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Energia

PNRR, cold ironing e Termini Imerese: cosa c’è sui giornali di oggi

PNRR nelle Regioni, i fondi per l’elettrificazione dei porti, Termini Imerese: la rassegna dei giornali

PNRR NELLE REGIONI: LOMBARDIA PRIMA, IL SUD AL 38%

Una miriade di 294mila progetti finora attivati per un valore di 125,9 miliardi, con tre regioni – Lombardia, Lazio e Campania – che assorbono un terzo dei fondi. La prima svetta con 45.690 misure da quasi 16,5 miliardi (il 13% del totale della torta finanziaria), per il 34% concentrati sulla Missione 2: rivoluzione verde e transizione ecologica, la sfida cruciale per il tessuto produttivo. È quanto si legge sul Sole 24 Ore di oggi.

Il Lazio e la Campania si piazzano al secondo e terzo posto per entità delle risorse in gioco: circa 12,5 miliardi vanno al primo, dove la fetta più grande (2,9 miliardi) è destinata alla Missione 1, tra digitalizzazione, innovazione, cultura e turismo; 11,9 miliardi alla seconda, che punta soprattutto su transizione ecologica e scuola.

A tre anni dal varo, il PNRR viaggia disseminato sui territori, in un lavorìo che prova a cambiare volto al Paese. Una mappa geografica dettagliata del Piano arriva da un dossier appena sfornato dal Servizio studi della Camera che, oltre a monitorare i traguardi e gli obiettivi che il governo ha dichiarato raggiunti al 30 giugno scorso, offre un interessato spaccato sulla programmazione nelle diverse regioni, attingendo dai dati aggiornati al 1° luglio sul ReGis, il cervellone telematico con cui il ministero dell’Economia registra l’andamento del Recovery italiano.

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L’istantanea parte dalla distribuzione su base regionale dei progetti e dei relativi 125,9 miliardi: la quota che arriva nel Mezzogiorno si ferma, in effetti, al 38%, con 47,9 miliardi. A fare la parte del leone è la popolosa Campania con 26.496 progetti per 11,9 miliardi, seguita dalla Sicilia, dove insistono 21.295 interventi da 10,2 miliardi. Alle quattro regioni del Centro sono attribuiti in tutto 23,8 miliardi (il 19% del totale). Al Nord piovono 54,1 miliardi, il 43% del totale, con il traino della Lombardia e del Veneto (a quest’ultimo vanno 10,5 miliardi per 26.489 progetti).

La ripartizione dei fondi nelle prime sei Missioni (dalla rilevazione è esclusa la settima, dedicata al RepowerEu) rivela quali sono i filoni privilegiati nei differenti territori. In Lombardia va il 15% delle risorse complessive impegnate per la transizione ecologica (5,6 miliardi su 37,9), ma anche la dote più alta delle Missioni 4 (istruzione e ricerca), 5 (coesione e inclusione) e 6 (salute), con rispettivamente 3,8 miliardi, 1,6 miliardi e quasi 2 miliardi.

Sulla digitalizzazione, dopo il Lazio che assorbe il 20% dei fondi dedicati a questo filone (2,9 miliardi su 14,6), si scommette soprattutto in Campania, con 1,2 miliardi. Mentre la rivoluzione verde, dopo la Lombardia, è obiettivo prioritario in Emilia-Romagna, con progetti per 3,9 miliardi (ben il 47% degli 8,4 miliardi destinati al territorio), e di nuovo nel Lazio, con 3,1 miliardi.

Il Veneto primeggia, invece, nella Missione 3, infrastrutture per una mobilità sostenibile: vanta misure per 3,6 miliardi, il 16,5% dei 21,9 miliardi attribuiti al settore e il 34,4% dei fondi nella regione. A seguire ci sono il Piemonte, con 2,5 miliardi, e la Campania, con 2,2 miliardi. Ma è in Liguria che c’è la maggiore concentrazione di fondi sulle infrastrutture: 2,1 miliardi su 4,9 totali nella regione (il 43,5%).

STANZIATI 754 MILIONI DI EURO PER L’ELETTRIFICAZIONE DEI PORTI

Ammonta complessivamente a 754,51 milioni il totale delle risorse stanziate, nelle 16 Autorità di sistema portuale italiane, per il cold ironing (o shore power), ossia per il sistema che consente di dare energia elettrica da terra alle navi ormeggiate in banchina, evitando così che, come avviene abitualmente oggi, tengano invece i motori accesi durante la sosta, per permettere il funzionamento degli impianti di bordo. Tra fondi stanziati in precedenza e quelli arrivati col Pnc (il piano complementare al Pnrr), tutti i porti italiani sembrano aver messo in cantiere l’elettrificazione delle banchine, chi con maggiori stanziamenti e chi con minori. E ovviamente gran parte delle opere dovrebbero essere pronte entro il 2026, come impongono i dettami del Pnrr, anche se per diversi porti realizzarle sarà una corsa contro il tempo. Lo si legge sul Sole 24 Ore di oggi.

Tuttavia, nel Mediterraneo, attualmente solo il porto di Malta (La Valletta) è in grado di alimentare elettricamente da terra, azzerando così le emissioni nell’aria durante la sosta, le navi da crociera, quelle più interessate al cold ironing, perché si fermano in banchina per un numero maggiore di ore e hanno la necessità di tenere accesi e funzionanti cucine, cabine e sistemi di vario tipo, compresi quelli di sicurezza. L’impianto maltese, peraltro, è nuovo: è stato inaugurato l’11 luglio scorso e la prima unità da crociera a utilizzarlo è stata la Msc World Europa, che si è collegata ai cavi elettrici del porto, spegnendo i motori. Anche Costa Crociere, a giugno, ha utilizzato, per la prima volta, lo shore power per una sua unità, la Costa Diadema. L’ha fatto, però, in Nord Europa, nel porto di Kiel, dove il terminal crocieristico di Ostuferhafen ha fornito alla nave l’energia necessaria per i servizi alberghieri di bordo durante l’ormeggio.

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L’Adsp con il maggior numero di fondi stanziati per il cold ironing (secondo l’allegato Infrastrutture al Def 2024) è quella di Venezia e Marghera con 89,8 milioni di euro; segue, al secondo posto, l’Adsp di Augusta e Catania con 89,1 milioni; al terzo c’è quella Civitavecchia, con 80 milioni; al quarto quella di Livorno-Piombino, con 77,5 milioni; al quinto l’Adsp del Mare di Sardegna, con 70,47 milioni. Solo all’11° posto, con 30,1 milioni, l’Authority di Genova e Savona, che governa il principale scalo italiano, conclude il quotidiano.

TERMINI IMERESE, DOPO 13 ANNI SALVI 540 POSTI DI LAVORO

Dopo 13 anni di cassa integrazione, in 350 torneranno al lavoro. Gli altri 190 si avvieranno invece alla pensione. Si chiude così, dopo anni difficili e pieni di incertezze, il percorso dei 540 lavoratori della ex Blutec di Termini Imerese, già storico stabilimento Fiat da 3 mila dipendenti, chiuso nel 2011 dall’allora ceo di Fca Sergio Marchionne, poi ceduto per la simbolica cifra di 1 euro e però mai più riaperto, nonostante decine di annunci e milioni di fondi pubblici. Lo scrive Il Corriere della Sera.

Ieri a Palermo, ad un tavolo con i commissari straordinari, Pelligra Holding Italia, la Regione Sicilia, l’Inps, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm è stato firmato l’accordo quadro per i lavoratori dell’ex stabilimento Fiat ormai fermo da tempo e in amministrazione straordinaria. L’intesa prevede un percorso di formazione e riqualificazione per 350 lavoratori che con la cessione del ramo d’azienda al gruppo immobiliare italo-australiano saranno riassunti dal 1° novembre 2024. Per gli altri 190, grazie allo sblocco di fondi regionali, arriverà un periodo di isopensione con ammortizzatori che li accompagneranno fino al raggiungimento dei requisiti.

«Una svolta storica per la Sicilia, nessuno resterà indietro», commenta il ministro delle Imprese Adolfo Urso. E anche per i sindacati si tratta di «un ottimo risultato per una vertenza tra le più lunghe e complicate» (Fiom), ottenuto grazie «all’instancabile collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti» (Uilm), con la Regione Sicilia, «che ha seguito la vertenza come mai» (Fim Cisl), conclude il quotidiano.

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