possibilità di nuove ondate di contagi da coronavirus, sia dalle scorte accumulate negli scorsi mesi

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, le prospettive per il petrolio continuano ad essere poco incoraggianti. La ripresa del mercato è ostacolata sia dalla possibilità di nuove ondate di contagi da coronavirus (e dalle conseguenti limitazioni agli spostamenti), sia dalle enormi scorte di greggio accumulate negli scorsi mesi e che dovranno essere smaltite.

PERCHÉ BRENT E WTI HANNO PERSO VALORE

L’incertezza sulla domanda per i prossimi mesi sta già avendo degli effetti.

Il prezzo del West Texas Intermediate, il riferimento per gli Stati Uniti, è sceso sotto la soglia dei 40 dollari al barile, più precisamente a 39,01. I casi di coronavirus sono in aumento in 22 dei 50 stati americani e la driving season – la stagione in cui si guida di più per andare in vacanza e c’è maggiore richiesta di carburante: l’estate – è ormai alle spalle.

Anche il Brent, il benchmark utilizzato in Europa, ha perso valore (circa 41,9 dollari al barile). Il calo più significativo c’è stato lunedì scorso, dopo la decisione di Saudi Aramco – la compagnia petrolifera dell’Arabia Saudita, il maggiore esportatore di petrolio al mondo – di abbassare i prezzi di vendita del suo greggio per il mese di ottobre. La mossa è stata interpretata come un segno precursore di una nuova contrazione della domanda.

Ad agosto il Brent e il WTI si scambiavano a prezzi più alti: circa 45 dollari al barile il primo; circa 40-42 il secondo.

I PROBLEMI ALL’OPEC+

L’OPEC+ – il gruppo che riunisce alcuni dei principali esportatori di petrolio al mondo, sia interni che esterni allo storico cartello – si è impegnato a ridurre la produzione petrolifera per sostenere i prezzi del greggio: prima di 9,7 milioni di barili al giorno; poi, da agosto, di 7,7 milioni. Ma sono emersi alcuni contrasti.

Ad esempio, l’Iraq – il secondo maggiore esportatore dell’OPEC e il terzo dell’OPEC+ – dice che rispetterà le limitazioni all’output, ma anche che vorrebbe ottenere un’estensione di due mesi del “periodo di compensazione”. Oltre ai livelli decisi dall’OPEC+, Baghdad dovrà infatti realizzare anche dei tagli aggiuntivi per “compensare” la sovrapproduzione dei mesi scorsi.

COSA PENSANO I MERCATI

L’analista John Kemp ha scritto che i mercati si sono fatti scettici sulle capacità dell’OPEC+ di ridurre sufficientemente le scorte di petrolio di fronte ad una pandemia che durerà ancora a lungo.

L’organizzazione ha allentato i tagli, ma il consumo di greggio non si sta riprendendo così velocemente come si era previsto.

COSA SUCCEDE IN CINA

La situazione in Cina, il maggiore importatore di petrolio, sembra tuttavia migliore che altrove: il trasporto aereo è in fase di recupero e lo scorso luglio il paese avrebbe consumato più greggio rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Ma, nonostante tutto questo, non è chiaro a quanto ammonterà la nuova domanda cinese e se basterà a sostenere il valore dei barili. Nei primi mesi della pandemia Pechino ha importato grandi quantità di petrolio per approfittare dei prezzi molto bassi e oggi le sue scorte sono ancora piene, sia quelle a terra che quelle sulle navi petroliere. Ci vorrà del tempo per smaltire tutto il petrolio accumulato finora, in Cina e non solo.

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