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Emissioni

Quali sono i problemi per il nuovo sistema di emissioni Ue

La Commissione europea questo mese ha proposto l’istituzione di un nuovo sistema di scambio di emissioni per i settori dell’edilizia e del trasporto stradale a luglio

Il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea ha registrato prezzi record nelle ultime settimane. Ciò ha suscitato due tipi di risposta: da un lato, alcuni analisti e funzionari hanno accolto favorevolmente la tendenza, affermando che il rialzo dei prezzi dovrebbe motivare le aziende a decarbonizzare più rapidamente. Dall’altro, alcuni, comprese le associazioni imprenditoriali europee, hanno avvertito che i prezzi record del carbonio stanno danneggiando la loro redditività e competitività.

A LUGLIO IL NUOVO SISTEMA DI SCAMBIO DI EMISSIONI

La Commissione europea questo mese ha proposto l’istituzione di un nuovo sistema di scambio di emissioni per i settori dell’edilizia e del trasporto stradale, per far parte di un pacchetto climatico più ampio che Bruxelles rilascerà a luglio.

Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato che l’idea è quella di realizzare un sistema separato di scambio di quote di emissioni a titolo gratuito su scala ridotta abbinato a una struttura di compensazione.

POLONIA CAPOFILA DEI PAESI CONTRARI

La proposta, tuttavia, ha suscitato una reazione da parte della Polonia. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha affermato che il piano colpirà in modo sproporzionato i membri più poveri dell’Unione europea, cosa che gli è valsa il sostegno dei membri del Visegrad e non solo, tra cui Romania e Bulgaria, e i ricchi Stati baltici, secondo quanto riportato dal Financial Times questa settimana, che ha citato alcuni diplomatici.

LA POSIZIONE POLACCA

Morawiecki non è stato l’unico a prendere posizione. All’inizio di questa settimana, in un articolo per Euractiv, l’ex ministro dell’ambiente polacco Marcin Korolec ha scritto che “il sistema di scambio di quote di emissione (ETS), un pilastro chiave dell’ambizione climatica dell’Ue, non è uno strumento valido per tutti e l’ampliamento a edifici e trasporti potrebbe non portare necessariamente a riduzioni delle emissioni, ponendo all’Europa il rischi di un contraccolpo sociale”.

Il contraccolpo sociale sarebbe il risultato del costo della riduzione delle emissioni in tutta l’Ue che diventerebbe più evidente di prima, grazie all’estensione del meccanismo ETS. Come ha illustrato Korolec: “Dopotutto, un proprietario di un grande SUV di uno degli Stati membri del nord dell’Ue, come la Germania o la Svezia, dovrebbe pagare lo stesso prezzo del carbonio di un pensionato del centro e dell’est Europa, come la Polonia orientale o la Bulgaria, che ha un livello di reddito molto diverso e spesso già fatica a pagare le bollette per il riscaldamento della propria casa”.

Il divario tra ricchi e poveri all’interno dell’Unione europea è profondo. E il dibattito sullo scambio di emissioni ha riacceso il dibattito: “Resta il fatto che non tutti i membri dell’Ue possono permettersi una transizione verde all’interno dei parametri che Bruxelles ha fissato. Almeno non senza aiuto da parte dei membri più ricchi. Eppure, quei membri più ricchi hanno lavorato duramente per diventare ricchi. In quanto tali, sono comprensibilmente riluttanti a dare più di quella che considerano la loro giusta quota per trascinare i parenti poveri nel club dell’energia verde. Di conseguenza, il divario si sta approfondendo”, ha scritto Oilprice.

PARTITO ESAME DETTAGLIATO SUGLI IMPATTI DEL NUOVO MECCANISMO

Questa divisione, secondo il Financial Times, ha posto fine alle discussioni su come distribuire il costo della riduzione delle emissioni a favore di un esame dettagliato dell’impatto del meccanismo di scambio di emissioni stesso sull’ambiente, sulle comunità e sull’economia.

Malgrado si possa pensare che l’analisi andasse condotta prima dell’attuazione del nuovo meccanismo di scambio, nella fretta di ridurre l’emissioni Bruxelles “ha trascurato cose come la competitività delle aziende europee rispetto ai loro coetanei non europei che non sono gravate dall’obbligo di pagare per le emissioni di carbonio e il ragionevole benessere delle comunità europee più povere”, sottolinea Oilprice.

I sostenitori dell’approccio “Qualunque cosa necessaria” sostengono che “più alto è il prezzo del carbonio nei settori dell’edilizia e del trasporto stradale, più le aziende che operano in questi settori sono motivate ad adottare una minore impronta di carbonio”, prosegue Oilprice.

In realtà, la recente denuncia della European Steel Association sui prezzi record del carbonio suggerisce il contrario. Oltre a danneggiare la competitività delle aziende europee, l’ETS lascia loro meno risorse da spendere in tecnologia a basse emissioni di carbonio per ridurre la loro impronta.

Il problema è ancora più grande per i membri più poveri dell’Ue. Quando il prezzo del trasporto su strada aumenta, il prezzo di tutto aumenta finendo per danneggiare consumi e crescita economica.

LE MOSSE DELLA VON DER LEYEN

Ma allora cosa bisogna fare? Il presidente dvon der Leyen ha affermato che il nuovo meccanismo ETS per gli edifici e il trasporto su strada includerà un regime di compensazione per i membri meno abbienti dell’Unione europea. “L’onere deve essere portato da coloro che sono dalla parte dei produttori, dall’industria e dai redditi più alti, senza alcun dubbio”, ha detto von der Leyen secondo il Financial Times. “Questa trasformazione deve essere socialmente giusta. Deve essere giusta, altrimenti non avrà luogo”.

Ma anche qui si rischiano problemi: la Polonia, ad esempio, ha una grande industria del carbone, il che significa che è un grande emettitore. Tuttavia, non è considerato un paese ad alto reddito. Anche altri stati dell’Europa orientale sono grandi inquinatori e, anche se sarebbe giusto far pagare a chi inquina le proprie emissioni, invariabilmente troverebbero un modo per trasferire il costo aggiuntivo ai consumatori. Il Parlamento europeo voterà il nuovo regime Ets a luglio. Ciò significa che l’UE ha meno di due mesi per trovare una soluzione.

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