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Piano Mattei

Dal Piano Mattei al Pnrr: obiettivi, risorse e nodi tecnici. Cosa dicono i giornali

Gli obiettivi e le aspettative sul Piano Mattei nei commenti del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del premier del Marocco, Aziz Akhannouch. I nodi e i tira e molla sui fondi destinati al decreto per attuazione del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ecco cosa dicono, oggi, i quotidiani

Sul Piano Mattei, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, a La Stampa dichiara: «il nostro modello di partnership win-win è quello che può farci vincere la competizione nei confronti di Russia e Cina e di saldare il destino del Vecchio e del Nuovo Continente. Essa supera sia la visione tardo colonialista, moralmente riprovevole, sia quella caritatevole, largamente insufficiente. Noi puntiamo alla partnership culturale, tecnologica, industriale, quindi anche politica».

Anche il premier marocchino Aziz Akhannouch dice la sua sul Piano Mattei e a La Repubblica dichiara: «Credo che una delle principali condizioni per il successo di qualsiasi piano di partenariato risieda nella definizione di programmi di sostegno allo sviluppo che siano efficaci, inclusivi e in linea con le aspirazioni naturali di ciascun Paese interessato».

Sul fronte del Pnrr sono diversi i nodi tecnici da sciogliere. Tra questi la questione sulla fonte di finanziamento chiamata ad alimentare il decreto per l’attuazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza che vede divisi Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti.

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PIANO MATTEI, URSO: AUTONOMIA STRATEGICA EUROPEA SOLO CON l’AFRICA

Lunedi scorso, al Senato, è andato in scena il Vertice internazionale “Italia – Africa. Un ponte per una crescita comune” alla presenza di Capi di Stato, di Governo e Ministri dei Paesi africani, ma anche dei vertici dell’Unione europea, dell’Unione africana e delle principali Organizzazioni internazionali. In questi giorni si parla tanto degli obiettivi della cooperazione e oggi, ad affrontare la questione, è il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che in un’intervista per il quotidiano La Stampa dichiara: «Il piano Mattei appartiene all’Italia, non al governo».

Urso, in particolare, spiega che con il piano si cerca di «dimostrare che può esistere un nuovo approccio, sul solco di Enrico Mattei, consapevoli che l’Africa rappresenti oggi anche una grande opportunità e non solo una fonte di problemi che comunque dobbiamo affrontare insieme. Il nostro modello di partnership win-win è quello che può farci vincere la competizione nei confronti di Russia e Cina e di saldare il destino del Vecchio e del Nuovo Continente. Essa supera sia la visione tardo colonialista, moralmente riprovevole, sia quella caritatevole, largamente insufficiente. Noi puntiamo alla partnership culturale, tecnologica, industriale, quindi anche politica».

Al vertice Italia-Africa il ministro ha parlato di comparti su cui si scommette il futuro. Questi comparti, spiega Urso a La Stampa, riguardano «le interconnessioni, lo spazio e le materie prime critiche fondamentali per la tecnologia green e digitale. Le interconnessioni passano tutte dall’Italia: i gasdotti, le reti elettriche, le reti di trasmissioni dati, ma anche quelle portuali e logistiche. Lo spazio: l’Italia è oggi una grande potenza spaziale perché 60 anni fa conquistò, terza al mondo, l’accesso nello spazio dalla base di Malindi in Kenya».

«Siamo pronti a realizzare una partnership con l’agenzia spaziale africana e con i singoli Paesi per accompagnarli in questa nuova avventura umana che ha immediate ricadute sulla terra a cominciare proprio dal migliore utilizzo del suolo attraverso l’osservazione dallo spazio, così come alla telemedicina, fondamentale per quei popoli. Infine, le materie prime critiche: se non vogliamo passare dalla dipendenza dai combustibili fossili russi a quella dalle materie prime critiche e dalla tecnologia cinese dobbiamo sviluppare l’autonomia strategica europea e lo si può fare solo con l’Africa», aggiunge Urso.

PIANO MATTEI, AKHANNOUCH: RISORSE DEVONO ESSERE ADEGUATE

Anche il premier del Marocco, Aziz Akhannouch, in un’intervista er i quotidiano La Repubblica, reduce dal vertice Italia-Africa dove ha incontrato la premier Giorgia Meloni, racconta le sue aspettative in merito ai piani del governo italiano che con il Piano Mattei vuole riallacciare i rapporti con l’Africa.

«Credo che una delle principali condizioni per il successo di qualsiasi piano di partenariato risieda nella definizione di programmi di sostegno allo sviluppo che siano efficaci, inclusivi e in linea con le aspirazioni naturali di ciascun Paese interessato. Lo sviluppo deve focalizzarsi sulle popolazioni africane, è cruciale che le risorse vengano usate per rispondere alle esigenze dei cittadini, creando ricchezza e preservando la dignità di ogni cittadino. Bisogna investire in istruzione, sanità, energia, tutela dell’ambiente. Il Piano Mattei ha l’ambizione di integrare l’Africa nelle catene globali del valore ed è nostro interesse rientrare nelle catene del valore industriale: progettazione, produzione e consegna dei prodotti nel continente. Per affrontare questa sfida è necessario il coinvolgimento del settore privato, italiano, europeo e africano. Ma questo piano può avere successo solo a condizione che le risorse mobilitate corrispondano effettivamente alle sue ambizioni». Questo è quanto dichiarato dal premier del Marocco, Aziz Akhannouch.

In merito agli impegni assunti dal governo africano nella transizione verde attraverso l’utilizzo delle rinnovabili, Akhannouch dichiara: «Il nostro Paese, sotto la guida di Sua Maestà il Re, ha lanciato la sua prima strategia per lo sviluppo delle energie rinnovabili già nel 2009. Questa visione ci ha permesso di diventare oggi il principale produttore africano di energia rinnovabile e a consolidare la nostra posizione di pionieri nella transizione verde. Il Marocco si è assunto le proprie responsabilità mobilitandosi per sostenere da una parte lo sviluppo del settore dell’idrogeno verde e dall’altra l’iniziativa del gasdotto Nigeria-Marocco che contribuirà alla sicurezza energetica dell’Africa occidentale e dell’Ue. Giorgia Meloni, sul Marocco, ci ha visto bene».

PNRR: TUTTI I NODI TECNICI DA RISOLVERE

Sul fronte del Pnrr le incognite tecniche da risolvere sono ancora troppo ampie. A riprendere la questione, oggi, è il quotidiano Il Sole 24 Ore che riporta come: “dopo la corsa degli ultimi giorni, il decreto legge chiamato ad attuare la rimodulazione del Pnrr, atteso al Consiglio dei ministri di oggi, ha alzato bandiera bianca alle sette e mezza del pomeriggio di ieri. Quando il pre-consiglio ha potuto solo prendere atto del fatto che serve ancora tempo. Se ne riparlerà la prossima settimana. A complicare il cammino del provvedimento sono anche le sue dimensioni, cresciute giorno dopo giorno con le norme proposte dai vari ministeri costruendo lo scenario del più classico tra i decreti omnibus.  Tutto sta nel tessere un accordo politico che finora è mancato, soprattutto sul tema più spinoso che continua a dividere il titolare del Pnrr e il ministero dell’Economia: quello delle risorse. Il provvedimento, infatti, è chiamato a gestire le coperture dei 21,4 miliardi rimodulati con la revisione del Piano concordata con la Commissione Ue a fine novembre, e a dettagliare i fondi sostitutivi per i circa 13 miliardi di progetti definanziati nel nuovo Pnrr”.

PNRR, FITTO E GIORGETTI DIVISI SULLA FONTE DI FINANZIAMENTO DEL DECRETO DI ATTUAZIONE

Sulla questione Pnrr emerge anche la divisione tra i ministri Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti sulla fonte di finanziamento chiamata ad alimentare il decreto per l’attuazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza.  “I soldi della discordia – secondo quanto riporta oggi La Rpeubblica –  sono i circa 19 miliardi, spalmati su più anni, che servono ad alimentare i nuovi investimenti (quasi 11 solo per il capitolo energetico RepowerEU), e quelli rimodulati nell’ambito della revisione del Piano approvata dall’Ecofin lo scorso 8 dicembre. In attesa di incassare le prossime rate che rimpingueranno progressivamente le casse pubbliche, per far avanzare questi progetti bisogna individuare altre coperture”, riporta il quotidiano La Repubblica”.

“Letta al contrario, la vicenda svela quali sono i rischi: se non si fa ricorso ad altri bacini di risorse, gli investimenti non partono. Ma all’urgenza si contrappone la traccia della divergenza tra Fitto e Giorgetti. Il primo vuole ricorrere al Piano nazionale complementare(Pnc), il fondo “gemello” del Pnrr da 30,6 miliardi: tutte risorse nazionali, quindi debito. È il fondo che ricade sotto la supervisione della Ragioneria, di casa al ministero dell’Economia. Ma anche se il Pnc procede a rilento, quasi tutti i progetti sono agganciati a vincoli e obblighi, anche con l’Europa, che è difficile bypassare. La questione è anche politica, appendice della disfida, sopita ma mai estinta, tra Fitto e Giorgetti, iniziata con il trasferimento a Palazzo Chigi di molti dei poteri sul Pnrr che il governo guidato da Mario Draghi aveva assegnato invece al Mef. Insomma, il Pnc è territorio di Giorgetti. Per questo l’invito – eufemismo – rivolto a Fitto è di scavare tra i fondi della Coesione”, si legge nell’articolo.

Molti nodi impongono – scrive sulla questione Il Sole 24 Ore – poi un supplemento di indagine sul piano tecnico. Da completare è il quadro delle regole per i filoni esclusi dal Pnrr, che continueranno a essere coperti dalle semplificazioni procedurali previste per il Piano, ma hanno bisogno di una rete di sicurezza anche per quel che riguarda i contratti a termine del personale. Sul tavolo c’è poi la questione della clausola di responsabilità sulla spesa, fortemente voluta da Fitto per rovesciare sui soggetti attuatori l’onere di eventuali perdite finanziarie legate al mancato rispetto delle scadenze. Insieme al decreto slittano anche inevitabilmente norme già predisposte, come gli incentivi agli uffici giudiziari per accelerare lo smaltimento dell’arretrato e quelle preparate da Funzione pubblica per cancellare gli obblighi di segnalazione o comunicazione in caso di avvio, variazione, sospensione e chiusura delle attività artigiane e per garantire l’operatività permanente della Piattaforma nazionale Dgc che rilascia e verifica le certificazioni sanitarie digitali: una sorta di super green pass strutturale, da attivare in caso di «eventuali emergenze sanitarie», che promette però di accendere qualche discussione tra gli alleati di governo. A partire dalla Lega”.

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