L’esclusione della punibilità per tenuità dei reati è un salvagente per i criminali ambientali? L’avvocato Daria Palminteri fa chiarezza sulla rivista Pianeta Terra
La norma sull’esclusione della punibilità dei reati ambientali per particolare tenuità rischia di rappresentare un salvagente per i criminali ambientali? In alcuni casi il giudice può decidere di non punire i responsabili di reati ambientali se il danno non è rilevante e ripetuto. È quanto previsto dalla norma sull’ “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”, che può essere applicata ai reati che prevedono la detenzione per un massimo di 5 anni o una pena pecuniaria. Tuttavia, “già di per sé, tale previsione rende questa norma astrattamente applicabile a quasi tutti i reati ambientali”, scrive l’avvocato Daria Palminteri sulla rivista Pianeta Terra.
I CRIMINALI AMBIENTALI ESULTANO?
Il D.L.vo n.28 del 16 marzo 2015 ha inserito nel codice penale la possibilità di non punire gli autori di reati ambientali se il fatto è particolarmente tenue e non abituale.
“La stessa non ha applicazione automatica, ma spetta al giudice stabilire, alla luce dei parametri contemplati dalla norma, se la condotta dell’imputato nel caso concreto sia effettivamente offensiva del bene giuridico protetto o, se al contrario, lo sia scarsamente”, scrive Palminteri, sottolineando che l’esclusione si applica dunque ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore a un massimo di cinque anni.
Una condizione che apre a possibili distorsioni. C’è il rischio che possa rappresentare un salvagente per i criminali ambientali?
“Già di per sé, tale previsione rende questa norma astrattamente applicabile a quasi tutti i reati ambientali. A ciò si aggiunga che la stessa non opera alcuna distinzione tra contravvenzioni e delitti, tra pena detentiva dell’arresto e della reclusione”, scrive Palminteri su Pianeta Terra.
GLI ESEMPI
Già diversi giudici fino ad oggi hanno dato ragione agli autori di reati ambientali. L’avvocato Palminteri porta ad esempio due casi: uno di gestione di rifiuti non autorizzato, l’altro sulle emissioni in atmosfera e scarichi.
“Con sentenza n. 41850 del 19 ottobre 2015, la Corte di Cassazione (Sez. III Penale) si è, ad esempio, pronunciata su un caso di gestione di rifiuti non autorizzata, ritenendo fondata la richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis, c.p., a cagione della sussistenza dei presupposti applicativi, fra cui la minima offensività del fatto. Con ulteriore pronuncia della Cassazione Penale n. 44353 del 3 novembre 2015, il tema della tenuità del fatto è stato invece affrontato nell’ambito delle emissioni in atmosfera e degli scarichi (artt. 269, 279, 124 e 137, D.Lvo n. 152/2006). Anche in questo caso, a fronte del mancato superamento dei limiti di pena, si è passati all’accertamento delle ulteriori condizioni di legge per poter escludere la punibilità”, scrive Palminteri.
REATI AMBIENTALI, LA CASSAZIONE CERCA DI METTERE ORDINE
La Cassazione ha interpretato le norme relative alla prescrizione e alla tenuità del fatto cercando di bilanciare l’interesse alla repressione dei reati ambientali con i principi di proporzionalità e ragionevolezza. Il danno deve considerare gli effetti diretti e indiretti, presenti e futuri, sottolinea la Cassazione. Se c’è un pericolo presunto, gli autori devono essere puniti.
“Il reato di pericolo sarebbe infatti di per sé punibile, rilevando la valutazione effettuata ex ante dagli esecutori, cioè potendo gli autori del reato prevenirlo con opportune misure e procedure, indipendentemente dalle conseguenze di danno prodottesi”, scrive l’avvocato.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che è fondamentale la messa in sicurezza dei luoghi inquinati, anche attraverso la demolizione di opere abusive, al fine di mitigare o eliminare il danno ambientale. Infatti, se l’autore di reati ambientali ha messo in atto le misure richieste, ma per cause terze non hanno avuto l’effetto desiderato, può beneficiare dell’esclusione dalla punibilità.
Inoltre, la Cassazione ha chiarito che in casi come la gestione illecita di rifiuti e la mancata bonifica di aree inquinate si applichino i principi generali in materia di responsabilità penale e amministrativa. Le amministrazioni non possono beneficiare di questa norma.
“Le Sezioni Unite della S.C. hanno ritenuto che la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. non sia applicabile alla responsabilità amministrativa degli enti per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri dirigenti o dai soggetti sottoposti alla loro direzione, affermando che la verifica dei parametri individuati dall’art. 131 bis attiene alla concreta manifestazione del reato anche attraverso la considerazione di aspetti precipuamente soggettivi, quali il comportamento non abituale e le modalità della condotta”, si legge su Pianeta Terra.