In generale il sentiment sui prezzi del petrolio sembra essere inclinato verso il ribasso. Anche se l’Opec Plus ha deciso a inizio mese di tagliare altri 500 mila barili al giorno, i problemi relativi alla conformità di alcuni membri del cartello hanno reso ugualmente cauti i trader e gli analisti.
Il petrolio West Texas Intermediate (Wti), punto di riferimento per il greggio americano, verrà scambiato in media a 58,50 dollari al barile l’anno prossimo. È quanto emerso da un sondaggio condotto tra gli analisti di Bloomberg e rappresenta comunque un prezzo inferiore all’attuale benchmark statunitense ma leggermente superiore alla media del 2019, che è di circa 56,95 dollari al barile.
IL BRENT
Secondo gli stessi analisti, il prossimo anno il greggio Brent avrà una media di 64,25 dollari al barile malgrado, per la maggior parte dell’anno, escludendo un paio di picchi superiori a 70 dollari al barile e minimi inferiori a 60 dollari, il Brent, come il Wti del resto, sia stato scambiato entro una fascia ristretta di prezzo.
PREZZI RELATIVAMENTE STABILI ALMENO NEL PRIMO TRIMESTRE
Il sondaggio Bloomberg segue gli aggiornamenti delle previsioni dei prezzi di Goldman Sachs e JP Morgan, entrambe convinte che i prezzi di riferimenti saliranno, seppur modestamente, nel 2020 rispetto al 2019. In confronto, un sondaggio di analisti del Wall Street Journal ha suggerito che i prezzi rimarranno relativamente stabili ai livelli attuali almeno durante il primo trimestre del nuovo anno, nonostante i tagli più profondi della produzione operati da Opec Plus.
IL PERICOLO RUSSO
In generale, comunque, il sentiment generale sui prezzi del petrolio sembra essere inclinato verso il ribasso. Anche se l’Opec Plus ha deciso a inizio mese di tagliare altri 500 mila barili di petrolio al giorno, i problemi relativi alla conformità di alcuni membri del cartello hanno reso ugualmente cauti i trader e gli analisti. E infatti, in settimana, il ministro dell’Energia Alexander Novak ha affermato che i partner dell’Opec Plus potrebbero a un certo punto riconsiderare i tagli. “Siamo in grado di prendere in considerazione qualsiasi opzione, incluso un graduale allentamento delle quote, o una continuazione dell’accordo”, ha detto Novak al canale televisivo russo RBC. Per aggiungere la beffa al danno, Novak ha anche detto di aspettarsi un nuovo record nel 2020 per la produzione petrolifera russa.
USA, NORVEGIA, BRASILE E GUYANA I LEADER PRODUTTIVI 2020
Al di fuori dell‘Opec, affermano gli analisti, saranno naturalmente gli Stati Uniti a guidare l’aumento della fornitura globale di petrolio in compagnia di Norvegia, Brasile e Guyana. Quest’ultimo paese, un nuovo arrivato sulla scena petrolifera internazionale, all’inizio di questo mese ha visto l’avvio della produzione nel pozzo Liza-1 di Exxon.